sabato 11 settembre 2021

Uso sostenibile di prodotti fitosanitari – normativa, linee guida, ordinanze

 È sempre attuale la questione dei noccioleti e del pericolo per l’ambiente e le persone che proviene dalla loro espansione nella Provincia di Viterbo. Aumenta costantemente la loro superficie anche nel comprensorio del Lago di Bolsena.

La questione è stata messa a fuoco recentemente dall’ordinanza del sindaco di Nepi, Franco Vita, contro la quale l’associazione dei produttori Assofrutti s.r.l. ha presentato un ricorso al TAR Lazio. In parallelo, la Provincia di Viterbo, dopo il tentativo senza esito del Tavolo Tecnico indetto dal Prefetto, sta lavorando sull’aggiornamento delle “Linee Guida Provinciali sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari” con l’intenzione di aprire una “discussione serena e condivisa sul tema”.


Una discussione ampia e di grande importanza, un tema essenziale per la salute degli ecosistemi e delle persone – sostenibilità ambientale contro interessi di multinazionali, salvaguardia degli ecosistemi, agroecologia e agricoltura contadina contro l’industrializzazione del paesaggio agricolo, protezione delle risorse di acqua dolce e del suolo oppure il loro sfruttamento economico?

In ambedue i casi, sia a proposito delle linee guida provinciali che nella discussione circa l’ordinanza di Nepi, sono intervenuti i biodistretti del territorio e le associazioni ambientaliste.

In quanto segue, tentiamo di orientarci in questa materia complessa – nelle basi giuridiche, nella problematica ambientale.

 

Normativa

La Direttiva 2009/128/CE – il Decreto Legislativo 150/2012

La Direttiva assieme al Decreto n. 150 definiscono le misure per un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PFS) al fine di ridurre i rischi e gli impatti sulla salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità, e di promuovere l’applicazione della difesa integrata e di approcci alternativi o metodi non chimici. Provvedono alla programmazione, all’attuazione, al coordinamento e al monitoraggio delle misure i ministeri delle politiche alimentari e forestali, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e della salute, e le Regioni e le Province autonome, avvalendosi del supporto di un Consiglio tecnico-scientifico (Art. 4, 5).

I PFS [1] sono preparati potenzialmente (e quasi sempre) pericolosi per la salute umana e per l’ambiente. La Direttiva 2009/128/CE, recepita con il Decreto Legislativo del 14 agosto 2012, n. 150 [2], ha istituito un "quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi" e ha stabilito le norme per il loro commercio, uso e controllo [3]. La citata Direttiva riconosce il “principio di precauzione”, pilastro su cui si fonda la politica ambientale dell’UE [4].

Il Decreto nel suo Art. 6 prevede la redazione di un Piano d’Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei PFS che ha come obiettivi: la protezione degli utilizzatori dei prodotti e della popolazione, la tutela dei consumatori, la salvaguardia dell’ambiente acquatico e delle acque potabili e la conservazione della biodiversità e degli ecosistemi [5]. Il primo PAN è stato adottato nel 2014 ed è attualmente in fase di revisione. La pubblicazione del nuovo PAN è prevista entro l’anno (2021).

Il Decreto regolamenta la formazione di tutti gli utilizzatori professionali, i distributori e consulenti sull’impiego dei PFS (Art.  7), le certificazioni all’abilitazione alla vendita e all’attività di consulenza (Art. 8), il rilascio di certificati di abilitazione all’acquisto e all’utilizzo di PFS (Art. 9), le prescrizioni per la vendita dei PFS (Art. 10), le modalità di informazione e sensibilizzazione della popolazione sui rischi dell’impiego di PFS (Art. 11), e le modalità dei controlli delle attrezzature per l’applicazione dei PFS (Art. 12).

Non solo la Direttiva 2009/128/CE inquadra l’uso dei PFS, ma anche varie altre direttive e disposizioni comunitarie: alle tre direttive, la Direttiva Uccelli, la Direttiva Habitat e la Direttiva Quadro sulle Acque, si aggiungono vari piani, regolamenti, strategie e documenti d’indirizzo tra cui il “Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee” [6], il Regolamento PPP, l’iniziativa dell’UE a favore degli impollinatori , la strategia sulla biodiversità per il 2030 dell’UE, la strategia comunitaria farm to fork e il Piano d’azione “Azzerare l’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo”.

Sono gli Articoli 14 (misure specifiche per la tutela dell’ambiente acquatico e dell’acqua potabile) e 15 (riduzione dell’uso dei prodotti fitosanitari o dei rischi in aree specifiche) del Decreto n.150 che tengono conto delle esigenze delle tre Direttive, e più specificamente alcuni importanti documenti che integrano il quadro normativo:

- il decreto 10 marzo 2015 (“Linee Guida di indirizzo per la tutela dell’ambiente acquatico e dell’acqua potabile e per la riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi nei Siti Natura 2000 e nelle aree naturali protette”) [7] redatto dal Consiglio tecnico-scientifico,

- i Piani di Tutela delle Acque Regionali (PTAR) [8] e

- i Piani di gestione dei distretti idrografici.

Nella gerarchia discendente dalla normativa comunitaria e nazionale, le Regioni e le Province autonome sono responsabili della programmazione, del processo di valutazione e della scelta delle misure necessarie per attuare gli obiettivi normativi. Nel processo, dovrebbero coinvolgere tutti gli “stakeholder”, cioè i soggetti che hanno competenza in materia di disciplina dell’uso dei PFS, di tutela dell’ambiente e della salute nonché, relativamente alle misure pertinenti, gli Enti gestori dei Siti Natura 2000 e delle aree naturali protette, come pure le Autorità di Bacino/Distretto Idrografico.

Le misure da adottare sono le più varie, tra cui:

- prescrizioni specifiche per la limitazione, sostituzione e/o eliminazione di certi PFS,

- aumento delle superfici agricole condotte con i metodi dell’agricoltura biologica e dell’agricoltura integrata,

- indirizzi e divieti per il commercio e l’applicazione dei prodotti, norme tecniche,

- misure di prevenzione, mitigazione e compensazione,

- iniziative di informazione e formazione.

Da notare che la scelta delle misure dipende essenzialmente da monitoraggi di parametri ambientali [9].

Tali misure possono essere obbligatorie o raccomandate, e devono essere accompagnate da adeguati stanziamenti di fondi [10].

 


La Direttiva Quadro sulle Acque – il Decreto Legislativo 152/2006

Aree di salvaguardia, aree di pertinenza, il PTAR

Nelle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano di cui all'art. 94 del D.Lgs 152/2006, la Regione individua prescrizioni specifiche per la limitazione, sostituzione e/o eliminazione dei PFS che possono contaminare le acque destinate al consumo umano [11]. Prescrizioni di entità diversa si definiscono per la zona di tutela assoluta costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni, la zona di rispetto costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata, e la più vasta zona di protezione dov’è da assicurare la protezione del patrimonio idrico nelle aree di ricarica della falda, delle emergenze naturali e artificiali della falda e nelle zone di riserva.

