sabato 28 dicembre 2019

Quale geotermia - 1: La geotermia è una fonte di energia elettrica rinnovabile?


Questo post è il primo di tre articoli di approfondimento alla petizione "STOP INCENTIVI ALLA GEOTERMIA PERICOLOSA E SPECULATIVA".


In questo primo post tentiamo di rispondere alla domanda:

La geotermia è una fonte di energia elettrica rinnovabile?


Nel secondo post ci chiediamo:

La geotermia è una fonte di energia elettrica sostenibile?


Il terzo post tratta la questione dell’incentivazione della geotermia industriale.



Premesse e domande

Il decreto FER1 del 4 luglio 2019, che definisce modalità e criteri per l'incentivazione dell'energia elettrica da fonte rinnovabile, ha escluso la geotermia elettrica dall’incentivazione.

FER1 ha l’obiettivo di sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili per il raggiungimento dei target europei al 2030 definiti nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) attraverso la definizione di incentivi e procedure indirizzati a promuovere l’efficacia, l’efficienza e la sostenibilità, sia in termini ambientali che economici, del settore.

Il ministro dell’Ambiente Costa: “È una vera e propria rivoluzione copernicana, un cambio di paradigma. Si premia l’autoconsumo di energia per gli impianti su edificio fino a 100 kW e l’eliminazione dell’amianto, si incentiva la produzione di energia sostenibile oltre che rinnovabile. Questo decreto è una grande opportunità di sviluppo e di tutela ambientale”.

Rispondendo a forti pressioni delle lobby del settore geotermoelettrico durante gli ultimi mesi, il governo sta preparando un decreto FER2, per il quale i ministri, secondo le voci, ritengono “incentivabile sia la coltivazione della geotermia con totale reiniezione dei fluidi, dove tecnicamente possibile, sia quella tradizionale dove sono possibili innovazioni che consentano il drastico abbattimento degli impatti ambientali”.




Gli obiettivi dichiarati dei decreti FER1 e FER2 sono, quindi, il sostegno alla produzione di energia da fonti rinnovabili, la promozione della sostenibilità e l’accento su efficacia ed efficienza energetica.

Ci chiediamo:

1 - La geotermia è una fonte rinnovabile di energia elettrica?

2 - La produzione di energia elettrica da fonti geotermiche è sostenibile?

3 - Quale forma di geotermia è da incentivare? 

Per chiarire i concetti “rinnovabile” e “sostenibile”, premettiamo che:

­­― le risorse energetiche rinnovabili sono risorse naturalmente rinnovate (rigenerate, restaurate) in una scala temporale umana (tipicamente una generazione) [1];

― la sostenibilità è la caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto a un certo livello indefinitamente, tenendo conto dei fattori ambientale, economico e sociale.

Ancora due premesse:

In quanto segue, parliamo di geotermia “profonda”, con pozzi che raggiungono un serbatoio geotermico “profondo” (dell’ordine di 1 km e oltre), dove il fluido geotermico ha una temperatura da circa 100 °C fino a 150 °C (“media entalpia”) e sopra 150 °C (“alta entalpia”). Presupponiamo anche un utilizzo industriale e intensivo della risorsa.

Inoltre, parliamo di impianti geotermici che producono elettricità, cioè di impianti geotermoelettrici.



1 - La geotermia è una fonte di energia elettrica rinnovabile?

L’utilizzo del calore della Terra (della geo-termia, dal greco ― Terra e thérmē ― calore) nella sua forma naturale, come ad esempio nelle terme alimentate da sorgenti naturali è certamente rinnovabile, poiché il sistema naturale è in equilibrio.

Più difficile, però, è valutare la rinnovabilità quando l’utilizzo diventa un’attività industriale, estrattiva; quando c’è disturbo dell’equilibrio naturale.

La risorsa geotermica è costituita dal vettore fluido geotermico (acqua e/o vapore d’acqua contenente varie sostanze che provengono dalle formazioni geologiche con le quali il fluido è venuto a contatto) e dal suo contenuto calorico. Considerando un dato modo di utilizzo, la risorsa geotermica è rinnovabile quando tutti i processi industriali che sottraggono fluido e calore da un lato, e tutti i processi che permettono il rinnovo naturale di fluido e calore dall’altro, si uguagliano in una scala temporale umana. 

