Per
superare l’emergenza arsenico nell’Alto Lazio, la Regione ha optato per
l’allestimento di dearsenificatori in tutte le linee di rifornimento, dove
l’acqua contiene concentrazioni di arsenico superiori ai limiti di legge.
Soluzione efficace, rapida e onerosa (costi totali di 37 milioni di Euro, più
costi di gestione), adattata (probabilmente) in seguito a uno studio di
fattibilità preparato dall’università “La Sapienza”. Una soluzione “brute
force”, ci sembra, che non tiene conto di modalità alternative, più
differenziate e democratiche, meno costose.
Ignoriamo
per quale motivo siano state respinte le varie soluzioni alternative al
problema, tra cui la miscelazione delle acque degli acquedotti con acqua del
Lago di Bolsena (o con altre fonti a bassa concentrazione d’arsenico) e la
riduzione dei prelievi idrici.
L’acqua
del Lago contiene arsenico in concentrazioni relativamente basse, di circa 6
µg/l. Miscelandola nella quantità opportuna con le acque degli acquedotti ad
alta concentrazione di arsenico, si otterrebbe acqua ad uso umano che soddisfa
le norme di potabilità. Bisognerebbe osservare due condizioni: l’acqua del Lago
deve essere potabilizzata a sua volta, e la somma dei prelievi idrici dal
bacino idrogeologico del Lago non deve aumentare.
In
principio, l’acqua del Lago, pescata lontano da fonti d’inquinamento, è
potabile. Il Comune di Montefiascone, che copre all’incirca metà dei suoi
consumi con acqua del Lago, ha installato un depuratore a monte delle utenze,
soprattutto per abbattere un eventuale carico batteriologico. Per contenere i
costi d’investimento infrastrutturale, sarebbe concepibile di allestire un
punto di miscelazione con l’acqua del Lago a Montefiascone, utilizzando (ed
eventualmente potenziando) le strutture esistenti, e un altro a Monte Bisenzio.
Lì attualmente si uniscono le linee di rifornimento dalle Vene (San Lorenzo) e
dai Pozzi di Bisenzio, e da lì parte l’acquedotto per approvvigionare
Capodimonte, Marta, Viterbo e alcuni Comuni della costa tirrenica.
È
chiaro che questa soluzione richiederebbe la tutela massima della salute del
Lago e del suo ecosistema, in tutti i suoi aspetti. In particolare, a parte di
evitare ogni inquinamento del Lago, significherebbe di evitare rigorosamente
ogni contaminazione della falda acquifera superficiale.
È
altrettanto ovvio che, per non prosciugare il Lago e il suo emissario, i
prelievi complessivi non dovrebbero aumentare: ai prelievi diretti dal Lago
deve corrispondere una diminuzione dei prelievi dai pozzi e fonti nel bacino:
si tratta di sostituire l’acqua da pozzi profondi con un alto carico di
arsenico con l’acqua della falda superficiale, di cui la parte affiorante è il
lago.
Come
illustrato dal professor Piscopo dell’università di Viterbo durante il recente
convegno a Montefiascone, l’aumento della concentrazione dell’arsenico nelle
acque ad uso umano della nostra zona è dovuto, almeno in parte, all’aumento dei
consumi idrici. Oggi, ci procuriamo l’acqua da pozzi sempre più profondi,
attingiamo quindi sempre di più ad acque fossili con alte concentrazioni di
arsenico. Allo stesso tempo, con l’aumento della portata dei pozzi, favoriamo
le infiltrazioni nella falda di rifornimento da falde più profonde e fossili, a
causa della notevole depressione creata attorno al pozzo.
Per
invertire questa tendenza non sostenibile, occorre una politica di riduzione
globale dei consumi, sia nelle utenze ad uso idropotabile, sia
nell’agricoltura, mirando ad un uso consapevole della risorsa preziosa; ciò contribuirebbe,
a lungo termine, a risolvere il problema dell’inquinamento delle nostre acque e
ci ricondurrebbe al regime del “Lago da bere” dei nostri nonni: loro bevevano
ancora l’acqua sana, senza arsenico.
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