Ai sensi dell’Art. 36 (Misure di tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici) del PTAR, sono obbligatorie misure per la tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici superficiali interni, finalizzate a incrementare la capacità autodepurativa dei corpi idrici superficiali, garantire le funzioni di filtro per i solidi sospesi e per gli inquinanti di origine diffusa, stabilizzare le sponde e favorire la conservazione della biodiversità, nonché le connessioni ecologiche tra ecosistemi acquatici e ripariali [12].

 

Direttive Habitat e Uccelli – il Decreto Legislativo 152/2006

Tutela dei Siti Natura 2000 e delle aree naturali protette. Misure specifiche [13]

I Ministeri dell'ambiente, delle politiche agricole e della salute, nel novembre 2014 hanno predisposto ed emanato le linee guida, per la scelta delle misure specifiche da inserire nei piani di gestione e nelle misure di conservazione dei Siti natura 2000 e delle aree naturali protette, tenendo conto delle caratteristiche di pericolo e di rischio delle sostanze attive e dei PFS, nonché delle attività agricole ivi presenti, in funzione almeno dei seguenti target da salvaguardare:

- habitat e specie di interesse comunitario legate agli ecosistemi acquatici;

- habitat e specie di interesse comunitario legate agli ecosistemi terrestri;

- habitat in cui vi è la necessità di tutelare le api e gli altri impollinatori, come ad esempio gli imenotteri selvatici e i lepidotteri.

Le misure di riduzione dell'uso dei PFS e/o dei rischi sono definite, sulla base delle linee guida di cui sopra, entro 2 anni dall'entrata in vigore del Piano, dalla regione competente, in accordo con l'Ente gestore, laddove esistente, in base alle specifiche caratteristiche del sito da tutelare.

L’ ISPRA, con il rapporto Valutazione del rischio potenziale dei prodotti fitosanitari nelle Aree Natura 2000 ha fornito i dati relativi al pericolo potenziale dei prodotti fitosanitari nelle Aree Natura 2000, sulla base della stima della sensibilità di habitat e specie animali e vegetali tutelate dalle Direttive europee e sulla base di un modello concettuale che tiene conto anche del destino ambientale delle singole sostanze attive.

Ciò ha consentito di analizzare le possibili risposte in funzione di pratiche agronomiche sostenibili, che consentano la riduzione dell’utilizzo di fitofarmaci nelle aree Natura 2000, in accordo con il Piano d’Azione Nazionale per la riduzione dei prodotti fitosanitari (PAN) per l’attuazione della Direttiva 2009/128/CE. 

Biancone

Disposizioni particolari

L’opportuna valutazione d’Incidenza:

È importante sottolineare, che la Direttiva Habitat, Art. 6, paragrafo 3, prescrive:

«Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.»

Tale prescrizione e il suo significato sono elucidati nel documento della Commissione Europea: Gestione dei siti Natura 2000. Guida all'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva 92/43/CEE (2019/C 33/01). In relazione all’uso sostenibile di PFS, ciò significa per esempio che l’introduzione di colture che possono avere incidenze significative sul sito – perché abbisognano di importanti trattamenti fitosanitari, oppure di prelievi di acqua significativi, oppure perché incidono sul habitat a causa del loro carattere monocolturale ecc. – che siano collocate all’interno o all’esterno del sito stesso, deve essere sottoposta alla valutazione dell’incidenza.

 

La legge regionale n. 7 (2018):

Un altro strumento normativo rilevante è costituito dalla legge regionale del 22 ottobre 2018, n°7 “Disposizioni per la semplificazione e lo sviluppo regionale”, nella quale sono state introdotte alcune integrazioni e modifiche alla L.R. 06/10/1997, n°29 “Norme in materia di aree naturali protette regionali” (legge 29/97 integrazioni e modifiche, vedi articolo 5). In particolare la legge introduce sanzioni per violazioni di norme all’interno dei siti Natura 2000 (Zone di Protezione Speciale - ZPS, Siti di Interesse Comunitario – SIC, ormai trasformati in Zone Speciali di Conservazione – ZSC), in particolare:

- violazioni alle Misure di Conservazione;

- violazioni alle prescrizioni formulate dalla Regione Lazio in sede di parere di incidenza in riferimento a specifici piani e/o progetti;

- contrasto con gli obiettivi specifici di tutela e di conservazione del sito, così come definito dalle Misure di Conservazione.

 

La legge regionale n. 11 (2019):

Questa legge disciplina e promuove i biodistretti, “al fine di diffondere la cultura del biologico e i principi dell’agro-ecologia”. 

I biodistretti si distinguono dall’elevata qualità ambientale del territorio che consenta di perseguire la tutela delle qualità intrinseche dei prodotti biologici, la conservazione della biodiversità e la tutela del patrimonio naturalistico e paesaggistico.

I comuni rappresentati nel soggetto gestore del biodistretto pianificano tra l’altro interventi per sviluppare l’agricoltura biologica, progetti per l’uso razionale ed ecosostenibile delle materie prime ed interventi per regolamentare e ridurre l’uso dei fitofarmaci e dei fertilizzanti di sintesi.

 

Anche dal punto di vista normativo, il territorio – dei comuni, delle province, delle regioni, dell’Italia e dell’Europa – non è uniforme: contiene aree dove la risorsa fondamentale acqua è specificamente e in vario modo tutelata, contiene zone dove le specie e la risorsa fondamentale biodiversità godono di speciale interesse e protezione, consiste di aree naturali protette con norme stringenti che le proteggono, è disseminato di comuni compresi nei biodistretti che hanno deciso di prestare maggiore attenzione alla tutela della natura e della salute della popolazione, e contiene anche zone dove l’ambiente è fortemente compromesso e in bisogno di ripristino e cura.

 


L’attuazione

La normativa circa l’uso sostenibile dei PFS rappresenta una parte della risposta della Comunità Europea all’enorme compito davanti all’umanità: di affrontare il “Global Change” – il Grande Cambiamento Globale del sistema Terra – in un modo che permetta la sopravvivenza della specie umana. Tale risposta deve tenere conto, da una parte, delle evidenze scientifiche che si accumulano da molti anni, circa il degrado della salute degli ecosistemi terrestri e dei servizi da loro forniti all’umanità e della conseguente urgenza di cambiare radicalmente i meccanismi fondamentali di tutti i settori della nostra vita, in questo caso dell’impostazione dell’agricoltura comunitaria: pone quindi chiari indirizzi e precisi target (sempre più stringenti) per il cambiamento (riduzione/eliminazione dei PFS, aumento delle superfici in regime biologico e integrato, miglioramento dello stato degli ecosistemi …).

