venerdì 9 novembre 2012

Tre articoli


Trasmettiamo tre articoli apparsi negli ultimi giorni, che prendono spunto dal convegno di Montefiascone. Il primo, l’intervista a Piero Bruni, è interessante perché mette da parte la sua proverbiale prudenza nei confronti delle istituzioni e dà voce alla sua delusione e frustrazione davanti alla loro irresponsabilità e arroganza. Nascetti, anche lui, amareggiato dopo una vita di tentativi inutili per difendere l’ambiente. Dottarelli, con un riassunto intelligente del convegno e una proposta interessante.

Corriere di Viterbo del 1/11/2012:

Piero Bruni polemizza sull’assenza degli amministratori comunali all’incontro che si è svolto alla Rocca

I sindaci del comprensorio snobbano la conferenza sul lago

Sulla conferenza sullo stato di salute del lago di Bolsena che si è svolta nei giorni scorsi alla Rocca dei papi, interviene il presidente dell’associazione Lago di Bolsena Piero Bruni.
Com’è andata la conferenza?
“In parte bene e in parte male. E’ andata bene per quanto riguarda la presenza di pubblico e la qualità delle presentazioni, è andata male nel senso che le istituzioni, in particolare i sindaci, erano assenti, salvo quello di Montefiascone che ospitava la manifestazione. E’ stata una conferenza con un pubblico attento è consapevole che in materia di tutela dal lago che finirà per essere più competente dei propri amministratori. Trovo demotivante questo disinteresse da parte di chi ha il potere di agire, disinteresse offensivo nei confronti di chi mette tanto impegno senza alcun compenso, anzi rimettendoci di tasca propria”.

Per quali ragioni l’Arpa è stata criticata?
“Il tema è delicato, l’Arpa è stata criticata per errori fatti nella valutazione dello stato ecologico del lago. Sarebbe stato più giusto fare dei distinguo. IL problema non sta nei tecnici, ma nella direzione che rifiuta ogni scambio di opinioni con il mondo scientifico. L’Arpa si è chiusa in un bunker segreto. Per avere i loro dati, istituzionalmente dovuti a chi ne fa richiesta, ho scritto sette lettere, di cui tre raccomandate, tutte rimaste senza risposta. Ho finalmente ottenuto i dati rivolgendomi al ministero dell’Ambiente.

Si dice che il parere dell’Arpa è legge, a chi si puo’ ricorrere in caso di contestazione?
“Non so, forse alla comunità europea, ma per amor di patria preferirei evitare che la contestazione esca dalla Regione Lazio”.

E’ allora?
“Vorrei instaurare un buon rapporto con l’Arpa, e sono certo che questo sarebbe possibile se la direzione decidesse di affidare ai tecnici di Viterbo i monitoraggi del lago di Bolsena con ampia autonomia decisionale e facoltà di scambiare opinioni con il mondo esterno. Stimo molto i tecnici di Viterbo che sono competenti, dedicati e aperti. Se questo scambio di informazioni fosse stato fatto non vi sarebbero stati ne errori ne contestazioni. Mi scuso con loro se si sono sentiti coinvolti da critiche che non meritano”.


TusciaWeb del 4/11/2012 (http://www.tusciaweb.eu/2012/11/la-minaccia-dellalga-rossa-sul-lago-di-bolsena/)

La minaccia dell’alga rossa sul lago di Bolsena

L’allarme lo aveva lanciato 15 anni fa per il lago di Vico, ma nessuno lo aveva ascoltato. Ora il professor Giuseppe Nascetti cerca di fare altrettanto per il lago di Bolsena, sperando, questa volta, che qualcuno lo ascolti e che soprattutto intervenga.
Giuseppe Nascetti, prorettore dell’università della Tuscia, ecologo, professore ordinario di Ecologia, torna a parlare di alga rossa.
Un campanello d’allarme, il suo, che questa volta, alla luce di quanto accaduto al lago di Vico, suona come un vero e proprio presagio.
“L’alga rossa ancora non c’è – spiega il professor Nascetti – ma il lago di Bolsena sta prendendo la stessa strada del lago di Vico.  Abbiamo già vissuto queste cose. Non possiamo permettere che accada di nuovo. Soprattutto perché questa volta riguarda un lago con un bacino ben più grande.
Mentre il lago di Vico – spiega Nascetti – ha un ricambio di acqua ogni 20 o 30 anni, quello di Bolsena necessita di circa 580 anni. Quindi se a Bolsena arriva l’alga rossa, ce la teniamo per sempre”.

I dati scientifici arrivano direttamente dal Cnr di Pallanza e dall’ingegner Piero Bruni. Secondo le rilevazioni, il lago di Bolsena sta andando incontro a un processo di eutrofizzazione.
“E’ lo stesso trend del lago di Vico, solo più lento – aggiunge il professore -. Il livello di fosforo nelle acque del lago di Bolsena è ancora al di sotto della soglia minima, ma se raggiunge il fattore limitante, cioè il minimo indispensabile, e aumenta anche l’azoto, fiorisce l’alga rossa. E’ matematico. Automatico”.

Quali sono i pericoli per la salute dell’uomo?
 “L’alga rossa produce cianotossine, cioè delle tossine cancerogene”.

Quali sono i comportamenti dell’uomo che concorrono alla fioritura dell’alga rossa?
 “Le cause principali – dice il professore – sono gli scarichi urbani e l’uso sconsiderato dei fertilizzati in agricoltura. Il modello di sviluppo che stiamo portando avanti è quello di produrre sempre di più. E non è più sostenibile già da molto tempo. I nostri studi devono poter avviare verso una nuova sensibilità, verso una nuova gestione comune del territorio, in cui politici, amministratori e in questo caso anche agricoltori si assumono le loro responsabilità”.

