sabato 29 settembre 2012

Geotermia – ritorna l’incubo?


Negli ultimi anni c’è stata una “esplosione di richieste per nuovi permessi di ricerca di risorse geotermiche” (Unione Geotermica Italiana, novembre 2011) in Italia, favorita dall’incentivazione (i “certificati verdi”) e nuove disposizioni legislative (D. lgs. n. 22 11/2/2010). Una parte consistente di queste richieste riguarda il Lazio (34 richieste per una superficie totale di 3200 km²) e in particolare la zona del Lago di Bolsena: i Comuni di Grotte di Castro, San Lorenzo, Gradoli, Valentano, Canino, Cellere, Arlena di Castro, Capodimonte, Marta, Montefiascone, Viterbo, Bagnoregio, Celleno, Bolsena, Castel Giorgio, Torre Alfina... Attori sono varie società: Enel Green Power, Sorgenia, ERG Renew, Repower, Power Field, Geotermica, Tombelle e altre. A Celleno è stato rilasciato un permesso di ricerca geotermica in favore della Geoenergy S.r.l. in una vasta area che tocca i comuni di Bagnoregio, Civitella d’Agliano, Graffignano, Celleno, Montefiascone e Viterbo. Il progetto prevede nella fase successiva la perforazione di un pozzo “Celleno 1” (3000 m di profondità) in località Salcione. Il permesso rilasciato a Grotte di Castro riguarda i Comuni di Grotte, San Lorenzo Nuovo, Bolsena, Gradoli, Onano, Acquapendente e Orvieto e prevede la perforazione di due pozzi esplorative / di produzione.

Lo sfruttamento delle risorse geotermiche spesso ha un grave impatto sull’ambiente e sulla salute della popolazione, come ci insegna il passato (centrale di Latera) e il presente nella zona dell’Amiata (vedi SOS Geotermia, coordinamento dei movimenti per l'Amiata).
Invitiamo i cittadini a vigilare sulle attività dei Comuni e delle società.

Riproduciamo qui sotto un articolo apparso su “Lo Jonco”, il bollettino dell’associazione La Porticella, in agosto 2012.

 Geotermia – ritorna l’incubo?

Ci risulta che in occasione delle Conferenze di Servizi presso la Regione Lazio sono stati autorizzati studi per lo sfruttamento dell’energia geotermica nelle immediate adiacenze del lago di Bolsena. Sono passati dieci anni dalla brutta esperienza della centrale geotermica di Latera e molti cittadini ricordano ancora il puzzo di uova marce che da Latera arrivava a Marta, Montefiascone e Bolsena. Questa volta però si tratta di una nuova tecnologia “inodore” che sfrutterebbe solo il calore della falda geotermica senza l’emissione di gas in atmosfera. Permane però il pericolo più subdolo e temibile che è l’inquinamento della falda acquifera superficiale. Come noto il lago è la parte affiorante di un grande acquifero che si estende nel territorio che lo circonda e dal quale attingono i pozzi di acqua potabile, la cui produzione è compensata dalle piogge. Sotto la falda acquifera, si trova uno strato di terreni sostanzialmente impermeabili dello spessore di oltre 1000 metri e sotto ancora una falda contenente acqua caldissima. Questa, che per semplicità possiamo chiamare falda geotermica, contiene inquinanti pericolosi quali arsenico, anidride solforosa, anidride carbonica e altro. Per ottenere energia elettrica con la nuova tecnologia s’invierebbe l’acqua della falda geotermica, fornita dai pozzi di produzione, a degli scambiatori di calore in cui un fluido a circuito chiuso azionerebbe le turbine elettriche. L’acqua geotermica, raffreddata attraversando lo scambiatore verrebbe quindi re-iniettata integralmente nella falda geotermica attraverso dei pozzi ubicati a qualche chilometro di distanza, senza emissione di gas maleodoranti. Il problema nasce dal fatto che lo strato di terreni che separa le due falde acquifere non è del tutto impermeabile perché la tettonica dell’Era terziaria e le trascorse attività vulcaniche vi hanno provocato innumerevoli fratture, difficilmente individuabili, che potenzialmente consentono flussi di acqua ascendenti e discendenti. Attualmente, malgrado le fratture, non vi è scambio di fluido fra le due falde perché nel corso di tempi geologici le pressioni si sono equilibrate. Ma l’equilibrio verrebbe turbato dai pozzi geotermici. Infatti, la nuova tecnologia proposta provoca (come la vecchia) due criticità: i pozzi di estrazione creano una zona di depressione nella falda geotermica che potrebbe richiamare acqua in senso discendente dalla falda potabile; i pozzi di re-iniezione creano una zona di sovra-pressione che potrebbe causare un flusso ascendente nella falda potabile di acqua geotermica inquinandola con arsenico, e quant’altro. I rischi di contaminazione del lago e dell’acqua potabile rimangono altissimi. Fare degli studi non fa male a nessuno, ma vogliamo ricordare che siamo in un Sito d’Interesse Comunitario: ci auguriamo che prima di autorizzare trivellazioni venga fatta un’attenta valutazione di incidenza e di opportunità.

Piero Bruni

 

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