Dall’altra parte, tiene conto dell’inerzia degli attori – nella politica, nelle società, nell’economia … - concedendo tempo al cambiamento e ricorrendo nel frattempo a misure di mitigazione e compensazione.

L’individuazione delle misure necessarie e la loro attuazione corretta però presentano attualmente grandi problemi, più grandi di quanto previsto: molti degli attori principali difendono con tutti i mezzi il loro “diritto” abituale di sfruttare e distruggere gli ecosistemi [14].

L’illustrazione di questo fatto è davanti a noi, in tutti i settori della vita. Se parliamo della realizzazione del cambiamento nell’uso dei PFS nella Provincia di Viterbo, questo è effettivamente bloccato da molti anni.

La programmazione del cambiamento presuppone

- una conoscenza sufficiente tramite monitoraggi dello stato attuale dei parametri ambientali che determinano lo stato degli ecosistemi e la loro evoluzione,

- la conoscenza dell’impatto dei PFS sullo stato degli ecosistemi e sulla salute degli esseri viventi,

- l'individuazione delle misure necessarie per attuare il cambiamento e la loro programmazione,

- l’attuazione di queste misure,

- il controllo dell’efficacia delle misure.

Ad oggi, nella Provincia di Viterbo e nel comprensorio del Lago di Bolsena, questo percorso è disseminato di ostacoli.

Da una parte perché i monitoraggi sono carenti e molti parametri ambientali essenziali non sono disponibili, il che rende difficile (anche dal punto di vista normativo) programmare e giustificare le misure urgenti e necessarie. Per esempio non è disponibile un bilancio idrico aggiornato dell’acquifero del Lago di Bolsena, indispensabile per programmare il suo uso sostenibile. Un altro esempio: l’erbicida ad ampio spettro glifosato, che insieme al suo metabolita Ampa presenta il maggior numero di superamenti (rapporto Ispra 2015/2016) nelle acque superficiali e sotterranee italiane [15], nel Lazio è monitorato nelle acque sotterranee solo in 12 punti (sui 3129 nazionali); nessuno di questi punti monitora l’acquifero del Lago.

Ancora a proposito dei monitoraggi: il PTAR adottato nel 2018 si basa su dati ambientali almeno in grande parte non aggiornati e superati. Per esempio, nel PTAR si assume che lo stato del Lago di Bolsena sia “buono”, e che di conseguenza non siano necessarie misure per fare fronte alle criticità, mentre secondo l’ARPA, l’ente preposto ai monitoraggi, lo stato era “sufficiente” a partire dal 2015 [16]. Conseguenza: per le istituzioni, non ci sono criticità e non c’è bisogno di intervenire e finanziare misure di salvaguardia.

Esistono buone conoscenze sull’impatto dei PFS sull’ambiente e sulla salute, che sono alla base dell’attuale normativa. Le misure necessarie sono in parte definite, mancano però ricerche relative a misure alternative all’uso di PFS di sintesi.

Programmazione e attuazione degli interventi necessari invece, risultano completamente insufficienti. In particolare, le norme tecniche e le misure dell’agricoltura integrata obbligatoria [17] sono diffusamente disattese – l’obbligo alla segnalazione, il controllo dei macchinari, le modalità di impiego e di stoccaggio ecc. - questo a causa dell’assenza di un sistema di controllo valido. Ricordiamo inoltre che in fondo, già il sistema “integrato” escluderebbe il diserbo chimico poiché sono disponibili metodi adeguati alternativi [18].

Nel comprensorio del Lago (e non solo), sono state completamente disattese le misure obbligatorie per la tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici superficiali e tutte le misure di mitigazione legate alla creazione di fasce tampone e simili. Inoltre, nessuna delle misure per la protezione delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano è stata attuata.

Gli obblighi alla valutazione d’incidenza (VINCA) di piani e progetti che possono avere un’incidenza su uno dei siti protetti nel comprensorio sono rimasti completamente disattesi – in particolare, in nessun caso è stata presentata (e neanche richiesta) la VINCA per l’impianto di noccioleti [19].

Disatteso anche il monitoraggio dell’efficienza delle misure.

 

fascia tampone

Complessivamente in Italia, la situazione non è migliore. Per quanto riguarda la tutela dei siti Natura 2000, l’ISPRA conclude nel suo rapporto 330/2020 “La sperimentazione dell’efficacia delle Misure del Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN) per la tutela della biodiversità” (pagina 40): “Quindi, alla luce del quadro complessivo descritto si evince che, a dicembre 2018, per la maggior parte dei Siti Natura 2000 nelle diverse Regioni/PPAA non erano state definite delle misure che limitano l’uso dei prodotti fitosanitari in modo adeguato e conforme con quanto previsto dal PAN e dalle relative Linee guida, né misure di formazione/sensibilizzazione, né reali incentivi per l’adozione di metodi di gestione che prevedano un utilizzo ridotto o nullo dei prodotti fitosanitari, al fine della conservazione della biodiversità nelle aree naturali protette e nei Siti Natura 2000.”

Specificamente e per quanto riguarda l’impiego di PFS nei noccioleti del Lazio, l’ISPRA conclude (p. 212): In conclusione nessuno dei prodotti maggiormente utilizzati nei noccioleti convenzionali è compatibile con quanto previsto dalla Misura 13, per i pericoli sopra descritti relativi agli habitat acquatici, alla flora e alla fauna e pertanto non dovrebbero essere utilizzati nelle aree protette [20].

Per quanto riguarda la tutela degli impollinatori, sono disattese le misure proposte dall’ISPRA , e l’Italia non aderisce al programma comunitario di monitoraggio degli impollinatori (Pollinators Initiative).

Siamo davanti, nella Provincia di Viterbo, nella Regione Lazio e in Italia, a un quadro di inadempienza e inosservanza delle normative generalizzato. Un quadro del quale tutte le istituzioni, fino al livello più alto, e tutte le associazioni di categoria non possono non essere a conoscenza.

diserbo vicino al Lago


Le azioni locali - linee guida provinciali, ordinanze sindacali

Linee guida provinciali

La Provincia di Viterbo ha emanato, a febbraio 2015, le “Linee Guida Provinciali per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari in agricoltura e per l’adozione di regolamenti comunali o intercomunali”.

Due fattori importanti hanno motivato la loro redazione:

Il primo - la necessità di informare e di divulgare l’importante riforma in atto del quadro normativo comunitario e nazionale prevista dalla Direttiva CE 2009/128/CE, dal D. Lgs., n. 150/2012, e attuata dall’adozione del PAN nel 2014.

Il secondo motivo è stato “il grande allarme che recentemente si è venuto a creare nel territorio provinciale, determinato dall’intensificarsi dei trattamenti sui castagneti da frutto nel comprensorio dei Monti Cimini …”, e la volontà di inquadrare “le ordinanze sindacali che alcuni Comuni hanno già adottato per affrontare l’emergenza venutasi a creare sia in seguito alle proteste e al malcontento espresso da parte della cittadinanza, sia per scongiurare inconvenienti e danni alla salute pubblica e all’ambiente.”