Ma anche eventuali alterazioni irreversibili della formazione geologica che contiene il vettore (il “serbatoio geotermico”), indotte durante la realizzazione dell’impianto geotermico, o dall’esercizio della centrale, possono influire sulla rinnovabilità della risorsa geotermica. In più, alterazioni indotte nel sottosuolo possono influire indirettamente sulla rinnovabilità di altre risorse naturali, come per esempio della risorsa di acqua potabile negli acquiferi superficiali.
Quando la risorsa è utilizzata come fonte industriale di energia, la sua rinnovabilità è determinata dalle modalità di sfruttamento e dalle caratteristiche della risorsa.

Le modalità di utilizzo geotermoelettrico sono diverse a seconda del tipo di impianto:  

A ― di “prima generazione”, in centrali a “ciclo aperto” (tra cui le centrali dette “flash”),

B ― di “seconda generazione”, in centrali a “ciclo chiuso” (centrali dette “binarie”),

C ― di “terza generazione”, in sistemi denominati DHE o DHHE (down hole exchanger, deep hole heat exchanger…).

D ― innovative e sperimentali: geotermia "termoelettrica" (effetto Seebeck), EAVOR_loop…

Tutte queste modalità sono da definire “estrattive” ma hanno caratteristiche diverse per quanto riguarda la loro rinnovabilità e sostenibilità.



A – Nelle centrali “a ciclo aperto”, il fluido prelevato dai pozzi profondi aziona le turbine per produrre energia elettrica. Qui si possono distinguere due categorie di impianti che utilizzano il fluido presente in serbatoi caldi e profondi (“sistemi idrotermali”):

― a vapore secco, o a vapore dominante ((direct) dry steam), dove la fase continua del fluido è il vapore d’acqua;

― ad acqua dominante (“flash”), dove l’acqua è la fase continua del fluido.

Negli impianti a vapore secco, il vapore surriscaldato (fino a 350 °C) e sotto alta pressione aziona direttamente la turbina che genera l’elettricità. Esempi famosi di questi impianti sono quelli di Larderello e quello di The Geysers in California.

Negli impianti flash, il fluido geotermico, prelevato in fase liquida e sotto pressione (liquido saturo) è “laminato” alla condizione di vapore saturo (fase liquida e fase vapore in equilibrio) - il processo “flash” (evaporazione flash). Il vapore aziona la turbina. Tutti gli impianti della zona dell’Amiata sono di questo tipo.

In entrambi i casi, dopo un passaggio attraverso vari filtri e dispositivi di mitigazione d’impatto, una grande parte del fluido raffreddato viene rilasciata nell’atmosfera.

Rinnovamento del fluido:

Solo se la ricarica naturale della quantità di fluido estratto ― processo complesso dominato (in sistemi dinamici) da infiltrazioni da falde superficiali alimentate dalle piogge ― avviene a un tasso compatibile con quello dell’estrazione, questo processo può essere definito “rinnovabile”. Molto spesso non è così, perché la gestione della risorsa (in particolare il volume di fluido estratto per unità di tempo a netto della quantità di fluido reiniettato) è determinata in funzione della convenienza economica e tecnologica, ma non della rinnovabilità.

Rinnovamento del calore:

Il rinnovamento del calore sottratto dal serbatoio dipende dalle caratteristiche geologiche delle formazioni che circondano e ospitano il fluido, dalla quantità di calore estratto per unità di tempo e dai processi naturali e “perenni” del suo rinnovamento, che sono la radioattività della crosta terrestre e il flusso termico dall’interno della Terra. In genere, si osserva un calo termico, più o meno pronunciato, nelle formazioni di estrazione, dovuto anche qui all’assenza di una gestione responsabile della risorsa.

Alterazioni indotte nel sottosuolo:

L’esercizio di centrali geotermoelettriche, dove vengono estratte ed eventualmente reiniettate grandi quantità di fluidi, ad alte pressioni in sottosuoli di struttura complessa e fragile, inevitabilmente crea alterazioni nelle formazioni geologiche interessate. Queste modificazioni strutturali, segnalate da micro- e macrosismi, sono irreversibili e possono modificare, per esempio, le strutture delle falde acquifere e i flussi ipogei.

