Questo post è il primo di tre articoli di approfondimento alla petizione "STOP INCENTIVI ALLA GEOTERMIA PERICOLOSA E SPECULATIVA".
In questo primo post tentiamo di rispondere alla domanda:
La geotermia è una fonte di energia elettrica rinnovabile?
Nel secondo post ci chiediamo:
La geotermia è una fonte di energia elettrica sostenibile?
Il terzo post tratta la questione dell’incentivazione della geotermia industriale.
Premesse
e domande
Il decreto FER1 del 4 luglio 2019, che definisce modalità e criteri per l'incentivazione dell'energia elettrica da fonte rinnovabile, ha escluso la geotermia elettrica dall’incentivazione.
FER1 ha l’obiettivo di sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili per il raggiungimento dei target europei al 2030 definiti nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) attraverso la definizione di incentivi e procedure indirizzati a promuovere l’efficacia, l’efficienza e la sostenibilità, sia in termini ambientali che economici, del settore.
Il ministro dell’Ambiente Costa: “È una vera e propria rivoluzione copernicana, un cambio di paradigma. Si premia l’autoconsumo di energia per gli impianti su edificio fino a 100 kW e l’eliminazione dell’amianto, si incentiva la produzione di energia sostenibile oltre che rinnovabile. Questo decreto è una grande opportunità di sviluppo e di tutela ambientale”.
Rispondendo a forti pressioni delle lobby del settore geotermoelettrico durante gli ultimi mesi, il governo sta preparando un decreto FER2, per il quale i ministri, secondo le voci, ritengono “incentivabile sia la coltivazione della geotermia con totale reiniezione dei fluidi, dove tecnicamente possibile, sia quella tradizionale dove sono possibili innovazioni che consentano il drastico abbattimento degli impatti ambientali”.
Gli obiettivi dichiarati dei decreti FER1 e FER2 sono, quindi, il sostegno alla produzione di energia da fonti rinnovabili, la promozione della sostenibilità e l’accento su efficacia ed efficienza energetica.
Ci chiediamo:
1
- La geotermia è una fonte rinnovabile di energia elettrica?
2
- La produzione di energia elettrica da fonti geotermiche è sostenibile?
3
- Quale forma di geotermia è da incentivare?
Per chiarire i concetti “rinnovabile” e “sostenibile”, premettiamo che:
― le risorse energetiche rinnovabili sono risorse naturalmente rinnovate (rigenerate, restaurate) in una scala temporale umana (tipicamente una generazione) [1];
― la sostenibilità è la caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto a un certo livello indefinitamente, tenendo conto dei fattori ambientale, economico e sociale.
Ancora due premesse:
In quanto segue, parliamo di geotermia “profonda”, con pozzi che raggiungono un serbatoio geotermico “profondo” (dell’ordine di 1 km e oltre), dove il fluido geotermico ha una temperatura da circa 100 °C fino a 150 °C (“media entalpia”) e sopra 150 °C (“alta entalpia”). Presupponiamo anche un utilizzo industriale e intensivo della risorsa.
Inoltre, parliamo di impianti geotermici che producono elettricità, cioè di impianti geotermoelettrici.
1 - La geotermia è una fonte di energia elettrica rinnovabile?
L’utilizzo del calore della Terra (della geo-termia, dal greco gê ― Terra e thérmē ― calore) nella sua forma naturale, come ad esempio nelle terme alimentate da sorgenti naturali è certamente rinnovabile, poiché il sistema naturale è in equilibrio.
Più difficile, però, è valutare la rinnovabilità quando l’utilizzo diventa un’attività industriale, estrattiva; quando c’è disturbo dell’equilibrio naturale.
La risorsa geotermica è costituita dal vettore fluido geotermico (acqua e/o vapore d’acqua contenente varie sostanze che provengono dalle formazioni geologiche con le quali il fluido è venuto a contatto) e dal suo contenuto calorico. Considerando un dato modo di utilizzo, la risorsa geotermica è rinnovabile quando tutti i processi industriali che sottraggono fluido e calore da un lato, e tutti i processi che permettono il rinnovo naturale di fluido e calore dall’altro, si uguagliano in una scala temporale umana.