Anche se la Provincia non ha competenze normative in materia, la sua volontà di portare rapidamente sul territorio la riforma circa l’uso sostenibile dei PFS sarebbe stata importante e positiva, se solo l’avesse fatto in modo corretto e completo, e se avesse sollecitamente attuato tutte le misure indispensabili: come abbiamo visto qui sopra, non è stato così.

In particolare, la Provincia ha omesso di includere nelle sue Linee Guida gli indirizzi delle “Linee Guida di indirizzo per la tutela dell’ambiente acquatico e dell’acqua potabile e per la riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi nei Siti Natura 2000 e nelle aree naturali protette” (menzionate qui sopra) definite a novembre 2014, le quali integrano di PAN del 2014. L’omissione della tutela degli ecosistemi acquatici, dell’acqua potabili e delle aree protette è inammissibile e priva le Linee Guida Provinciali di ogni valore.

Nella primavera 2021, la Provincia ha iniziato una discussione circa l’aggiornamento delle sue linee guida, motivata dall’intento di inquadrare le ordinanze comunali dirette contro la diffusione dei noccioleti nella Provincia. La discussione, annunciata come dialogo sereno e condiviso con i vari portatori di interesse, è iniziata, a dire il vero, molto male, sotto il segno della prepotenza della lobby del nocciolo: nell’invito all’audizione sono stati esclusi associazioni, biodistretti e esperti senza legame di interesse con questa lobby, la redazione dell’aggiornamento invece è stata affidata ad agronomi allineati.

All’ultimo momento solo è stato possibile includere nell’audizione (qui il riassunto degli interventi) alcuni rappresentanti dei biodistretti e delle associazioni ambientaliste. 

Il Comitato Promotore del biodistretto del Lago di Bolsena e due delle associazioni ambientaliste del Lago di Bolsena hanno sottomesso le loro osservazioni e hanno chiesto audizioni per discuterne (qui i link alle osservazioni del CP, osservazioni di ALB, osservazioni di BLEU). Dopo le audizioni hanno trasmesso le loro proposte di integrazione delle linee guida alla Provincia assieme a due richieste di carattere generale – di affidare la redazione delle linee guida non soltanto a dei tecnici agronomi, ma anche a esperti in materia di ecologia e di salute umana [21], e di rimandare la redazione a una data posteriore all’adozione del nuovo PAN.

Infatti, è degna di nota l’urgenza con la quale la Provincia spinge all’adozione delle nuove Linee Guida Provinciali in un momento in cui è imminente l’adozione del nuovo PAN e delle nuove Linee Guida di indirizzo che dovranno integrarlo. Definire le Linee Guida Provinciali in questo momento non ha senso, oppure ha senso solo se si intende evitare, ancora una volta, di tutelare i nostri ecosistemi acquatici e le aree protette. E ha senso anche se si vuole evitare di prendere atto della scomoda realtà che - dopo l'imminente riconoscimento del biodistretto del Lago di Bolsena - la maggioranza dei comuni della Provincia ha deciso di dare priorità alla salvaguardia dell'ambiente e della salute delle persone.

 

acque di Nepi

Le ordinanze comunali

Le prime ordinanze comunali contro l’uso indiscriminato di PFS nella Provincia di Viterbo risalgono a dieci anni fa ed erano rivolti contro “la pioggia di veleni nei castagneti dei Cimini”. Seguirono le ordinanze dei sindaci per arginare l’abuso di PFS e la diffusione dei noccioleti – dapprima nei comuni dei monti Cimini (rappresentativa l’ordinanza di Corchiano), poi attorno al Lago di Bolsena (vedi anche qui). L’ultima ordinanza di questo genere è l’ordinanza di Nepi. E stata oggetto di un ricorso al TAR Lazio dalla parte di Assofrutti con la richiesta di sospendere l’esecutività dell’ordinanza. Il TAR non ha ancora emesso un giudizio di merito, ma ha il 21 luglio respinto la richiesta cautelare. Fatto singolare: in favore di Assofrutti si è schierato, ufficialmente con una memoria di costituzione, il Ministero della Transizione Ecologica, acriticamente e senza tenere minimamente conto del contesto di inosservanza della normativa ambientale illustrato qui sopra.

Vogliamo qui in breve, senza entrare nei dettagli giuridici della questione, elencare i principali punti, oggetto di contestazione, dell’ordinanza di Nepi. L’ordinanza vieta:

1. L’utilizzo e/o lo spandimento all’interno del territorio comunale di diserbanti/fitosanitari/pesticidi e/o concimi e fertilizzanti chimici nel raggio di 200 metri rispetto al punto di captazione o di derivazione di acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano,

2. L’utilizzo su tutto il territorio comunale dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva “GLIFOSATE”, in tutte le sue forme e dosaggi;

3. L’utilizzo su tutto il territorio comunale dei prodotti neonicotinoidi contenenti i seguenti principi attivi in tutte le sue forme e dosaggi anche in miscele quali “IMIDACLOPRID, CLOTHIANIDIN, TIAMETHOXAM, ACETAMIPRID, THIACLOPRID”, in quanto causa accertata della moria di api e impollinatori vari, come anche di piccoli uccelli, farfalle, invertebrati e di molteplici altre forme viventi facenti parte attiva della biodiversità;

4. L’utilizzo dei prodotti fitosanitari nelle aree interne dei centri urbani e delle Forre e delle zone “ACQUA ETRURIA” e “TERME DEI GRACCHI” ad eccezione dei trattamenti per agricoltura biologica.

Il primo punto riprende alla lettera una delle disposizioni della Direttiva Quadro Acque.

Il secondo punto, il divieto totale del glifosato, trova la sua giustificazione nell’importanza della tutela delle acque e degli ecosistemi terrestri. Il glifosato uccide indiscriminatamente (“serial killer”) migliaia di specie vegetali e di batteri nel suolo e nelle acque. Per quanto riguarda gli ecosistemi acquatici, già nel 1998 Leone [22] rilevava, riguardo al Lago di Vico, che “… è assolutamente incompatibile l’uso del glyphosate”, a causa della sua altissima solubilità nell’acqua e la sua persistenza nel suolo. Notiamo anche che già Leone lega senza mezze parole il degrado dello stato del Lago di Vico alle pratiche agricole nel suo comprensorio [23]

Secondo la nota informativa dell’ISPRA (Effetti del Glifosate sulla qualità ambientale e gli organismi viventi), a proposito del glifosato e del suo metabolita AMPA: “Trattandosi di sostanza pericolosa per l’ambiente acquatico, è necessario evitarne per quanto possibile l’uso in ambiti (compresi margini stradali o ferroviari) interessati da corridoi ecologici (ad es. aree ripariali, bordi dei coltivi e fossi, ecc.) o da corpi idrici e in presenza di habitat agricoli caratterizzati da colture non intensive (agricoltura biologica, biodinamica ed aree agricole ad alto valore naturalistico). Ne va invece assolutamente proibito l’uso all’interno di aree naturali protette (Rete Natura 2000, Parchi e Riserve nazionali e regionali, Zone Ramsar, ecc.), dove dovrebbe essere sempre scoraggiato l’uso degli erbicidi per il controllo della vegetazione, in quanto hanno effetti diretti sulla biodiversità e sulla qualità dell’ambiente[24]. Comunque, l'obiettivo dovrebbe essere di eliminare gli erbicidi dappertutto.