Come esempio, concreto e attuale, dell’utilizzo della risorsa in centrali geotermoelettriche, quale citare, se non i campi geotermici della Toscana?
Gli impianti sono distribuiti su due aree principali: quella del Monte Amiata (tutti impianti “flash”) e quella dell’area geotermica “tradizionale” con i poli Larderello (a vapore secco), Lago Boracifero e Radicondoli-Travale. Nel 2018, i 36 gruppi geotermoelettrici hanno prodotto circa 6 GWh di energia elettrica.


Nella zona più vicina al Lago di Bolsena, sull’Amiata, il livello della falda geotermica è diminuito drasticamente negli ultimi 50 anni, segno che i processi di ricarica naturali non riescono a rinnovare la risorsa. L’esperienza amiatina insegna che i pozzi di produzione si esauriscono in media in 20-30 anni e devono essere sostituiti con nuovi pozzi, in altre zone o a maggiore profondità; ad oggi sono stati trivellati più di mille pozzi. Assieme al livello del fluido diminuisce anche il contenuto calorico nel serbatoio.

In più, l’estrazione intensa ha causato trasformazioni irreversibili nel sottosuolo che si riflettono anche in superficie con un importante abbassamento di terreno (subsidenza) e alterazioni del termalismo. In modo indiretto, lo sfruttamento ha contribuito ad un abbassamento importante del livello piezometrico della falda acquifera superficiale con perdita di portata o esaurimento delle sorgenti alte.

Riassumiamo: lo sfruttamento attuale della geotermia in centrali “a ciclo aperto”, sia nelle centrali dell’Amiata che nel mondo, in genere è legato

- al consumo del fluido geotermico,
- al consumo del calore della risorsa,
- e al consumo della risorsa di acqua potabile,

tutto ciò in maniera tale che le risorse non vengono rinnovate naturalmente in tempi comparabili alla scala umana [2].
In più, questo sfruttamento crea alterazioni irreversibili nel sottosuolo. 
Responsabile di questo insieme di fatti è l’assenza generalizzata di linee guida vincolanti che stabiliscono criteri di gestione in grado di assicurare il rinnovo della risorsa in tempi comparabili alla scala umana.





B - Nelle centrali a “ciclo chiuso”, il fluido geotermico caldo viene estratto nel pozzo di produzione e pompato nella centrale dove cede il suo calore, per mezzo di uno scambiatore di calore, a un vettore secondario. Il fluido raffreddato viene reiniettato nel sottosuolo in un punto lontano dal punto di produzione e chiude il ciclo compiendo un passaggio nel sottosuolo per tornare al punto di estrazione, riscaldandosi strada facendo. Solo il vettore secondario partecipa direttamente nei processi di generazione di energia elettrica.

Si tratta quindi di un sistema “binario”, a due circuiti separati l’uno dall’altro, senza emissione nell’ambiente del fluido geotermico e degli inquinanti che contiene.

Rinnovamento del fluido:

Solo se il fluido geotermico può tornare, senza impedimento, dal punto di reiniezione al punto di estrazione, il sistema è veramente a “ciclo chiuso”.

Per tutti i progetti proposti (tali centrali non sono ancora state realizzate in Italia), la risorsa geotermica utilizzata per la produzione di elettricità si trova in formazioni geologiche di morfologia complessa che hanno subito recenti sconvolgimenti. Perciò il fluido reiniettato rischia di non tornare nella formazione di estrazione.

Nei sistemi a “rocce calde secche” (HDR: hot dry rock), viene iniettata acqua ad alta pressione negli strati profondi dove crea un sistema di fratture e faglie nella roccia e si riscalda. Da questo serbatoio geotermico artificiale il fluido è prelevato in un secondo pozzo distante dal primo, cede il suo calore nella centrale e viene reiniettato formando un “ciclo chiuso”. Qui però, una certa percentuale dell’acqua introdotta si disperde (comunque in Italia tale fratturazione non è consentita).

Rinnovamento del calore:

Come per i sistemi a ciclo aperto, dipende dalla gestione della risorsa che di solito e tale da indurre cali termici non rinnovabili in tempi comparabili alla scala umana.

