venerdì 22 marzo 2019

Il Nocciolo del Problema: convegno del 16 marzo 2019 a Orvieto


Il 16 Marso scorso si è svolto ad Orvieto il Convegno “I Noccioli del Problema”, sull’avvento della monocoltura dei noccioli nell’area a cavallo tra Umbria, Lazio e Toscana. È stato organizzato da una Rete Interregionale di associazioni cittadine, aziende agricole e cittadinanza attiva, a cui aderiscono anche le associazioni del Lago di Bolsena: La Porticella, Bolsena Lago d'Europa e Lago di Bolsena.

 
Il Convegno ha richiamato oltre 300 persone, provenienti dai tanti paesi dell’orvietano, del Lago di Bolsena, della bassa Toscana, di Viterbo. Tutte interessate a capire quale è il destino del territorio su cui insiste il "Progetto Nocciola" della multinazionale lussemburghese Ferrero.

Numerosi gli interventi: docenti universitari, medici, ricercatori, operatori agricoli, che hanno dato il loro contributo per informare la cittadinanza sul valore della biodiversità per la salute delle persone e dell’ambiente, che sono messi seriamente in pericolo da un progetto di finanziamento di piantumazione di migliaia di ettari di noccioli.

Il presidente del vicino Bio-Distretto della Via Amerina e delle Forre Famiano Crucianelli ha spiegato che la vicina Provincia di Viterbo ha ormai raggiunto la non invidiabile copertura di nocciole, di 20.000-25.000 mila ettari, con conseguente degrado del suolo; ci sono dei comuni nel viterbese che su 1800 ettari disponibili, vedono 1600 ettari coperti di noccioli. In questi noccioleti è scomparsa ogni forma di biodiversità, nessun canto di uccelli, nessun animale selvatico. E alcun altro cibo è prodotto in queste terre. I noccioleti si stanno espandendo in Umbria ed in Toscana, perché i prezzi ad ettaro sono più bassi del Lazio. Qui il video del suo intervento.

Il nocciolo è una bellissima pianta, ma quando si impone come monocoltura, il rischio di inquinamento da pesticidi è altissimo; lo ha raccontato la Dott.ssa Litta (qui il suo intervento), rappresentante di Medici per l’ambiente (ISDE), parlando dell’eutrofizzazione del Lago di Vico, con le sue acque oggi non più potabili, divenute tossiche e cancerogene a causa della coltivazione intensiva delle nocciole. La ricchezza delle zone corilicole dei Cimini si paga con la scomparsa di acqua potabile dalle case e con un tasso di tumori che supera le medie nazionali.


L’Ingegner Piero Bruni, dell’Ass. Lago di Bolsena, ha messo in guardia l’auditorio circa i rischi che corre il Lago di Bolsena, e tutto il bacino idrogeologico, con l’avvento di una monocoltura che prevede decine di trattamenti chimici all’anno (qui l'intervento). L’altro rischio deriva dalla captazione dell’acqua, perché le nocciole richiedono forti irrigazioni. Bruni ha richiamato l’attenzione sul fatto che il Lago è una Zona a Protezione Speciale, e le sue terre sono regolate da precise norme di tutela.

Andrea Ferrante, coordinatore di Schola Campesina, ha sottolineato la distanza che separa le leggi di protezione ambientale dalle decisioni dei politici e delle Istituzioni. L’intervista di Alice Rohrwacher al biologo Stefano Mancuso (vedi qui) su natura, agricoltura, e presenza antropica ha riscosso grande plauso ed è stata di grande ispirazione per una cittadinanza attiva che non ha intenzione di subire chi vuole speculare sul suolo, l’acqua, l’aria di un area che da più parti è definita unica per ricchezza e varietà di paesaggio.