A proposito del terzo punto, il divieto dei principali prodotti neonicotinoidi si riferisce alla protezione degli insetti impollinatori e in particolare delle api come specificato nel Regolamento PPP (Plant Protection Products Regulation [25]), Art. 3.8.3, cioè che l’uso di un certo prodotto è da approvare solo se …:

“- comporta un’esposizione trascurabile per le api, o

- non ha alcun effetto inaccettabile acuto o cronico per la sopravvivenza e lo sviluppo della colonia, tenendo conto degli effetti sulle larve di api e sul comportamento delle api”.

In effetti, il regolamento limita solo l’uso di questi prodotti all’aperto, e non in spazi chiusi (p. es. serre). L’UE ha già ritirato l’approvazione di 4 di questi prodotti [26], e ha deciso che il quinto prodotto, l’acetamiprid, “dovrebbe essere considerato candidato alla sostituzione” [27].

Il quarto punto ancora si riferisce alle disposizioni della Direttiva Quadro sulle Acque e della Direttiva 2009/128/CE.

Tutto sommato, è difficile comprendere la feroce contestazione da parte di Assofrutti e soprattutto del Ministero della Transizione Ecologica di questi punti completamente in linea con lo spirito della normativa ambientale comunitaria (e di una vera transizione ecologica), con le raccomandazioni degli esperti ministeriali che hanno redatto le linee guida d’indirizzo del 2014 e con i pareri dell’ISPRA.

 




[1]             Direttiva 2009/128/CE, Art 3: Cosa sono i prodotti fitosanitari

"Si definiscono prodotti fitosanitari i preparati contenenti una o più sostanze attive, destinate a proteggere i vegetali o i prodotti vegetali da tutti gli organismi nocivi o a prevenirne gli effetti;  influire sui processi vitali dei vegetali, senza peraltro fungere da fertilizzanti;  conservare i prodotti vegetali, sempre ché se tali sostanze o prodotti non siano disciplinati da disposizioni speciali in materia di conservanti; eliminare o controllare l’accrescimento delle piante indesiderate o infestanti."

 

[2]             “Attuazione delle direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi”

 

[3]             È importante ricordare, che non è corretto il punto di vista che il fatto che un certo prodotto fitosanitario ha ricevuto l’autorizzazione relativa all’immissione sul mercato e che quindi soddisfa le norme relative all'autorizzazione della vendita, dell'utilizzo e del controllo nell'UE, significa che il prodotto con ciò ha dimostrato, “con evidenze e studi scientifici, di non possedere effetti nocivi sulla salute umana, compresi i gruppi più vulnerabili, né effetti inaccettabili sull'ambiente.” Significa soltanto che potenzialmente potrebbe non possedere tali effetti nocivi, se tutte le disposizioni precauzionali fossero soddisfatte. Inoltre, l’autorizzazione all’immissione (oppure la decisione di non ritirare l’autorizzazione) è in realtà il risultato di un compromesso politico-economico tra gli interessi dell’agroindustria e le evidenze scientifiche (su livello europeo della concertazione tra i pareri della Commissione Europea e del Parlamento). Emblematico il caso del glifosato al quale non viene ritirata l’autorizzazione malgrado le chiare evidenze scientifiche sulla sua pericolosità per l’ambiente.

 

[4]             Che viene dettagliato nell’articolo del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Specifica l’Art. 2 del d.lgs. n. 150/2012: “Le disposizioni del presente decreto si applicano tenendo conto del principio di precauzione, quando è necessario un intervento di limitazione o di divieto di utilizzo di prodotti fitosanitari in circostanze o aree specifiche, a fronte di un potenziale pericolo per la salute umana, animale e per l’ambiente.”

 

[5]             In linea con i contenuti della direttiva 2009/128/CE e del d.lgs. n. 150/2012, il Piano si propone di raggiungere i seguenti obiettivi generali, al fine di ridurre i rischi associati all’impiego dei prodotti fitosanitari: 

a. ridurre i rischi e gli impatti dei prodotti fitosanitari sulla salute umana, sull'ambiente e sulla biodiversità;

b. promuovere l'applicazione dei principi della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi all’uso dei prodotti fitosanitari;

c. promuovere e incentivare la produzione integrata, certificata ai sensi della legge n. 4 del 3 febbraio 2011, e l’agricoltura biologica;

d. proteggere gli utilizzatori dei prodotti fitosanitari e la popolazione interessata;

e. tutelare i consumatori;

f. salvaguardare l'ambiente acquatico e le acque potabili;

g. conservare la biodiversità e tutelare gli ecosistemi.

 

I principali obiettivi quantitativi del Piano, da raggiungere entro la sua data di scadenza, (quinto anno dall’entrata in vigore), sono:

1) aumento del 30% della superficie agricola condotta con il metodo della produzione integrata, certificata ai sensi della legge n. 4 del 3 febbraio 2011, con riferimento all’anno 2017;

2) aumento del 60% della superficie agricola condotta con il metodo dell’agricoltura biologica, con riferimento all’anno 2017;

3) aumento dell’80% della superficie agricola condotta con il metodo dell’agricoltura biologica nelle aree naturali protette e nei Siti Natura 2000, con riferimento all’anno 2017;

4) riduzione del 20% delle quantità di sostanze attive di prodotti fitosanitari candidate alla sostituzione immesse in commercio, con riferimento alla media del triennio 2016 - 2018;

5) riduzione del 10% delle quantità di sostanze attive di prodotti fitosanitari prioritarie e pericolose prioritarie immesse in commercio, di cui alla tabella 1/A del d.lgs. 13 ottobre 2015, n 172, con riferimento alla media del triennio 2016 - 2018;

6) percentuale non superiore all’1% dei campioni di alimenti di origine vegetale con presenza di residui di sostanze attive di prodotti fitosanitari non conformi ai requisiti del regolamento (CE) n. 396/2005;

7) percentuale pari al 25% degli utilizzatori professionali dei prodotti fitosanitari che operano nei siti della Rete Natura 2000 e nelle aree naturali protette, ai quali è erogata una formazione specifica sui temi riguardanti le peculiarità di tali aree e la necessità di tutela della biodiversità.

8) percentuale inferiore allo 0,5% di campioni che presentano sostanze attive prioritarie e pericolose prioritarie in concentrazioni superiori allo 0,1 microgrammi/l nelle acque superficiali, fatto salvo il rispetto degli obblighi previsti dalla normativa sulla tutela della qualità delle acque.