Alterazioni indotte nel sottosuolo:

Le alterazioni e le loro conseguenze possono essere persino più accentuate nelle centrali a ciclo chiuso che in quelle a scarico libero, per due motivi:

 ― i flussi di liquido geotermico estratto e reiniettato di solito sono più alti, nel tentativo di compensare la minore efficienza energetica;

― l’iniezione è la fase del processo più critica del ciclo ed è quella che provoca gli sconvolgimenti nel sottosuolo e i sismi indotti più forti.

Per le centrali progettate in zone con sottosuoli di struttura complessa e fragile, c’è quindi il rischio reale di alterazioni nelle formazioni geologiche interessate. Queste modificazioni strutturali, segnalate da micro- e macrosismi, sono irreversibili e possono modificare per esempio le strutture delle falde acquifere e i flussi ipogei.


In Italia non sono ancora in esercizio centrali geotermoelettriche a ciclo chiuso. Le esperienze dall’estero, con numerose centrali in Francia e Germania, non sono trasferibili automaticamente all’Italia perché lì gli impianti per lo più si trovano (ne parleremo più avanti) in zone sul piano geomorfologico completamente diverse da quelle della Toscana: zone con struttura geologica semplice e tranquilla, con bassa sismicità naturale, come i bacini sedimentari di Parigi o di Monaco di Baviera, dove l’acquifero geotermico statico si trova a grande profondità. Problemi di rinnovabilità nascono dallo sfruttamento eccessivo del calore nel serbatoio; recentemente questo problema si affronta con modellazioni e proiezioni numeriche con l’intento di stabilire criteri di gestione della risorsa.

Per riassumere, nelle centrali in progetto in Italia, lo sfruttamento della geotermia in centrali “a ciclo chiuso” non assicura il rinnovo della risorsa in tempi comparabili alla scala umana. 
Anche se il consumo del fluido con rilascio in atmosfera è assente, c’è il rischio che il fluido non torni nel serbatoio di provenienza e quindi non rinnovi la risorsa e che, invece, la alteri. Per quanto riguarda il consumo del calore, in assenza di proiezioni affidabili (molto difficili a causa della morfologia geologica complessa nelle zone tradizionali di sfruttamento geotermico) la risorsa rischia di non venire rinnovata in tempi comparabili alla scala umana. 
In più, questo tipo di sfruttamento rischia di creare alterazioni irreversibili nel sottosuolo addirittura più importanti che nelle centrali a ciclo aperto, e con ciò di intaccare le falde superficiali e consumare la risorsa di acqua potabile.



C - Nella tecnologia di “terza generazione”, lo scambiatore di calore viene inserito nella perforazione profonda. Il fluido geotermico non viene né estratto né movimentato tramite flussi ipogei indotti, ma cede il suo calore al fluido secondario nello scambiatore. Solo questo fluido secondario viene pompato nella centrale di generazione elettrica.

Anche qui, la rinnovabilità dipende da quella del calore del serbatoio e quindi dalla gestione della risorsa. Modificazioni irreversibili delle strutture geologiche sono in genere piccole.



D - Per gli impianti di “quarta generazione” non disponiamo ancora delle informazioni necessarie per valutare la loro rinnovabilità.



Conclusione

La geotermia termoelettrica può, sotto certe condizioni, essere una fonte di energia elettrica rinnovabile
- se la gestione della risorsa geotermica assicura il suo rinnovo in tempi comparabili alla scala umana, con totale reiniezione del fluido nel serbatoio di provenienza e un tasso di estrazione compatibile con il suo naturale rinnovo;
- se l'esercizio dell'impianto non compromette la rinnovabilità di altre risorse, ad esempio  della risorsa acqua potabile delle falde acquifere superficiali.
Constatiamo però, che lo sfruttamento della risorsa geotermica per la produzione di energia elettrica oggi, in Italia come nel mondo, in quasi tutti i casi, non rispetta questi criteri di rinnovabilità. In Italia, la progettazione delle centrali attuali e future è dominata da considerazioni di convenienza economica, di efficienza energetica e facilità tecnologica mentre è assente anche il minimo tentativo di definire criteri per l’uso rinnovabile della risorsa.

Considerare la geotermia oggi, in Italia, fonte rinnovabile per la produzione di energia elettrica - nel senso che la risorsa geotermica è usata in maniera tale da garantire il suo rinnovo in tempi della scala umana - non è giustificato.