Le realtà contadine del territorio hanno firmato un comunicato che è stato letto a conclusione: allevatori e agricoltori ogni giorno lavorano la terra, producendo cibo sano e vario in modo rispettoso dell’ambiente e della salute delle persone. (vedi qui) In molte aziende agricole si pratica la multifunzionalità, ed oltre alla produzione di miele, olio, carni, ortaggi, frutta, si svolgono attività di ricezione turistica e di educazione ambientale in fattorie didattiche. Decine di aziende accomunate dalla scelta della terra, “provando ad essere la parte del Tutto, e non la parte che fa del Tutto quel che vuole, nel nome del progresso”. Raccontano del senso di impotenza e rabbia di fronte alle minacce che arrivano dall’alto: colture intensive, cave, centrali a biomasse, geotermico, impianti fotovoltaici industriali, discariche, inceneritori, dighe, bretelle autostradali, alta velocità. Progetti di uno sviluppo che copre la terra come asfalto. L’agricoltura familiare e tradizionale non è scomparsa, bensì è messa sotto attacco dall’agroindustria speculativa. La comunità rurale in Tuscia coltiva centinaia di ettari, e non ha alcuna intenzione di cedere il passo ai colossi. L’applauso prolungato del pubblico racconta che cittadine e cittadini, da parte loro, non hanno intenzione di rinunciare all’autonomia alimentare che oggi questo territorio offre, per rimpiazzarla con barattoli di zucchero (oltre il 50%), olio di palma e il misero 15% di nocciole.
 
Piero Bruni a Inside Out
 
La giornata è proseguita con il grande successo riscosso dal progetto Inside Out, a cui partecipano numerosi artisti e fotografi: Catherine Bardinet,  Alice Rohrwacher, Paolo Soriano, Carmine Leta, Manuela Cannone, Manuela Moroni, Marinella Breccola, Daniela Vinci, Thea Apollonio. 342 persone sono state ritratte in fotografie che l’artista e perfomer JR utilizzerà per un’istallazione fotografica che darà risonanza mondiale allo slogan “Save the Biodiversity”.

Le aziende agricole biologiche del territorio hanno offerto cibo e bevande, animando un bio mercato che è testimonianza della fertilità della nostra terra, e della sapienza di chi la coltiva.


Nel tardo pomeriggio nel chiostro del Palazzo dei Sette anche i musicisti hanno testimoniato la loro solidarietà alla Rete Interregionale Protezione Ambiente, con un concerto de La Tresca, Katirre e la Compagnia della Panatella e La Banda del Comitato.

La Rete Interregionale ha numerosi progetti per proseguire l’azione di informazione e per sollecitare una rapida cessazione del accaparramento delle Terre di Tuscia.
Katia Maurelli

mercoledì 13 marzo 2019

La nocciola, ricchezza o condanna per il Lago? 3: impatti economici e sociali


Nel primo post di questa serie abbiamo discusso l’impatto sull’ambiente della “rivoluzione che parte dalla Tuscia”, che prevede estesi nuovi impianti di noccioleti anche nel comprensorio del Lago di Bolsena. Possibili soluzioni ecosostenibili sono state il tema del secondo post.
Questo terzo articolo riflette su altri impatti possibili della nocciolicoltura diffusa – impatti sociali, economici, e “altri” impatti ancora di ordine più complesso.

Altopiano dell'Alfina
 
Mentre la discussione sui rischi e impatti dei noccioleti sull’ambiente si può basare su dati e calcoli, su osservazioni e analisi scientifiche, adesso ci muoviamo su un terreno più difficile. Trattiamo di un insieme di fenomeni complessi difficili da analizzare, parametrizzare; tocchiamo fenomeni vitali.
Predire precisamente l’effetto sull’economia locale dell’industrializzazione dell’agricoltura, oppure trarre conclusioni esatte circa i suoi impatti sociali, è impossibile. Proiezioni di questo tipo dipendono da modelli, da ipotesi su uno sviluppo futuro. Tra tutta una gamma di ipotesi si possono distinguere due, due modelli, due visioni contrapposte.


La prima di queste è esposta chiaramente nella presentazione del Progetto Nocciola italia della Ferrero e viene illustrata nel suo video introduttivo.
Questi i suo tratti principali: L’eccellenza del prodotto nazionale; la massima meccanizzazione e industrializzazione dell’agricoltura; un paesaggio di monocolture di nocciole; l’evocazione dell’insieme inteso come l’agire comune di imprenditori agricoli e la Ferrero; il massimizzare dei profitti da trarre dalla filiera che rende ricco il territorio.
 