9) percentuale inferiore allo 0,5% di campioni che presentano sostanze attive candidate alla sostituzione in concentrazioni superiori allo 0,1 microgrammi/l nelle acque superficiali.

 

[6]             COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI . Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee, 14/11/2012.

 

[7]             in particolare le Misure 10. Limitazione/Sostituzione/Eliminazione dei prodotti fitosanitari per il raggiungimento del “Buono” stato ecologico e chimico delle acque superficiali e 13. Sostituzione/limitazione/ eliminazione dei prodotti fitosanitari per la tutela delle specie e habitat ai fini del raggiungimento degli obiettivi di conservazione ai sensi delle direttive habitat 92/43/CEE e uccelli 2009/147/CE e per la tutela delle specie endemiche o ad habitat 92/43/CEE e uccelli 2009/147/CE e per la tutela delle specie endemiche o ad elevato rischio di estinzione, degli apoidei e degli altri impollinatori elevato rischio di estinzione, degli apoidei e degli altri impollinatori e relative misure accompagnamento.

 

[8]             Il PTAR del Lazio in vigore è stato adottato nel 2018. Purtroppo è carente per il fatto che si basa su dati ambientali non aggiornati a dovere. Un esempio: lo stato del Lago di Bolsena è considerato “buono” mentre dal 2015 era solo “sufficiente”. Con ciò il PTAR non prevede misure per il suo ripristino (vedi qui, pag. 26).

 

[9]          Linee Guida PAN pag. 4: “Nella scelta delle misure si dovrebbe seguire un criterio di gradualità del livello di intervento, commisurato alle criticità riscontrate, rispetto al rischio per la salute umana e per l’ambiente.

L’adozione di misure di limitazione, sostituzione o eliminazione dovrebbe essere presa in considerazione qualora le criticità evidenziate dalle analisi territoriali e ambientali o dalla valutazione del rischio per i target sensibili (salute umana, corpi idrici, specie e habitat tutelati, ecc.) siano tali da non consentirne la risoluzione mediante l’adozione di misure di mitigazione di diversa natura. Qualora le informazioni a disposizione non siano sufficienti, preliminarmente all’adozione di tali misure, è da considerarsi opportuno il ricorso ad analisi e valutazioni più approfondite, quali gli studi di vulnerabilità delle acque sotterranee o l’attivazione di specifici monitoraggi, tesi a valutare gli impatti o i rischi di impatto su determinati target.

Per specifici ambiti territoriali, e nel caso in cui le esigenze di tutela siano particolarmente elevate, può essere presa in considerazione la possibilità di applicare misure di limitazione, sostituzione o eliminazione di prodotti fitosanitari, anche qualora non si disponga dei risultati del monitoraggio ambientale, sulla base di oggettive e comprovate informazioni relative all’uso dei prodotti fitosanitari, o dei controlli di potabilità eseguiti ai sensi della normativa vigente.”

 

[10]            Linee Guida PAN pag. 5: “In tutti i casi in cui la tipologia di intervento è prevista nell’ambito dei Piani di Gestione/Misure di conservazione dei Siti Natura 2000 o dei Piani di Gestione dei Distretti idrografici, o perché connessa alle misure obbligatorie in quanto legata all’implementazione delle direttive 92/43/CEE, 147/2009/CE, 2000/60/CE, o perché prevista come misura supplementare ma coatta, (lo decide l’Autorità competente sulla base dell’analisi economica e delle criticità del territorio e delle esigenze di tutela della biodiversità e delle risorse idriche), lo strumento finanziario è l’articolo 30, dove si prevede l’erogazione, rispettivamente, delle cosiddette Indennità Natura 2000 o delle Indennità di Bacino, a compensazione di costi o mancati redditi connessi all’attuazione delle suddette direttive. Tali impegni, infatti, in quanto previsti come Misure di conservazione/Piani di Gestione dei Siti Natura 2000 o dei Piani di Gestione dei Distretti idrografici, si configureranno come obbligatori (requirements), pur dovendo essere, più elevati della cosiddetta baseline che, nel caso delle Indennità Natura 2000, è costituita, fra l’altro, dalle Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali (BCAA), mentre nel caso delle Indennità di bacino è costituita, fra l’altro, dagli Atti e dalle BCAA della Condizionalità.”

 

[11]            (Il testo che segue fa parte della richiesta di integrazione dell’aggiornamento delle Linee Guida Provinciali trasmessa alla Provincia dal CP del biodistretto Lago di Bolsena e da due associazioni ambientaliste del Lago di Bolsena)

I requisiti minimi richiesti dall’art. 94 sono:

La zona di tutela assoluta è costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni e deve:

·        avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione

·        essere adeguatamente protetta

·        essere adibita esclusivamente a opere di captazione e infrastrutture di servizio.


La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata; può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio per la risorsa.

In particolare, nella zona di rispetto sono vietati tra altro:

·        la dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;

·        l’accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;

·        lo spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;

·       

·        l’apertura di pozzi, ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano;

·       

·        lo stoccaggio di sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;

·       

·        il pascolo e la stabulazione di bestiame.

 

Per gli insediamenti o le attività preesistenti, ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento e, in ogni caso, deve essere garantita la loro messa in sicurezza.

Nelle zone di rispetto sono disciplinate queste strutture e attività:

·        fognature;

·        edilizia residenziale e opere di urbanizzazione;

·        opere viarie, ferroviarie e infrastrutture di servizio;

·        pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione.

 

In caso d’inerzia da parte delle regioni circa l’individuazione della zona di rispetto, la medesima conserva un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.

 

Le zone di protezione devono essere delimitate dalle regioni e delle province autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico. Possono essere adottate misure relative alla destinazione del territorio interessato, alle limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici territoriali.

Ai fini della protezione delle acque sotterranee, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le aree:

·        di ricarica della falda;

·        emergenze naturali e artificiali della falda;

·        zone di riserva.

 

La zona di protezione dell’acquifero del Lago di Bolsena corrisponde all’estensione dell’insieme dei suoi bacini imbrifero e idrogeologico che definiscono l’area di ricarica delle falde. Occorre tenere conto anche della particolare vulnerabilità di questo acquifero, che è falda freatica insediata nel sottosuolo di aree in grande parte ad uso agricolo, e quindi particolarmente esposta alle sostanze nocive e tossiche disciolte nelle acque di percolazione.

All’interno della zona suddetta sono da vietare prodotti fitosanitari persistenti nell’acqua e nocivi e/o tossici per ambienti acquatici elencate nella tabella 1.

