mercoledì 27 febbraio 2013

C'è un limite a tutto

riceviamo e pubblichiamo un contributo a a cura di: Enrico Calvario - Lynx Natura e Ambiente srl
 
Il Lago di Bolsena è un ecosistema spazialmente limitato e a lento ricambio idrico e sempre di più sono evidenti segnali di forte declino a seguito delle numerose attività e criticità che insistono sul bacino; crediamo sia giunto il momento di porsi seriamente il problema del "limite" e quindi di assumere la consapevolezza, a tutti i livelli politici, che è diventata non più rimandabile  una seria e ragionata "programmazione" e "regolamentazione" delle attività che insistono sul lago.
Non farlo significa a nostro avviso arrivare a breve (5-10 anni) al "crash" dell'ecosistema, con tutte le conseguenze ambientali ed economiche (soprattutto legate al turismo) che inevitabilmente ne deriverebbero. Queste le principali problematiche da affrontare:

 
1) è necessario assumere un atteggiamento di consapevolezza da parte delle 7 amministrazioni comunali che insistono sul lago, mettendo da parte i campanilismi, e comprendere che è diventata irrinunciabile una gestione unitaria e condivisa delle problematiche del bacino lacustre (non 7 orticelli ma un grande orto unico da rimettere in sesto ... con il contributo, la fatica, l' impegno di tutti);

2) la qualità dell'acqua è al centro dell'azione del SALVALAGO, dobbiamo continuare nella direzione intrapresa finché non si è raggiunto l'obiettivo ;

3) la gestione della quantità dell'acqua e la regolazione del livello del lago a Marta; è evidente che la gestione proposta dall'ARDIS non si è rivelata adeguata per le diverse esigenze che insistono sul lago (sia di carattere ambientale che di carattere economico/turistico). Nel Piano di Gestione della ZPS (redatto congiuntamente dall'Università della Tuscia e da Lynx Natura e Ambiente srl) è stato proposto un sistema di regolazione che portava a risultati completamente diversi, molto più vicini ai ritmi ed ai livelli naturali del bacino, e per questo più semplice da attuare e sicuramente più efficace;

4) è necessario occuparsi in maniera unitaria della gestione della fascia ripariale (piante acquatiche, cannucce di palude, salici, pioppo e ontani); quella fascia, importantissima per numerose specie animali, ma importantissima anche perché funziona da ecosistema filtro e tampona rallentandolo, l'ingresso dei prodotti chimici derivati dall'agricoltura nel lago. Questa fascia attualmente è "al lumicino", a partire dalle cannucce di palude; occorre comprendere che non si può continuare ad oltranza ad aggiungere piccole strutture turistiche e a sottrarre habitat naturale.
Va posto il problema del limite (cui sopra accennavamo) e le 7 amministrazioni dovrebbero ragionare insieme sull'utilizzo dell'interfaccia terra/lago con una pianificazione integrata che preveda zone di totale salvaguardia, zone di possibile ulteriore sviluppo, zone in cui ripristinare l'ecosistema ripariale. Un unico Piano di Utilizzo degli Arenili, in cui sia posta la questione ecologica, ed unico per i 7 comuni.

5) Occorre mettere a punto, con il contributo delle Amministrazioni e della Società Civile, un serio, ragionato e condiviso progetto di sviluppo e di rilancio del Lago, che metta al centro il fatto che stiamo parlando di un ecosistema che può offrire molteplici "servizi" (compresi quelli turistici!) purché lo si rispetti e gli si permetta di "funzionare". Un progetto che coinvolga l'agricoltura (favorendo e sviluppando in modo significativo quella integrata e/o biologica), la pesca e i pescatori (formazione e crescita culturale della categoria), il turismo (ampliando le nicchie settoriali che coprono temporalmente tutto l'arco dell'anno), la natura (con il rispetto e il ripristino degli ecosistemi ripariali e la risoluzione del problema della qualità e della gestione dei livelli del lago). Un progetto che parta e dia voce al territorio.