Ma anche eventuali alterazioni irreversibili della formazione geologica che contiene il vettore (il “serbatoio geotermico”), indotte durante la realizzazione dell’impianto geotermico, o dall’esercizio della centrale, possono influire sulla rinnovabilità della risorsa geotermica. In più, alterazioni indotte nel sottosuolo possono influire indirettamente sulla rinnovabilità di altre risorse naturali, come per esempio della risorsa di acqua potabile negli acquiferi superficiali.
Quando la risorsa è utilizzata come fonte industriale di energia, la sua rinnovabilità è determinata dalle modalità di sfruttamento e dalle caratteristiche della risorsa.
Le modalità di utilizzo geotermoelettrico sono diverse a seconda del tipo di impianto:
A ― di “prima generazione”, in centrali a
“ciclo aperto” (tra cui le centrali dette “flash”),
B ― di “seconda generazione”, in centrali a
“ciclo chiuso” (centrali dette “binarie”),
C ― di “terza generazione”, in sistemi
denominati DHE o DHHE (down hole exchanger, deep hole heat exchanger…).
D ― innovative e sperimentali: geotermia "termoelettrica" (effetto Seebeck), EAVOR_loop…
Tutte queste modalità sono da definire “estrattive” ma hanno caratteristiche diverse per quanto riguarda la loro rinnovabilità e sostenibilità.
A – Nelle centrali “a ciclo aperto”, il fluido prelevato dai pozzi profondi aziona le turbine per produrre energia elettrica. Qui si possono distinguere due categorie di impianti che utilizzano il fluido presente in serbatoi caldi e profondi (“sistemi idrotermali”):
― a vapore secco, o a vapore dominante ((direct) dry steam), dove la fase continua del fluido è il vapore d’acqua;
― ad acqua dominante (“flash”), dove l’acqua è la fase continua del fluido.
Negli impianti a vapore secco, il vapore surriscaldato (fino a 350 °C) e sotto alta pressione aziona direttamente la turbina che genera l’elettricità. Esempi famosi di questi impianti sono quelli di Larderello e quello di The Geysers in California.
Negli impianti flash, il fluido geotermico, prelevato in fase liquida e sotto pressione (liquido saturo) è “laminato” alla condizione di vapore saturo (fase liquida e fase vapore in equilibrio) - il processo “flash” (evaporazione flash). Il vapore aziona la turbina. Tutti gli impianti della zona dell’Amiata sono di questo tipo.
In entrambi i casi, dopo un passaggio attraverso vari filtri e dispositivi di mitigazione d’impatto, una grande parte del fluido raffreddato viene rilasciata nell’atmosfera.
Rinnovamento del fluido:
Solo se la ricarica naturale della quantità di fluido estratto ― processo complesso dominato (in sistemi dinamici) da infiltrazioni da falde superficiali alimentate dalle piogge ― avviene a un tasso compatibile con quello dell’estrazione, questo processo può essere definito “rinnovabile”. Molto spesso non è così, perché la gestione della risorsa (in particolare il volume di fluido estratto per unità di tempo a netto della quantità di fluido reiniettato) è determinata in funzione della convenienza economica e tecnologica, ma non della rinnovabilità.
Rinnovamento del calore:
Il rinnovamento del calore sottratto dal serbatoio dipende dalle caratteristiche geologiche delle formazioni che circondano e ospitano il fluido, dalla quantità di calore estratto per unità di tempo e dai processi naturali e “perenni” del suo rinnovamento, che sono la radioattività della crosta terrestre e il flusso termico dall’interno della Terra. In genere, si osserva un calo termico, più o meno pronunciato, nelle formazioni di estrazione, dovuto anche qui all’assenza di una gestione responsabile della risorsa.
Alterazioni indotte nel sottosuolo:
L’esercizio di centrali geotermoelettriche, dove vengono estratte ed eventualmente reiniettate grandi quantità di fluidi, ad alte pressioni in sottosuoli di struttura complessa e fragile, inevitabilmente crea alterazioni nelle formazioni geologiche interessate. Queste modificazioni strutturali, segnalate da micro- e macrosismi, sono irreversibili e possono modificare, per esempio, le strutture delle falde acquifere e i flussi ipogei.