Altrettanto chiara la visione opposta, anche se spesso espressa in modo più intuitivo. Propone uno sviluppo sostenibile delle “aree interne” a partire dalle loro ricchezze connaturali. Un esempio ne è la lettera ai governatori di Alice Rohrwacher (ed è anche una visione che traspira dalle sue opere).
Questa è un’eccellenza di un altro tipo: il complesso intreccio di un paesaggio (unico al mondo) variegato con i suoi abitanti; una grande bio-diversità a tutti i livelli; un insieme ampio di contadini, popolazione, paesaggio naturale e culturale abitato con la sua storia; monumenti e ricchezze storici e culturali che fanno parte integrale di questo paesaggio; insieme unico questo che può assicurare reddito a molte persone in differenti settori, conservando la ricchezza del territorio.

paesaggio abitato
 
La visione Ferrero sottolinea senza mezzi termini la propria superiorità: ricchezza materiale sicura e di conseguenza vantaggi sociali per la Tuscia. Nessun cenno a impatti ambientali.
Un’affermazione del valore di uno spot pubblicitario. Si rivolge a investitori che contano sulla mobilità del loro impegno e non a contadini legati alla terra che curano. Nessuno è in grado di predire l’andamento futuro dell’economia locale, del nostro territorio trasformato in zona industriale diffusa:

Quale sarà lo sviluppo del mercato della nocciola? Quale parte degli introiti rimarrà nell’economia locale? Quale impatto sui suoi altri settori? Quali conseguenze della perdita dell’autonomia alimentare, della dipendenza dell’agricoltore dagli indirizzi delle multinazionali? Quale impatto dalla soppressione delle piccole realtà agricole, delle attività di giovani coltivatori? Per quanto tempo i sussidi statali ed europei potranno rimanere concentrati sul nocciolo (a danno degli altri settori dell’agricoltura e del biologico)? Chi pagherà le conseguenze del danno ambientale?
 

Torniamo a certezze scientifiche, su un livello più alto e globale. Al semplice fatto che tutti i settori della nostra vita dipendono essenzialmente da benefici multipli che ci mette a disposizione gratuitamente la Terra, dai “servizi ecosistemici”. Per la prima volta, questo fatto è stato esposto chiaramente nel “Rapporto del millennio” (Millennium Ecosystem Assessment (MEA, 2005)), uno studio generale di tutti gli ecosistemi del mondo. Questi servizi sono di supporto alla vita, di regolazione, di approvvigionamento, e culturali. La maggior parte di questi servizi non è sostituibile, e solo ecosistemi sani e intatti possono fornirli.
Un risultato principale del MEA è, che tutti gli ecosistemi della Terra sono in rapido degrado, ciò che mette in pericolo i benefici che ci regalano. Uno studio fondamentale del 1997 ha stimato il solo valore economico di questi servizi a una somma che supera il PIL di tutti i paesi del mondo presi insieme (aggiornato e ampliato nel 2014).

Vigna naturale sul Lago
 
La consapevolezza di questo valore e del pericolo imminente causato dal degrado degli ecosistemi, è alla base degli indirizzi politici mondiali. Il loro intento è di indurre urgentemente “grandi cambiamenti … nelle politiche, istituzioni e pratiche in atto.” Questi indirizzi si traducono, a livello locale, tra l’altro nel sostegno all’agricoltura biologica riconosciuta “di importanza nazionale”, nel sostegno delle piccole realtà contadine “custodi della biodiversità”, nell’obbligo di valutazioni ambientali di progetti come quello della Ferrero, nell’istituzione di una rete di siti protetti (p. e. il Lago di Bolsena, Il Bosco del Sasseto, il Monte Rufeno).

Perché nessuna traccia di questa consapevolezza, nessun cenno a questa responsabilità nel accordo tra la multinazionale Ferrero e la Regione Lazio (rappresentante locale degli indirizzi mondiali)? Perché nessuna seria valutazione dell’impatto del progetto sull’ambiente? Perché la popolazione non è coinvolta nelle decisioni?
È strano, ma sembra che il nostro territorio in tutta la sua bio-diversità, con le persone, animali, piante, con la sua storia, cultura, spiritualità, la sua energia propria, non esiste per i fautori del progetto, se non come substrato per le monocolture di nocciolo – terra nullius.

Bosco del Sasseto