[1]
Parliamo di rinnovabilità (valutare la rinnovabilità, la rinnovabilità è determinata …) nel senso che la risorsa (di fluido geotermico, di calore, di acqua potabile) è usata in maniera tale da garantire che sia rinnovata in tempi della scala umana. Altri, per esprimere lo stesso concetto, parlano di "uso sostenibile" della risorsa o di "uso durevole", di "durevolezza".

Esiste una certa confusione a riguardo del termine e del suo significato. La Direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili definisce nel suo Art. 2, comma 1):

“energia da fonti rinnovabili» oppure «energia rinnovabile»: energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare (solare termico e fotovoltaico) e geotermica, energia dell'ambiente, energia mareomotrice, del moto ondoso e altre forme di energia marina, energia idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas;”
Ciò significa che la fonte primaria della "energia rinnovabile" è praticamente inesauribile - la radiazione del sole, il calore della Terra - e che è in grado di assicurare durevolmente la disponibilità delle varie forme di energia.
Ciò non significa che la Direttiva considera l’energia geotermica “rinnovabile” a priori, per definizione, ma piuttosto che per la sua natura presenta la possibilità di essere rinnovata in tempi della scala umana. 
Se "l'energia geotermica" (l'elettricità, il calore) fornita da un certo impianto è veramente rinnovabile (o sostenibile in questo senso), dipende dalla gestione concreta di una risorsa specifica. Questo senso diventa chiaro anche nella discussione dell'energia dalla biomassa (considerata "rinnovabile" anch'essa - la Direttiva (comma 102 nei considerata) richiede specificamente che "la raccolta del legno sia effettuata in modo sostenibile nelle foreste in cui la rigenerazione è garantita".

[2]
Alcuni autori hanno studiato la problematica e arrivano a simili conclusioni. L. Rybach e M. Mongillo, in: Geothermal Sustainability - A Review with Identified Research Needs, GRC Transactions, vol. 30 (2006), p. 1083, stimano il tempo di rinnovo della risorsa per centrali a ciclo aperto ad alcune centinaia di anni.





giovedì 5 dicembre 2019

Quale geotermia?


Vedi qui il primo post di approfondimento della petizione seguente.
Il secondo post tratta la sostenibilità ambientale e il terzo post la questione dell'incentivazione.



FIRMA ANCHE TU:

https://www.change.org/p/change-org-si-al-taglio-degli-incentivi-alla-geotermia-elettrica-inquinante-e-speculativa

Qui il testo della petizione:


SI AL TAGLIO DEGLI INCENTIVI ALLA GEOTERMIA ELETTRICA INQUINANTE E SPECULATIVA!

Siamo in accordo con la volontà del Governo di escludere il settore geo-termoelettrico dagli incentivi per le energie rinnovabili.
Le lobby stanno facendo grandi pressioni per ottenere nuovamente gli incentivi che paghiamo nella nostra bolletta elettrica sotto la voce "oneri di sistema".
Aiutiamo il Governo a fare la scelta giusta e sostenibile, esponendo quanto segue. 

GLI OBIETTIVI DEGLI INCENTIVI alle fonti di energia rinnovabile sono:
1) La rinnovabilità: lottare contro lo spreco delle risorse naturali della Terra.
2) La sostenibilità economica, sociale e ambientale: in particolare ridurre l'Effetto Serra.

INVECE gli incentivi alla produzione elettrica da fonte geotermica creano UN'ASSURDA DISTORSIONE:

1) favoriscono l'esaurimento delle risorse geotermiche, con impianti "FLASH" (“a ciclo aperto”) o impianti "BINARI" (“a ciclo chiuso”), che producono principalmente elettricità e sprecano una grande parte della risorsa.
2) trasformano la geotermia in un’attività NON SOSTENIBILE perché:

La geotermia elettrica è inefficiente a livello energetico ed economico:

GLI INCENTIVI alla produzione elettrica promuovono l’utilizzo della risorsa geotermica con rendimento in energia elettrica molto basso. Una geotermia sostenibile ad alta efficienza energetica invece utilizza direttamente il calore geotermico per il teleriscaldamento. Giustamente, paesi come la Francia e la Germania puntano sulla geotermia profonda termica con eventuale cogenerazione di elettricità, redditizia anche senza incentivi. INCENTIVARE l’energia geotermoelettrica vuol dire tenere in vita assistita attività economicamente non sostenibili ormai abbandonate in molti paesi sviluppati.
ABOLIRE GLI INCENTIVI per gli impianti geotermoelettrici permette di risanare il settore geotermico e fare sì che diventi un settore economicamente maturo, autonomo ed efficace per la riduzione dell’Effetto Serra, sostituendo il riscaldamento da fonti combustibili ed elettriche.