Come esempio, concreto e attuale, dell’utilizzo della risorsa in centrali geotermoelettriche, quale citare, se non i campi geotermici della Toscana?
Gli impianti sono distribuiti su due aree principali: quella del Monte Amiata (tutti impianti “flash”) e quella dell’area geotermica “tradizionale” con i poli Larderello (a vapore secco), Lago Boracifero e Radicondoli-Travale. Nel 2018, i 36 gruppi geotermoelettrici hanno prodotto circa 6 GWh di energia elettrica.
Nella zona più vicina al Lago di Bolsena, sull’Amiata, il livello della falda geotermica è diminuito drasticamente negli ultimi 50 anni, segno che i processi di ricarica naturali non riescono a rinnovare la risorsa. L’esperienza amiatina insegna che i pozzi di produzione si esauriscono in media in 20-30 anni e devono essere sostituiti con nuovi pozzi, in altre zone o a maggiore profondità; ad oggi sono stati trivellati più di mille pozzi. Assieme al livello del fluido diminuisce anche il contenuto calorico nel serbatoio.
In più, l’estrazione intensa ha causato trasformazioni irreversibili nel sottosuolo che si riflettono anche in superficie con un importante abbassamento di terreno (subsidenza) e alterazioni del termalismo. In modo indiretto, lo sfruttamento ha contribuito ad un abbassamento importante del livello piezometrico della falda acquifera superficiale con perdita di portata o esaurimento delle sorgenti alte.
Riassumiamo: lo sfruttamento attuale della geotermia in centrali “a ciclo aperto”, sia nelle centrali dell’Amiata che nel mondo, in genere è legato
- al consumo del fluido geotermico,
- al consumo del calore della risorsa,
- e al consumo della risorsa di acqua potabile,
tutto ciò in maniera tale che le risorse non vengono rinnovate naturalmente in tempi comparabili alla scala umana [2].
In più, questo sfruttamento crea alterazioni irreversibili nel sottosuolo.
Responsabile di questo insieme di fatti è l’assenza generalizzata di linee guida vincolanti che stabiliscono criteri di gestione in grado di assicurare il rinnovo della risorsa in tempi comparabili alla scala umana.
B - Nelle centrali a “ciclo chiuso”, il fluido geotermico caldo viene estratto nel pozzo di produzione e pompato nella centrale dove cede il suo calore, per mezzo di uno scambiatore di calore, a un vettore secondario. Il fluido raffreddato viene reiniettato nel sottosuolo in un punto lontano dal punto di produzione e chiude il ciclo compiendo un passaggio nel sottosuolo per tornare al punto di estrazione, riscaldandosi strada facendo. Solo il vettore secondario partecipa direttamente nei processi di generazione di energia elettrica.
Si tratta quindi di un sistema “binario”, a due circuiti separati l’uno dall’altro, senza emissione nell’ambiente del fluido geotermico e degli inquinanti che contiene.
Rinnovamento del fluido:
Solo se il fluido geotermico può tornare, senza impedimento, dal punto di reiniezione al punto di estrazione, il sistema è veramente a “ciclo chiuso”.
Per tutti i progetti proposti (tali centrali non sono ancora state realizzate in Italia), la risorsa geotermica utilizzata per la produzione di elettricità si trova in formazioni geologiche di morfologia complessa che hanno subito recenti sconvolgimenti. Perciò il fluido reiniettato rischia di non tornare nella formazione di estrazione.
Nei sistemi a “rocce calde secche” (HDR: hot dry rock), viene iniettata acqua ad alta pressione negli strati profondi dove crea un sistema di fratture e faglie nella roccia e si riscalda. Da questo serbatoio geotermico artificiale il fluido è prelevato in un secondo pozzo distante dal primo, cede il suo calore nella centrale e viene reiniettato formando un “ciclo chiuso”. Qui però, una certa percentuale dell’acqua introdotta si disperde (comunque in Italia tale fratturazione non è consentita).
