martedì 18 marzo 2014

Il giro della Tuscia in 80 giorni – bioregionalismo applicato


Meno avventuroso del viaggio di Phileas Fogg (e meno drammatico si spera), ma sicuramente non meno importante per il nostro territorio: il Giro della Tuscia in 80 giorni, impresa ideata e realizzata da Marco Saverio Loperfido. Il suo percorso ritorna al Lago (dopo averlo toccato nella prima metà di marzo a Montefiascone e Bolsena) per raggiungere Grotte di Castro, Gradoli e Valentano dal 18 al 21, e Capodimonte e Marta dal 25 al 26 marzo.

 
Percorrere un territorio a piedi”, ci spiega Loperfido, “significa, come prima e fondamentale cosa, entrare in uno stretto contatto con esso, rendersi conto della maniera in cui fu vissuto per millenni, scoprire dinamicamente la prospettiva paesistica attraverso cui fu interpretato dagli uomini …”

Passo dopo passo, percorrendo il nostro territorio, possiamo riacquistare questa intima conoscenza delle nostre terre che era condizione essenziale per i nostri antenati. Se, invece di utilizzarli come oggetti a nostra disposizione, cominciamo a ri-abitare, nel senso profondo, i nostri luoghi, scopriremo che facciamo parte inscindibile di loro stessi e della loro comunità di esseri viventi; ci renderemo conto che una qualsiasi azione impropria, violenta contro di loro è rivolta anche contro di noi.

Infatti: “Non esiste altro modo dunque per tutelare il paesaggio italiano e per promuoverne la conoscenza se non quella di creare o riscoprire la rete di percorsi a piedi nei territori stessi, da paese a paese, andando in controtendenza alla moda di cementificare, di asfaltare e di dimenticare gli antichi tracciati.”

Il giro della Tuscia si inscrive nel più ampio progetto di “Ammappa l’Italia”: un progetto collettivo, dove ognuno può partecipare mettendo a disposizione di tutti la descrizione dei percorsi che conosce costruendo un’enciclopedia, libera e gratuita, dei sentieri, delle strade bianche, delle mulattiere.

Anche il “Camino dell’acqua”, percorso che collega nella sua rete i Comuni del Lago, realizzato per la prima volta nell’autunno dell’anno scorso (vedi il post), sarà “ammappato” in quest’archivio.

Sulla pagina web dedicata al Giro della Tuscia troviamo il programma del percorso per chi vuole partecipare alle passeggiate e, giorno per giorno, la descrizione del cammino appena fatto, correlata da fotografie, appunti di viaggio, filmati e annotazioni dei luoghi d’interesse storico, artistico e archeologico, e dei luoghi migliori dove mangiare e pernottare.

“Camminare infatti, nell’epoca della fretta e della superproduzione, è ormai diventato un atto rivoluzionario.”

Peter Berg, uno dei padri fondatori del movimento bioregionale nel lontano 1975, descrive così le sue basi:
“Il luogo in cui vivi è vivo e tu fai parte di questa vita. Allora, quali sono i tuoi obblighi e la tua responsabilità nei confronti di questi luoghi, in cambio del sostentamento e del supporto che ti offrono? Come li metti in atto? È qui tutta la premessa del bioregionalismo.”
La Rete Bioregionale Italiana è stata fondata nella primavera del 1996 nel Parco di Monte Rufeno ad Acquapendente come incontro di varie realtà che si occupavano e si occupano di ecologia profonda e bioregionalismo. Per un’esperienza storica del bioregionalismo italiano, Etain Addey e il bioregionalismo .