La geotermia elettrica è pericolosa per la salute e la sicurezza:

GLI INCENTIVI mantengono in vita le centrali FLASH, che emettono una quantità di CO2 maggiore persino di centrali a combustibile fossile, inquinano fortemente aria, acqua e terra, e aumentano l'Effetto Serra!
GLI INCENTIVI spingono l'imprenditore, per motivi di profitto, a privilegiare una risorsa geotermica ad alta temperatura e vicina alla superficie. E con ciò a cercare risorse in zone con geologia complessa, spesso con vulcanismo recente e a rischio sismico dove i pericoli per ambiente e salute umana legati all’attività sono altissimi: terremoti indotti ed innescati distruttivi, inquinamento irreversibile della risorsa di acqua dolce, abbassamento delle falde.
GLI INCENTIVI sostengono e favoriscono sperimentazioni pericolose con progetti "pilota" a ciclo chiuso in zone ad alta criticità: Isola di Ischia, Campi Flegrei, Lago di Bolsena ... Uno spreco folle di fondi preziosi per impianti che “sperimentano”, in zone a rischio, una tecnologia già da anni messa a punto all’estero. In questo modo si utilizza impunemente la popolazione come cavie, grazie all’esenzione dalla Direttiva Seveso.
Il territorio del Lago di Bolsena, ad esempio è ad alto rischio sismico: magnitudo dei sismi naturali ≤ 6, con rischio di innesco di sismi della “grande faglia” tettonica. Qui, proprio nell’epicentro del terremoto del 2016 di magnitudo 4.1 (Castel Giorgio - TR) si vuole realizzare un impianto “pilota” a unica vocazione elettrica.

La geotermia elettrica distrugge risorse e patrimoni di grande valore:

L’assurdo controsenso degli incentivi rende possibile la collocazione delle centrali geotermiche OVUNQUE: poli geotermici capaci di riscaldare tutta ROMA, progettati in piena natura, ad esempio attorno al Lago di Bolsena. Questo è spreco!
Inoltre tali scelte comportano la distruzione di paesaggi, di siti termali, di zone incontaminate di pregio, di Siti di Interesse Comunitario della RETE NATURA 2000, di riserve di biodiversità e di acqua dolce potabile.
GLI INCENTIVI creano un settore geotermico malsano che compromette la principale risorsa economica d’Italia: il settore turistico. In alcuni luoghi, come attorno al lago di Bolsena, si rischia la compromissione della risorsa più preziosa: l’acqua.
SENZA GLI INCENTIVI le centrali, per motivi di competitività, devono essere progettate in aree industriali vicino a grandi centri urbani che accolgono il calore per il teleriscaldamento. E sono collocate in zone geologicamente tranquille e a bassa sismicità naturale, dove i pericoli per l’ambiente e per la salute sono bassi: come nel bacino di Parigi, a Monaco e Berlino, e a Ferrara.
CHIEDIAMO al Governo di attuare in urgenza la sua proposta di escludere il settore geotermoelettrico dagli incentivi per le energie rinnovabili. 
Invece di finanziare la nostra autodistruzione, vogliamo orientare la nostra quota di “oneri di sistema” della bolletta elettrica più verso il risparmio energetico e l’autoproduzione elettrica da VERE fonti rinnovabili: fotovoltaico sui tetti, mini eolico e geotermia domestica.