 

 

[12]            (Il testo che segue fa parte della richiesta di integrazione dell’aggiornamento delle Linee Guida Provinciali trasmessa alla Provincia dal CP del biodistretto Lago di Bolsena e da due associazioni ambientaliste del Lago di Bolsena)

Ai sensi dell’Art. 36 (Misure di tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici) del PTAR, sono obbligatorie misure per la tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici superficiali interni, finalizzate a incrementare la capacità autodepurativa dei corpi idrici superficiali, garantire le funzioni di filtro per i solidi sospesi e per gli inquinanti di origine diffusa, stabilizzare le sponde e favorire la conservazione della biodiversità, nonché le connessioni ecologiche tra ecosistemi acquatici e ripariali.

Art. 36, comma 3 prevede: L'area di pertinenza, fatte salve misure più cautelative contenute in altri atti di pianificazione regionale, comunale e di bacino, ai sensi dell'articolo 115 del d.lgs. 152/2006, è costituita da una fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, torrenti, laghi, stagni, lagune e altre acque demaniali. All'interno di detta area viene istituita una fascia tampone lungo tutti i corsi d’acqua o corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origina diffusa, per la stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità. La fascia tampone assicura il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea e interessa ambedue le sponde a partire dal ciglio di sponda o dal piede esterno dell’argine. In particolare, la fascia tampone è presente lungo tutti i corsi d’acqua o corpi idrici che attraversano terreni adibiti ad uso agricolo, coltivati con larghezza congrua ad assicurare le funzioni di filtro delle attività agricole.

 

 

[13]            (Il testo che segue fa parte della richiesta di integrazione dell’aggiornamento delle Linee Guida Provinciali trasmessa alla Provincia dal CP del biodistretto Lago di Bolsena e da due associazioni ambientaliste del Lago di Bolsena)

I Ministeri dell'ambiente, delle politiche agricole e della salute, nel novembre 2014 hanno predisposto ed emanato le linee guida, per la scelta delle misure specifiche da inserire nei piani di gestione e nelle misure di conservazione dei Siti natura 2000 e delle aree naturali protette, tenendo conto delle caratteristiche di pericolo e di rischio delle sostanze attive e dei prodotti fitosanitari, nonché delle attività agricole ivi presenti, in funzione almeno dei seguenti target da salvaguardare:

·        habitat e specie di interesse comunitario legate agli ecosistemi acquatici;

·        habitat e specie di interesse comunitario legate agli ecosistemi terrestri;

·        habitat in cui vi è la necessità di tutelare le api e gli altri impollinatori, come ad esempio gli imenotteri selvatici e i lepidotteri.

Le misure di riduzione dell'uso dei prodotti fitosanitari e/o dei rischi sono definite, sulla base delle linee guida di cui sopra, entro 2 anni dall'entrata in vigore del Piano, dalla regione competente, in accordo con l'Ente gestore, laddove esistente, in base alle specifiche caratteristiche del sito da tutelare. Ciascuna misura, ivi comprese eventuali misure di riduzione e/o divieto di prodotti fitosanitari, deve essere integrata nel Piano di gestione del sito (o altro piano equivalente) o con le misure di conservazione, sulla base delle specifiche esigenze in funzione delle specie e/o degli habitat da tutelare e degli esiti delle attività di monitoraggio ambientale. A tale riguardo costituiscono riferimenti importanti la DGR 612/2011 “Rete Europea Natura 2000: misure di conservazione da applicarsi nelle Zone di protezione Speciale (ZPS) e nelle Zone Speciali di Conservazione (ZSC). Sostituzione integrale della Deliberazione della Giunta Regionale 16 maggio 2008, n. 363, come modificata dalla Deliberazione della Giunta regionale 7 dicembre 2008, n.928” e la DGR 162/2016 “Adozione delle Misure di Conservazione finalizzate alla designazione delle Zone Speciali di Conservazione (ZSC), ai sensi della Direttiva 92/43/CEE (Habitat) e del DPR 357/97 e s.m.i. – codice IT60100 (Viterbo)”.

 

Con riferimento alle specie endemiche o ad elevato rischio di estinzione, le regioni e le province autonome e gli enti gestori delle aree naturali protette possono definire ulteriori misure per la riduzione e/o il divieto d'uso di prodotti fitosanitari, sulla base delle linee guida di cui sopra.

Le misure di cui sopra si integrano con gli strumenti ed i dispositivi della PAC, come previsto al comma 3 dell'art. 2 del decreto legislativo n. 150/2012.

L’ISPRA nel 2015 con la pubblicazione del Rapporto tecnico denominato “Valutazione del rischio potenziale dei prodotti fitosanitari nelle Aree Natura 2000. Rapporti, 216/2015. ha messo a disposizione della Regione e degli enti gestori delle aree naturali protette, le prime informazioni più rilevanti sulla tossicità, l'ecotossicità, il destino ambientale e gli aspetti fitosanitari relativi ai prodotti fitosanitari in commercio in riferimento agli habitat ed alle specie animali e vegetali tutelate dalle Direttive comunitarie “Habitat” ed “Uccelli”.

Gli enti interessati garantiscono la formazione delle competenze tecniche necessarie per operare le scelte relative alle prescrizioni e limitazioni da adottare in modo mirato, tenendo conto dei target da salvaguardare e delle specifiche caratteristiche di pericolosità dei prodotti fitosanitari.

 

Facendo riferimento al Rapporto tecnico sopra indicato, si evince che, i siti Natura 2000 interclusi nel perimetro del proposto Biodistretto del Lago di Bolsena, ospitano habitat e specie animali e vegetali risultate “mediamente” ed “altamente sensibili” ai prodotti fitosanitari utilizzati nelle attività agricole, secondo quanto indicato nell’ultima colonna della tabella di seguito riportata (ISPRA, 2015).  

 

SITI NATURA 2000 INCLUSI (PARZIALMENTE O TOTALMENTE) NELL’AREA DEL BIODISTRETTO

Nome del sito

Codice

Comuni

Estensione in ha

Potenziale pericolo derivante dalluso dei prodotti fitosanitari. Indice Pe.Nat

ZSC Lago di Bolsena

IT6010007

Capodimonte, Marta, Gradoli, Grotte di Castro, S. Lorenzo Nuovo, Bolsena, Montefiascone

11.475,3

Medio

ZSC Isole Bisentina e Martana

IT6010041

Capodimonte, Marta

26,1

Medio

ZSC Fiume Marta - alto corso

IT6010020

Tuscania, Monte Romano, Capodimonte, Marta. Estensione

704,0

Medio

ZSC-ZPS Monti Vulsini

IT6010008

Bolsena, Montefiascone, Bagnoregio

2.389,3

Alto

ZSC-ZPS Caldera di Latera

IT6010011

Valentano, Latera

1.218,0

Alto

Tabella 1. Siti Natura 2000 inclusi (totalmente o parzialmente)  nell’area del Biodistretto (bacino idrogeologico e idrografico) e nell’area vasta del Biodistretto (Comuni aderenti).  Nell’ultima colonna è riportato il giudizio relativo alla valutazione del potenziale pericolo di esposizione a prodotti fitosanitari delle specie tutelate nelle aree Natura 2000, secondo l’ indice Pe.Nat. 2000, ( PEsticidi NATura 2000), in grado di correlare le aree interessate al potenziale pericolo derivante dall’uso dei prodotti fitosanitari. Fonte: ISPRA, 2015.