domenica 9 marzo 2014

Movimento Donne per il Lago: una nuova voce, un discorso nuovo


Lei, dall’esperienza del suo impegno nella lotta contro i cambiamenti climatici, è sensibile al benessere dell’ambiente. Lei sa che l’unico modo per affrontare i gravi pericoli per l’ambiente e per la vita consiste in un’azione che considera tutti gli aspetti della minaccia e della protezione. Poiché noi donne ci riconosciamo in questo modo di pensare e agire, chiediamo di incontrarla per trovare insieme una strada per salvare il nostro Lago.
Movimento Donne per il Lago.o lasciarlo nel commento.
Noi donne siamo preoccupate per il nostro Lago e lo sentiamo soffrire. Sappiamo, da donne, che la cura e la tutela del Lago necessitano di una visione integrale dei meccanismi che lo minacciano e che lo possono proteggere, così come la cura della vita nei nostri bambini richiede una sensibilità globale a tutti gli aspetti del loro benessere.
Il Lago soffre perché è indifeso. Sebbene circondato da aree protette, è l’unico lago importante dell’Italia centrale che non gode di una protezione specifica.
Ogni giorno acque fognarie si riversano nel Lago e degradano la sua salute. Ogni giorno nasce un progetto che sfrutta e stupra le terre attorno al Lago per scopi di speculazione economica, ignorando l’interesse dell’ambiente e della popolazione. Ogni giorno, tutta una serie di attività umane compromette il benessere del Lago. Le singole amministrazioni locali fanno progetti ed interventi privi di qualsiasi coerenza sinergica con il lago e con le collettività che vivono attorno ad esso: ieri una gara mondiale di pesca sportiva, oggi una trivellazione per geotermia industriale, domani un porto per imbarcazioni a motore... Quotidianamente, noi donne lottiamo contro questi pericoli, agendo spesso in contrasto con le amministrazioni e senza mezzi efficaci di valore normativo che sostengano la nostra difesa del territorio.
Eppure molte disposizioni importanti per assicurare la cura del Lago sono proposte nelle “Misure di Conservazione” del “Piano di Gestione” della Zona di Protezione Speciale Lago di Bolsena, che non vengono applicate perché aspettano, da quattro anni, la ratificazione della Regione. Non esiste un piano strategico per tutelare le acque del Lago, mancano programmi condivisi per la pianificazione energetica e urbanistica. Sentiamo il bisogno urgente che il nostro impegno responsabile in favore della tutela del Lago sia finalmente sostenuto da norme precise e strumenti incisivi.
com o lasciarlo nel commento.
Noi donne siamo preoccupate per il nostro Lago e lo sentiamo soffrire. Sappiamo, da donne, che la cura e la tutela del Lago necessitano di una visione integrale dei meccanismi che lo minacciano e che lo possono proteggere, così come la cura della vita nei nostri bambini richiede una sensibilità globale a tutti gli aspetti del loro benesser

Il Movimento "Donne per il Lago" ha inviato la seguente lettera aperta al Consigliere Regionale Riccardo Valentini, e per conoscenza al Presidente Nicola Zingaretti e alle Consigliere Cristiana Avenali, Daniela Bianchi, Gaia Pernarella, Maria Teresa Petrangolini, Marta Bonafoni, Olimpia Tarzia, Rosa Giancola, Silvana Denicolò, Silvia Blasi e Valentina Corrado. Le donne sono fiduciose di una risposta rapida e propositiva. Per aderire o contribuire con idee e proposte, si può contattare il Movimento su facebook o all’indirizzo mail donneperillago@outlook.com.

 Noi donne siamo preoccupate per il nostro Lago e lo sentiamo soffrire. Sappiamo, da donne, che la cura e la tutela del Lago necessitano di una visione integrale dei meccanismi che lo minacciano e che lo possono proteggere, così come la cura della vita nei nostri bambini richiede una sensibilità globale a tutti gli aspetti del loro benessere.
 Il Lago soffre perché è indifeso. Sebbene circondato da aree protette, è l’unico lago importante dell’Italia centrale che non gode di una protezione specifica.
 Ogni giorno acque fognarie si riversano nel Lago e degradano la sua salute. Ogni giorno nasce un progetto che sfrutta e stupra le terre attorno al Lago per scopi di speculazione economica, ignorando l’interesse dell’ambiente e della popolazione. Ogni giorno, tutta una serie di attività umane compromette il benessere del Lago. Le singole amministrazioni locali fanno progetti ed interventi privi di qualsiasi coerenza sinergica con il lago e con le collettività che vivono attorno ad esso: ieri una gara mondiale di pesca sportiva, oggi una trivellazione per geotermia industriale, domani un porto per imbarcazioni a motore... Quotidianamente, noi donne lottiamo contro questi pericoli, agendo spesso in contrasto con le amministrazioni e senza mezzi efficaci di valore normativo che sostengano la nostra difesa del territorio.
 Eppure molte disposizioni importanti per assicurare la cura del Lago sono proposte nelle “Misure di Conservazione” del “Piano di Gestione” della Zona di Protezione Speciale Lago di Bolsena, che non vengono applicate perché aspettano, da quattro anni, la ratificazione della Regione. Non esiste un piano strategico per tutelare le acque del Lago, mancano programmi condivisi per la pianificazione energetica e urbanistica. Sentiamo il bisogno urgente che il nostro impegno responsabile in favore della tutela del Lago sia finalmente sostenuto da norme precise e strumenti incisivi.
Giustamente, Lei dice che le terre del nostro Lago sono destinate ad essere Terra di Bellezza; la loro vocazione è di donare questa bellezza alle collettività umane. Le sue acque sane e le ricchezze naturali delle sue terre sono un tesoro inestimabile per tutti, che dobbiamo difendere e custodire per i nostri figli.
 Lei, dall’esperienza del suo impegno nella lotta contro i cambiamenti climatici, è sensibile al benessere dell’ambiente. Lei sa che l’unico modo per affrontare i gravi pericoli per l’ambiente e per la vita consiste in un’azione che considera tutti gli aspetti della minaccia e della protezione. Poiché noi donne ci riconosciamo in questo modo di pensare e agire, chiediamo di incontrarla per trovare insieme una strada per salvare il nostro Lago.
 Movimento Donne per il Lago.
 