FIRMA ANCHE TU!

domenica 1 dicembre 2019

Geotermia: i terremoti indotti avvenuti in Francia facciano riflettere le autorità italiane


Circa due settimane fa la terra ha tremato in Francia nei pressi di un sito di sfruttamento della risorsa geotermica profonda a Vendenheim, comune del dipartimento del Basso Reno, a poca distanza da Strasburgo.


sito della centrale a Vendenheim

Il sito è gestito dall’impresa francese Fonroche Géothermie che ha iniziato le trivellazioni a marzo del 2018. Sin dall’inizio delle attività di perforazione sono stati registrati numerosi microsismi indotti di magnitudo inferiore a 2, ma la frequenza e l’intensità dei terremoti sono pericolosamente aumentate dopo il 10 ottobre di quest’anno, con più di cento microsismi in pochi giorni. Molto probabilmente ciò è dovuto alla fase finale di "ottimizzazione" del pozzo dopo la perforazione vera e propria, con una stimolazione chimica per aumentare la permeabilità nel serbatoio. Evidentemente qualcosa è andato fuori controllo tanto che il 12 e il 13 novembre si sono avute due scosse avvertite anche a Strasburgo, una di magnitudo 2.6 e una di 3.1, quest’ultima con lievi danni ad alcuni edifici e diverse abitazioni evacuate. I Francesi si chiedono, ora, che cosa accadrà in futuro?

Il BCSF (Bureau Central Sismologique Français), l’omologo del nostro Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ha classificato tutti questi terremoti come sismi “indotti”, cioè causati dall’attività umana. Specialmente i valori delle ultime scosse hanno superato quelli dell’attività sismica media naturale della Fossa Renana.

Nello studio d’impatto ambientale relativo all’impianto geotermico francese, il rischio sismico collegato alle trivellazioni era stato considerato trascurabile, data la bassa sismicità naturale della zona. Ma, a quanto pare, le trivellazioni hanno scombussolato il sottosuolo al punto da generare terremoti sempre più frequenti ed intensi. Le perforazioni vengono effettuate ad una profondità di circa 4.500 m per “esplorare” la risorsa geotermica e sono propedeutiche alla realizzazione di una centrale geotermica binaria a ciclo chiuso di circa 6 MW elettrici ai quali si aggiungono più di 30 MW termici. L’impianto prevede un flusso di 350 tonnellate all’ora di fluido geotermico.

L’impresa Fonroche ha escluso che i terremoti siano stati indotti dai lavori di perforazione perché “le trivellazioni sono state sospese l’8 novembre (4 giorni prima della scossa), conformemente alla normale programmazione delle operazioni in corso” e perché il sisma si è verificato ad almeno 5 km a sud del sito di ricerca geotermica. I geologi consultati, tuttavia, ritengono che la sospensione delle attività non consente affatto di escludere il diretto collegamento tra i terremoti e le trivellazioni; anche dopo che la stimolazione di faglie presenti nel sottosuolo è cessata, infatti, è possibile che si verifichi un’attività sismica differita. Inoltre, come si è visto in casi analoghi nel mondo, i terremoti possono generarsi anche ad alcune decine di chilometri dal sito di sfruttamento geotermico.

I lavori della Fonroche, intanto, nel rispetto del principio di precauzione, sono stati fermati; un decreto della prefettura locale stabilisce, infatti, “la sospensione delle operazioni in corso” in caso di “registrazione di sismi che superino la soglia di 2 della scala Richter”; le attività potranno riprendere solo dopo le analisi della situazione sismica condotte da un pool di esperti geologi.


Tutta questa vicenda deve far riflettere le autorità italiane sulla validità dei progetti geotermici previsti a Castel Giorgio, a Torre Alfina e intorno alla caldera vulcanica del Lago di Bolsena, oggetto di interesse di alcune imprese che vogliono investire in questo territorio approfittando degli incentivi statali alla geotermia elettrica.

A Castel Giorgio, in Umbria, sul confine idrogeologico settentrionale del Lago di Bolsena, e a Torre Alfina nel comune di Acquapendente, sono previsti due impianti geotermici binari di 5 MW per la produzione di energia elettrica. Si tratta di impianti “pilota” per i quali non sono previste emissioni in atmosfera, ma che incidono fortemente sulla stabilità del sottosuolo. Quello di Castel Giorgio, ad esempio, tramite 9 pozzi, la cui profondità varia da 1100 a 2300 metri, trasferisce ben 1000 tonnellate all’ora di fluido geotermico da una zona sotto il bacino Tevere ad una zona lontana 4 km sotto il bacino del lago di Bolsena. Nel sottosuolo il movimento di tali quantità di fluido per un periodo di 25 anni provocherebbe pericolosi stress termici e pressori, come sottolineato più volte dai geologi.