 

Nei siti Natura 2000 sopra indicati sono presenti le seguenti specie animali appartenenti alla Direttiva Habitat e Direttiva Uccelli, risultate molto sensibili ai fitofarmaci (Ispra, 2015):

Tritone crestato (Triturus carnifex), 

Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata)

Barbo tiberino (Barbus tyberinus), 

Tarabusino (Ixobrichus minutus)

Garzetta (Egretta garzetta)

Nitticora (Nycticorax nycticorax)

Moretta tabaccata (Aythya nyroca)

Falco pellegrino (Falco peregrinus)

Averla piccola (Lanius collurio)

 

Nei siti Natura 2000 sopra indicati sono presenti i seguenti habitat vegetali appartenenti alla Direttiva Habitat, risultati molto sensibili ai fitofarmaci (Ispra, 2015):

 

“3150 “Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnapotamion e del Hydrocharition”,

“92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba”,

 “3280 Fiumi mediterranei a flusso permanente con il Paspalo-Agrostidion e con filari ripari di Salix e Populus alba”

 

Facendo riferimento ai dati sopraindicati, che delineano l’elevata sensibilità ambientale ai fitofarmaci degli habitat e delle specie di interesse unionale presenti nei siti Natura 2000 inclusi nel territorio del Biodistretto del Lago di Bolsena, al suo interno vigono le seguenti misure di conservazione

 

Misure di conservazione regolamentari

-         Divieto di utilizzo di prodotti fitosanitari che presentano la frase di rischio N (pericolo per l’ambiente), e le frasi di pericolo per l’ambiente SPe3 e SPe4

-         Obbligo di mantenimento di fasce tampone di almeno 10 m da corpi idrici (lago, corsi d’acqua naturali, canali di irrigazione)

 

Misure di incentivazione

-         Realizzazione di fasce tampone con specie autoctone o con la vegetazione naturale di almeno 5 metri

-         Inerbimento permanente delle colture perenni (frutteti, vigneti, oliveti)

-         Attuazione della lavorazione del suolo secondo le linee di livello su suoli agricoli da 1 a 13% di pendenza

-         Accordi agroambientali per il sostegno alla conversione delle aziende convenzionali ad aziende biologiche, formazione, marketing territoriale per promozione dei prodotti

 

Misure di sensibilizzazione e informazione

-         Formazione degli agricoltori sugli effetti dei prodotti fitosanitari sulle specie e gli habitat tutelati nei Siti Natura 2000, sui servizi ecosistemici da essi forniti in particolare su quello dell’impollinazione e del ciclo dell’acqua

-         Sensibilizzazione delle comunità locali e dei visitatori all’acquisto dei prodotti locali

-         Sensibilizzazione delle strutture recettive e dei punti vendita alimentari e della grande distribuzione sulla vendita delle produzioni locali

 

[14]            Poiché ai benefici che ci forniscono gli ecosistemi non sono assegnati valori monetari e non sono oggetto di scambi sui mercati, alla loro tutela e al loro sviluppo non viene data la dovuta attenzione dai dominanti sistemi economici e politici del mondo – “Nature has no Lobby”.

 

[15]            Nelle acque superficiali il glifosato risulta superiore agli standard di qualità previsti dalla norma nel 24,5% dei siti monitorati e del suo metabolita Ampa nel 47,8%, e nelle acque sotterranee la sua presenza supera gli standard qualitativi nel 8,3% dei punti di monitoraggio.

 

[16]            Con un trend negativo confermato recentemente (vedi qui).

 

[17]            Dettagliate nell’Allegato III del d.lgs. n. 150/2012.

 

[18]            Decreto n. 150, Allegato III, comma 4: Ai metodi chimici devono essere preferiti metodi biologici sostenibili, mezzi fisici e altri metodi non chimici se consentono un adeguato controllo degli organismi nocivi

 

[19]            Obbligatoria pertanto secondo comunicazioni ufficiali dell’ufficio regionale preposto.

 

[20]            Misura 10: Limitazione/Sostituzione/Eliminazione di prodotti fitosanitari per il raggiungimento del "Buono" stato ecologico e chimico delle acque superficiali.

Misura 13. Sostituzione/limitazione/eliminazione dei prodotti fitosanitari per la tutela delle specie e habitat ai fini del raggiungimento degli obiettivi di conservazione ai sensi delle direttive habitat 92/43/CEE e uccelli 2009/147/CE e per la tutela delle specie endemiche o ad habitat 92/43/CEE e uccelli 2009/147/CE e per la tutela delle specie endemiche o ad elevato rischio di estinzione, degli apoidei e degli altri impollinatori elevato rischio di estinzione, degli apoidei e degli altri impollinatori e relative misure accompagnamento.

 

[21]            Seguendo l’esempio della composizione del consiglio tecnico-scientifico sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Art. 5 del Decreto n. 150).

 

[22]            A. Leone: Assetto territoriale del bacino del Lago di Vico e tutela del corpo idrico. Assessorato Ambiente della Provincia di Viterbo, UNITUS (1998).

 

[23]            Vedi qui: L’evoluzione dello stato trofico del Lago di Vico.

 

[24]            La scheda dell’ISPRA:

 

Glifosate (organofosforici, HB)

Persistente in acqua (ARPAT, 2017). Il metabolita AMPA può permanere più di 100 giorni nei sedimenti acquatici (TD50=132 giorni).

Tossico per gli anfibi anuri (ISPRA 2015, tab. 46). Altamente tossico per diatomee e cianobatteri (Åkerblom, 2004). Tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata (Classification Reg. 1272/2008).

È tra le sostanze maggiormente rinvenute nelle acque superficiali italiane (ISPRA, 2016, 2018a). Il metabolita AMPA è tra le sostanze più diffuse nelle acque italiane (dove misurato) ed è quello con il maggior numero di superamento degli standard di qualità ambientale (ISPRA, 2016, 2018a). In Italia nel 2014 il 52.2 % dei punti di monitoraggio (Lombardia e Toscana) aveva valori al di sopra degli SQA (ISPRA, 2016). È stato rinvenuto in tutti i principali corpi idrici

 

 

[25]            Regolamento (EC) No 1107/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 Ottobre 2009 (testo consolidato e ammendato del 21 marzo 2021)

 

[26]            Per quanto riguarda le sostanze clothianidin, thiamethoxam e imidacloprid, la loro approvazione è scaduta rispettivamente il 31 gennaio 2019, il 30 aprile 2019 e il 1° dicembre 2020. L’approvazione del thiacloprid è stata ritirata il 3 febbraio 2020.