 
 
 
 
 


 

sabato 8 marzo 2014

A proposito dell'erosione della strada tra Marta e Montefiascone


Pubblichiamo qui una lettera inviataci dalla Signora Tellik di Bolsena a proposito dell'erosione superficiale della strada sterrata sul lungolago tra Marta e Montefiascone, provocata dalle forti piogge attorno all’11 febbraio:

A proposito del dissesto geologico della strada tra Marta e Montefiascone da voi descritto...

Da tempo la Signora di Bolsena, percorrendo le strade attorno al lago, si chiedeva quanto ancora la terra avrebbe sopportato - sostenuto - se stessa, così sbriciolata dal passaggio assiduo di trattori, macchinari pesanti che spaccano e spaccano e polverizzano la terra... per arare, dicono... Certo, la meccanizzazione dell'agricoltura fu una rivoluzione, ma l'occhio di chi vive sulla terra, del contadino che da essa trae il proprio sostentamento,  non dovrebbe restare in allerta, pronto a leggere i segnali del dissesto? E gli alberi? dove sono finite le alberature? e le siepi di piccoli e medi arbusti sulle linee di confine? Chi, come, quando è stato ordinato di abbattere le siepi di confine, mettendo così a repentaglio la capacità di resistenza della terra ai deflussi delle acque piovane? La signora, come tutte le brave massaie, sa bene che in casa propria è sì padrona, ma qualora una parte della sua casa dovesse mettere a repentaglio la sicurezza altrui (una tegola smossa dal vento, un cornicione pericolante), si preoccuperebbe di fare riparazioni; né si sognerebbe di collocare vasi o altro sulla strada comunale, giacché subito i vicini le busserebbero alla porta, pretendendone la rimozione. Per quale motivo dunque i proprietari dei terreni non sono chiamati a sorvegliare che la propria  terra non vada a degradare le strade confinanti? E anzi, ad ogni passaggio di trattore espandono il proprio coltivo, rosicchiando il confine, come se oltre la propria terra non esistesse più nulla. La signora già da tempo è stufa dei discorsi sul degrado geologico, e dello ‘scarica barile’ delle responsabilità, quando il danno (e spesso grave) è già avvenuto. Non sarebbe ora di riportare ognuno alla propria responsabilità, in quanto proprietario e cittadino che vive sì sul proprio bene, ma che non può dimenticare che tutt’attorno vivono altre persone e sussistono spazi comuni?  E tornando al grave dissesto della strada tra Montefiascone e Marta (già di per sé bruttina – come si osa chiamarla ‘strada’? piuttosto una carrareccia!), il proprietario del campo, contadino o imprenditore agricolo (per essere più moderni), forse dovrebbe rivedere le proprie tecniche di intervento sulla terra, che risultano assai antiquate. Persino la signora di Bolsena , che è massaia e nulla più, sa che l’agricoltura del futuro è quella che guarda alla terra in modo globale, e che segue criteri di sinergia degli interventi: prima di continuare  a polverizzare la terra con le arature profonde, un moderno agricoltore misura il livello di permeabilità, che va di pari passo con la fertilità, conta poi quanto concime chimico dovrà riversare su quel terreno impoverito (che dalle nostre parti finisce tutto nel lago, inevitabilmente), e quanti trattamenti dovrà eseguire per combattere i parassiti. Una siepe fitta e variegata è la soluzione naturale per ‘distogliere’ i parassiti dal coltivo ed ospitare avifauna che di essi si nutre; la stessa siepe di confine costituisce la più efficace barriera di sostegno della terra stessa in caso di grandi piogge; minori saranno i costi di intervento antiparassitario, che andranno a bilanciare la perdita eventuale di qualche metro quadro di coltivo che la siepe avrà eventualmente sottratto (anche se il dubbio è forte circa la terra sottratta negli anni sui confini a scapito delle strade comunali). Non è vero che il mondo è sempre uguale: tutto si trasforma, e prima che la natura ci travolga con la sua congenita trasformazione, dovremmo noi umani provvedere e prevenire la trasformazione (che spesso è accelerata proprio da noi stessi).  La signora di Bolsena nella sua ingenuità da massaia, è convinta che proprio nella capacità di osservazione e trasformazione risiede il proprio valore umano, quel valore che forse avrebbe consentito ai dinosauri di evitare l’estinzione. Avvolte le sembra che certe persone si comportino come dinosauri, e prova pena nell’immaginare la loro inevitabile estinzione. E per concludere, la signora di Bolsena si chiede: ma che ci sta a fare un gigantesco copertone di trattore in mezzo alla strada? Da dove sbuca? Non è forse vietato abbandonare copertoni in natura? E quel dinosauro del suo proprietario verrà a rimuoverlo dalla pubblica via? Chissà?!   Maria Tellik 