In particolare, fra gli studiosi, citiamo il geologo prof. Giuseppe Mastrolorenzo,
vulcanologo dell’INGV e primo ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano, il quale durante un’intervista radiofonica, alcuni giorni fa, ha dichiarato che “L’area di Castel Giorgio è un’area ad elevatissima sismicità. Lì vi sono faglie attive che in passato hanno generato terremoti, anche di magnitudo prossima a 6 con ipocentro intorno agli 8 km, che hanno avuto effetti fino al 9° o 10° grado della scala Mercalli. È avvenuto nel 1695 e più recentemente nel 1957, con terremoti rispettivamente di magnitudo 5.7 e 4.9 con effetti devastanti”.



Secondo il vulcanologo “L’attività di estrazione e reiniezione di fluidi in quell’area potrebbe causare una serie di conseguenze: 1) alterare il sistema idrotermale e modificare le falde superficiali; quella più superficiale è una falda di acqua potabile, di cui fa parte il lago di Bolsena, che rischierebbe di essere contaminata da una grande quantità di arsenico, qualora risalissero i fluidi idrotermali da elevata profondità. 2) Deformazioni del suolo: subsidenza nelle zone di estrazione e sollevamento del suolo in quelle di reiniezione. 3) Sismicità indotta o innescata: si è visto a livello mondiale che, quando si va ad agire con iniezioni ed estrazioni di fluidi in aree prossime a faglie tettoniche attive (anche a qualche decina di chilometri), si può verificare la condizione per la quale tali faglie, già in condizioni critiche, vengano messe in movimento, “innescate” appunto, e si potrebbe avere uno scorrimento, cioè un terremoto anche per effetto di piccole perturbazioni”.

Mastrolorenzo ha inoltre ricordato che “Nel 2016, dopo il parere positivo della Commissione di Impatto Ambientale, si è verificato un terremoto di magnitudo 4.1 localizzato a 1 Km da Castel Giorgio, proprio nell’area in cui si pensa di fare la centrale. Sebbene non molto forte, questo terremoto indica che proprio quel tratto delle ben note faglie distensive poste in quell’area è in condizioni pre-critiche, cioè in futuro sicuramente genererà altri terremoti. Il problema è capire, ora, quale sia la probabilità che le azioni di estrazione e reiniezione di fluidi possano causare un anticipo di quei terremoti che sicuramente si verificheranno (perché quelle strutture stanno accumulando energia tettonica per i movimenti continui, seppur lenti, dell’Appenino). Di chi sarebbero allora le responsabilità se un terremoto che dovrebbe verificarsi tra qualche secolo si verificasse tra qualche anno? Questo è quello che sto cercando di denunciare e di segnalare alle autorità in termini di pericolosità connessa alle attività antropiche”.

trivellazione a Vendenheim
Ci chiediamo, allora, perché continuare a dare incentivi alla geotermia profonda in modo indiscriminato? Alcune tipologie di impianti geotermici sono sicuramente migliori di altre (ad esempio quelle che non immettono gas velenosi nell’aria), ma ciò che non si considera è DOVE questi impianti vengono installati. Non sono certo compatibili con un territorio di origine vulcanica come il nostro, caratterizzato da una elevatissima sismicità e da molte faglie attraverso le quali possono risalire i fluidi geotermici cancerogeni contaminando le falde acquifere potabili.
Come mostra l’esperienza francese e come i geologi hanno spiegato nelle numerose conferenze pubbliche svoltesi in Umbria e nei paesi intorno al lago di Bolsena, il pericolo dei terremoti non si ha solo nel periodo di funzionamento della centrale, ma anche prima, ovvero nella fase di trivellazione dei pozzi geotermici.

Probabilmente non è semplice confrontare situazioni geologiche così lontane e diverse, ma ciò che è accaduto in Francia mostra chiaramente che l’attività geotermica “sollecita” sconosciute ed imprevedibili forze presenti nel sottosuolo fino a generare pericolosi terremoti, anche differiti nel tempo.

Facciamo appello a tutte le Autorità italiane affinché non si commetta il grave errore di autorizzare definitivamente l’impianto di Castel Giorgio, così come tutti quelli che si trovano in aree a rischio. Incentivare lo sfruttamento di risorsa geotermica in queste zone è una follia.