Rinnovamento del calore:
Come per i sistemi a ciclo aperto, dipende dalla gestione della risorsa che di solito e tale da indurre cali termici non rinnovabili in tempi comparabili alla scala umana.
Alterazioni indotte nel sottosuolo:
Le alterazioni e le loro conseguenze possono essere persino più accentuate nelle centrali a ciclo chiuso che in quelle a scarico libero, per due motivi:
― i flussi di liquido geotermico estratto e reiniettato di solito sono più alti, nel tentativo di compensare la minore efficienza energetica;
― l’iniezione è la fase del processo più critica del ciclo ed è quella che provoca gli sconvolgimenti nel sottosuolo e i sismi indotti più forti.
Per le centrali progettate in zone con sottosuoli di struttura complessa e fragile, c’è quindi il rischio reale di alterazioni nelle formazioni geologiche interessate. Queste modificazioni strutturali, segnalate da micro- e macrosismi, sono irreversibili e possono modificare per esempio le strutture delle falde acquifere e i flussi ipogei.
In Italia non sono ancora in esercizio centrali geotermoelettriche a ciclo chiuso. Le esperienze dall’estero, con numerose centrali in Francia e Germania, non sono trasferibili automaticamente all’Italia perché lì gli impianti per lo più si trovano (ne parleremo più avanti) in zone sul piano geomorfologico completamente diverse da quelle della Toscana: zone con struttura geologica semplice e tranquilla, con bassa sismicità naturale, come i bacini sedimentari di Parigi o di Monaco di Baviera, dove l’acquifero geotermico statico si trova a grande profondità. Problemi di rinnovabilità nascono dallo sfruttamento eccessivo del calore nel serbatoio; recentemente questo problema si affronta con modellazioni e proiezioni numeriche con l’intento di stabilire criteri di gestione della risorsa.
Per riassumere, nelle centrali in progetto in Italia, lo sfruttamento della geotermia in centrali “a ciclo chiuso” non assicura il rinnovo della risorsa in tempi comparabili alla scala umana.
Anche se il consumo del fluido con rilascio in atmosfera è assente, c’è il rischio che il fluido non torni nel serbatoio di provenienza e quindi non rinnovi la risorsa e che, invece, la alteri. Per quanto riguarda il consumo del calore, in assenza di proiezioni affidabili (molto difficili a causa della morfologia geologica complessa nelle zone tradizionali di sfruttamento geotermico) la risorsa rischia di non venire rinnovata in tempi comparabili alla scala umana.
In più, questo tipo di sfruttamento rischia di creare alterazioni irreversibili nel sottosuolo addirittura più importanti che nelle centrali a ciclo aperto, e con ciò di intaccare le falde superficiali e consumare la risorsa di acqua potabile.
C - Nella tecnologia di “terza generazione”, lo scambiatore di calore viene inserito nella perforazione profonda. Il fluido geotermico non viene né estratto né movimentato tramite flussi ipogei indotti, ma cede il suo calore al fluido secondario nello scambiatore. Solo questo fluido secondario viene pompato nella centrale di generazione elettrica.
Anche qui, la rinnovabilità dipende da quella del calore del serbatoio e quindi dalla gestione della risorsa. Modificazioni irreversibili delle strutture geologiche sono in genere piccole.
D - Per gli impianti di “quarta generazione” non disponiamo ancora delle informazioni necessarie per valutare la loro rinnovabilità.
Conclusione
La geotermia termoelettrica può, sotto certe condizioni, essere una fonte di energia elettrica rinnovabile
- se la gestione della risorsa geotermica assicura il suo rinnovo in tempi comparabili alla scala umana, con totale reiniezione del fluido nel serbatoio di provenienza e un tasso di estrazione compatibile con il suo naturale rinnovo;
- se l'esercizio dell'impianto non compromette la rinnovabilità di altre risorse, ad esempio della risorsa acqua potabile delle falde acquifere superficiali.