 




 
 

 

 

mercoledì 13 febbraio 2013

Un lago da bere - per risolvere il problema arsenico

pubblichiamo qui un nostro contributo al N° 12 del RadioGiornale
Per superare l’emergenza arsenico nell’Alto Lazio, la Regione ha optato per l’allestimento di dearsenificatori in tutte le linee di rifornimento, dove l’acqua contiene concentrazioni di arsenico superiori ai limiti di legge. Soluzione efficace, rapida e onerosa (costi totali di 37 milioni di Euro, più costi di gestione), adattata (probabilmente) in seguito a uno studio di fattibilità preparato dall’università “La Sapienza”. Una soluzione “brute force”, ci sembra, che non tiene conto di modalità alternative, più differenziate e democratiche, meno costose.
Ignoriamo per quale motivo siano state respinte le varie soluzioni alternative al problema, tra cui la miscelazione delle acque degli acquedotti con acqua del Lago di Bolsena (o con altre fonti a bassa concentrazione d’arsenico) e la riduzione dei prelievi idrici.
L’acqua del Lago contiene arsenico in concentrazioni relativamente basse, di circa 6 µg/l. Miscelandola nella quantità opportuna con le acque degli acquedotti ad alta concentrazione di arsenico, si otterrebbe acqua ad uso umano che soddisfa le norme di potabilità. Bisognerebbe osservare due condizioni: l’acqua del Lago deve essere potabilizzata a sua volta, e la somma dei prelievi idrici dal bacino idrogeologico del Lago non deve aumentare.
 
In principio, l’acqua del Lago, pescata lontano da fonti d’inquinamento, è potabile. Il Comune di Montefiascone, che copre all’incirca metà dei suoi consumi con acqua del Lago, ha installato un depuratore a monte delle utenze, soprattutto per abbattere un eventuale carico batteriologico. Per contenere i costi d’investimento infrastrutturale, sarebbe concepibile di allestire un punto di miscelazione con l’acqua del Lago a Montefiascone, utilizzando (ed eventualmente potenziando) le strutture esistenti, e un altro a Monte Bisenzio. Lì attualmente si uniscono le linee di rifornimento dalle Vene (San Lorenzo) e dai Pozzi di Bisenzio, e da lì parte l’acquedotto per approvvigionare Capodimonte, Marta, Viterbo e alcuni Comuni della costa tirrenica.
È chiaro che questa soluzione richiederebbe la tutela massima della salute del Lago e del suo ecosistema, in tutti i suoi aspetti. In particolare, a parte di evitare ogni inquinamento del Lago, significherebbe di evitare rigorosamente ogni contaminazione della falda acquifera superficiale.
È altrettanto ovvio che, per non prosciugare il Lago e il suo emissario, i prelievi complessivi non dovrebbero aumentare: ai prelievi diretti dal Lago deve corrispondere una diminuzione dei prelievi dai pozzi e fonti nel bacino: si tratta di sostituire l’acqua da pozzi profondi con un alto carico di arsenico con l’acqua della falda superficiale, di cui la parte affiorante è il lago.
Come illustrato dal professor Piscopo dell’università di Viterbo durante il recente convegno a Montefiascone, l’aumento della concentrazione dell’arsenico nelle acque ad uso umano della nostra zona è dovuto, almeno in parte, all’aumento dei consumi idrici. Oggi, ci procuriamo l’acqua da pozzi sempre più profondi, attingiamo quindi sempre di più ad acque fossili con alte concentrazioni di arsenico. Allo stesso tempo, con l’aumento della portata dei pozzi, favoriamo le infiltrazioni nella falda di rifornimento da falde più profonde e fossili, a causa della notevole depressione creata attorno al pozzo.
Per invertire questa tendenza non sostenibile, occorre una politica di riduzione globale dei consumi, sia nelle utenze ad uso idropotabile, sia nell’agricoltura, mirando ad un uso consapevole della risorsa preziosa; ciò contribuirebbe, a lungo termine, a risolvere il problema dell’inquinamento delle nostre acque e ci ricondurrebbe al regime del “Lago da bere” dei nostri nonni: loro bevevano ancora l’acqua sana, senza arsenico.