 
Alcune foto e commenti per illustrare quanto esposto nella lettera:
 
 
 
ristagni d'acqua nel campo confinante con la strada
 Le interruzioni della strada – letti di scolo scavati dalle acque – sono distribuiti lungo tutto un suo tratto (dalla fine della strada asfaltata nel Comune di Marta (all'altezza della stazione 14 del COBALB) fino al (ex-)ristorante Il Faro (Comune di Montefiascone)). Questo tratto confina, verso l’entroterra, con un lungo campo lavorato che si estende fino al piede della collina coperta di boschi. Vari punti di ristagno d’acqua indicano che il suolo nel campo è poco permeabile, in tutta probabilità dovuto a tecniche colturali inadatte. Questo fatto, assieme all’assenza di una bordura di alberi lungo il campo (che da una parte con le loro radici profonde danno stabilità al terreno, dall’altra aumentano la permeabilità del suolo e la capacità di infiltrazione), fa sì che le acque, concentrate in alcuni punti, defluiscono verso il Lago scavando fossi nella strada bianca.

 

 
L'ultima foto mostra che anche qui il dissesto idrogeologico è dovuto all'intervento dell'uomo: Il passaggio di mezzi pesanti (utilizzati nei lavori legati al taglio di un bosco) ha creato un sentiero (che corre lungo il piede della collina e raggiunge la strada bianca del lungolago) con superficie impermeabile e abbassata relativo ai terreni adiacenti: un letto artificiale che convoglia le acque di scorrimento dalla collina attraverso la strada bianca.
 

 
Due osservazioni per finire:

- tra il punto di erosione più appariscente e l’inizio della strada asfaltata nel territorio di Montefiascone, la strada bianca è accompagnata da un boschetto, ed è rimasta intatta;
- in due punti di ristagno d’acqua si sente puzza di fogne; entrambi distano dalla stazione 14 (dov’è avvenuto il guasto segnalato in un post precedente) di alcune centinaia di metri. Da verificare se ciò è dovuto a un ulteriore guasto dell’anello circumlacuale.
 
 
Un'ultima foto che ci ha gentilmente trasmesso Quinto Ficari, presa immediatamente dopo le forti piogge attorno al 11 febbraio: Si vede chiaramente il grande sversamento proveniente dalla stazione 14 del COBALB (nascosta dietro alla sporgenza boschiva a sinistra), e si vede il campo tra bosco e strada di cui parlavamo sopra, che inizia dalla stazione a si estende verso sinistra (verso Montefiascone). Si vede anche che le acque dal campo raggiungono il Lago lungo tutta la sua riva, però non in modo uniforme: in basso a sinistra si scorge lo sversamento importante dovuto al letto scavato nel punto della penultima foto.