Constatiamo però, che lo sfruttamento della risorsa geotermica per la produzione di energia elettrica oggi, in Italia come nel mondo, in quasi tutti i casi, non rispetta questi criteri di rinnovabilità. In Italia, la progettazione delle centrali attuali e future è dominata da considerazioni di convenienza economica, di efficienza energetica e facilità tecnologica mentre è assente anche il minimo tentativo di definire criteri per l’uso rinnovabile della risorsa.
Considerare la geotermia oggi, in Italia, fonte rinnovabile per la produzione di energia elettrica - nel senso che la risorsa geotermica è usata in maniera tale da garantire il suo rinnovo in tempi della scala umana - non è giustificato.
[1]
Parliamo di rinnovabilità (valutare la rinnovabilità, la rinnovabilità è determinata …) nel senso che la risorsa (di fluido geotermico, di calore, di acqua potabile) è usata in maniera tale da garantire che sia rinnovata in tempi della scala umana. Altri, per esprimere lo stesso concetto, parlano di "uso sostenibile" della risorsa o di "uso durevole", di "durevolezza".
Esiste una certa confusione a riguardo del termine e del suo significato. La Direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili definisce nel suo Art. 2, comma 1):
“energia da fonti rinnovabili» oppure «energia rinnovabile»: energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare (solare termico e fotovoltaico) e geotermica, energia dell'ambiente, energia mareomotrice, del moto ondoso e altre forme di energia marina, energia idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas;”
Ciò significa che la fonte primaria della "energia rinnovabile" è praticamente inesauribile - la radiazione del sole, il calore della Terra - e che è in grado di assicurare durevolmente la disponibilità delle varie forme di energia.
Ciò non significa che la Direttiva considera l’energia geotermica “rinnovabile” a priori, per definizione, ma piuttosto che per la sua natura presenta la possibilità di essere rinnovata in tempi della scala umana.
Se "l'energia geotermica" (l'elettricità, il calore) fornita da un certo impianto è veramente rinnovabile (o sostenibile in questo senso), dipende dalla gestione concreta di una risorsa specifica. Questo senso diventa chiaro anche nella discussione dell'energia dalla biomassa (considerata "rinnovabile" anch'essa - la Direttiva (comma 102 nei considerata) richiede specificamente che "la raccolta del legno sia effettuata in modo sostenibile nelle foreste in cui la rigenerazione è garantita".
[2]
Alcuni autori hanno studiato la problematica e arrivano a simili conclusioni. L. Rybach e M. Mongillo, in: Geothermal Sustainability - A Review with Identified Research Needs, GRC Transactions, vol. 30 (2006), p. 1083, stimano il tempo di rinnovo della risorsa per centrali a ciclo aperto ad alcune centinaia di anni.
non se ne accorto nessuno?? sul blod dicono: Le modalità di utilizzo geotermoelettrico sono diverse a seconda del tipo di impianto: C ― di “terza generazione”, in sistemi denominati DHE o DHHE (down hole exchanger, deep hole heat exchanger…). ma in realta la terza generazione è L'EGS = La tecnologia EGS, detta anche "geotermico artificiale" o "di terza generazione" espande il concetto tradizionale attraverso l'iniezione di acqua alla profondità di 7,5 Km....La tecnologia EGS presenta però anche qualche problema: nel dicembre del 2006, in Svizzera, è stato sospeso un progetto chiamato "Deep Heat Mining", anch'esso basato sulla EGS, in quanto l'iniezione di acqua nel sottosuolo ha generato un terremoto di 3,4 gradi sulla scala Richter, causando anche danni strutturali ad alcuni edificihttps: //www.freshplaza.it/article/4007325/google-annuncia-investimenti-nell-enhanced-geothermal-systems-egs/
RispondiEliminacredo che ci sia un equivoco nell'uso di "terza generazione". Nell'articolo si usa (come in molti articoli anche internazionali) per impianti che non estraggono né iniettano fluido geotermico dal sottosuolo. Gli impianti EGS ("enhanced geothermal system" goffamente tradotto in "sistema geotermico migliorato") nell'articolo fanno parte della "seconda generazione". Questione di definizioni ...
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