Quali sono gli interventi concreti da realizzare?
 “Per il lago di Vico – spiega Nascetti – è necessario coordinare tutta l’attività agricola e avviarla con nuovi regimi, attraverso l’agricoltura biologica. Con gli attuali ritmi si arriverà al disastro. Per il lago di Bolsena invece bisogna concentrare l’attenzione sugli scarichi urbani. Ci sono tre o quattro paesi senza collettore. In più ci sono i campeggi e altre strutture ricettive. Come primo passo bisognerebbe dotarsi di un depuratore.
Insomma, non deve più arrivare fosforo al lago. In ballo, oltre al degrado ambientale, ci sono anche centinaia e centinaia di posti di lavoro legati al settore turistico, che sarebbe il primo a farne le spese se il lago venisse invaso dall’alga rossa”.

Il suo è un appello alla politica?
 “La politica – conclude il professore – deve decidere se il salvataggio del lago di Bolsena è una priorità oppure no. Ce lo dicano. Ma si deve sapere che qualcuno aveva avvertito dei rischi, proprio come 15 anni fa, quando nessuno ascoltò. Lo dico con grande rammarico.

Solo noi abbiamo laghi vulcanici in tutta l’Eurasia. E’ un patrimonio geologico unico”.
 

Provincia - La proposta di Luciano Dottarelli (Club Unesco) (http://www.tusciaweb.eu/2012/11/candidiamo-il-lago-di-bolsena-a-riserva-della-biosfera/)

 “Candidiamo il lago di Bolsena a riserva della biosfera”

Riceviamo e pubblichiamo - Il recente convegno tenutosi a Montefiascone per fare il punto sullo stato di salute del Lago di Bolsena ha avuto il merito indubbio di richiamare all’attenzione dell’opinione pubblica il tema della salvaguardia del bacino lacuale e di farlo con dati inoppugnabili, ormai consolidati e condivisi dalla comunità scientifica.

Giuseppe Nascetti fa bene adesso a compiere i passi conseguenti: ricavarne uno scenario di fondata preoccupazione per il prossimo futuro e stimolare i decisori politici ad assumersi fino in fondo le loro responsabilità.

Le misure necessarie ad arrestare la tendenza al progressivo degrado di questo delicato ecosistema sono state individuate da tempo e – soprattutto per l’attività encomiabile di Piero Bruni e dell’Associazione Lago di Bolsena – sono diventate una piattaforma di rivendicazione territoriale condivisa dalle istituzioni locali e dai vari portatori d’interesse.

Garantire una perfetta funzionalità degli impianti di depurazione esistenti, programmare a medio termine il completamento del collettore circumlacuale, promuovere interventi volti alla riduzione degli apporti nutrienti dovuti all’agricoltura, gestire con maggiore efficacia il bilancio idrico del lago (prelievi, deflusso): sono queste le priorità che gli amministratori da tempo sanno di dover mettere in agenda se vogliono evitare il collasso ambientale del lago.

Per raggiungere questi risultati occorrono però due condizioni fondamentali.

La prima dipende esclusivamente dalla lungimiranza e dalla determinazione delle popolazioni locali e delle amministrazioni che ne sono espressione politica. Consiste nella maturazione di un approccio convintamente integrato ai problemi del lago e nel conseguente avvio di forme di gestione realmente unitaria dell’area.

 La seconda condizione, che tende a presentarsi non del tutto a ragione come quella fondamentale, è la disponibilità di ingenti risorse, che non è certamente pensabile possano essere assicurate dai magri bilanci degli enti locali.

Condizioni analoghe a queste si sono verificate quando negli anni ’80 fu costituito il Consorzio del Bacino del Lago di Bolsena e con fondi FIO venne finanziata la realizzazione del collettore circumlacuale, l’unico vero intervento infrastrutturale realizzato sul territorio, che ha avuto un’importanza fondamentale per la tutela e la valorizzazione turistica ed economica dell’area.

 Oggi ci si rende conto agevolmente che le risorse necessarie agli interventi infrastrutturali di completamento possono venire soltanto dall’Unione Europea, ma non basta certo ripetere questa convinzione come un mantra.

L’accesso alle risorse comunitarie, mediate con efficacia attraverso i livelli regionali e nazionali, richiede però un passo avanti nel grado di consapevolezza della qualità e della fragilità dell’area e nel livello di integrazione della sua governance, come premesse per conseguire un maggior riconoscimento e prestigio internazionale.

Per ottenere questi risultati possono essere di straordinario aiuto le qualificazioni internazionali ottenute in base alle liste del patrimonio o ad altri programmi dell’Unesco.

In particolare, nel caso del lago di Bolsena, ritengo si debba valutare l’opportunità di una sua candidatura come Riserva della Biosfera in base al Programma Mab (Man and Biosphere).

Il programma riguarda aree marine e/o terrestri che gli Stati membri s’impegnano a gestire nell’ottica della conservazione delle risorse e dello sviluppo sostenibile, con il pieno coinvolgimento delle comunità locali. Scopo del programma è promuovere e dimostrare una relazione equilibrata fra la comunità umana e gli ecosistemi, creare siti privilegiati per la ricerca, la formazione e l’educazione ambientale, oltre che poli di sperimentazione di politiche mirate di sviluppo e pianificazione territoriale.

La qualificazione Unesco non introduce nuovi vincoli (restano quelli già previsti dalle leggi vigenti, esercitati dalle Autorità competenti) ma può costituire uno strumento utile per ottenere visibilità e riconoscimento internazionale, elementi che favoriscono l’accesso ai fondi europei.

Luciano Dottarelli

 Comitato promotore del Club Unesco Viterbo Tuscia.

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