Trasmettiamo tre
articoli apparsi negli ultimi giorni, che prendono spunto dal convegno di
Montefiascone. Il primo, l’intervista a Piero Bruni, è interessante perché
mette da parte la sua proverbiale prudenza nei confronti delle istituzioni e dà
voce alla sua delusione e frustrazione davanti alla loro irresponsabilità e
arroganza. Nascetti, anche lui, amareggiato dopo una vita di tentativi inutili
per difendere l’ambiente. Dottarelli, con un riassunto intelligente del
convegno e una proposta interessante.
Corriere di Viterbo del 1/11/2012:
Piero Bruni polemizza sull’assenza degli
amministratori comunali all’incontro che si è svolto alla Rocca
I sindaci del comprensorio snobbano la conferenza sul
lago
Sulla conferenza
sullo stato di salute del lago di Bolsena che si è svolta nei giorni scorsi
alla Rocca dei papi, interviene il presidente dell’associazione Lago di Bolsena
Piero Bruni.
Com’è andata la conferenza?“In parte bene e in parte male. E’ andata bene per quanto riguarda la presenza di pubblico e la qualità delle presentazioni, è andata male nel senso che le istituzioni, in particolare i sindaci, erano assenti, salvo quello di Montefiascone che ospitava la manifestazione. E’ stata una conferenza con un pubblico attento è consapevole che in materia di tutela dal lago che finirà per essere più competente dei propri amministratori. Trovo demotivante questo disinteresse da parte di chi ha il potere di agire, disinteresse offensivo nei confronti di chi mette tanto impegno senza alcun compenso, anzi rimettendoci di tasca propria”.
Per quali ragioni l’Arpa è stata criticata?
“Il tema è
delicato, l’Arpa è stata criticata per errori fatti nella valutazione dello
stato ecologico del lago. Sarebbe stato più giusto fare dei distinguo. IL
problema non sta nei tecnici, ma nella direzione che rifiuta ogni scambio di
opinioni con il mondo scientifico. L’Arpa si è chiusa in un bunker segreto. Per
avere i loro dati, istituzionalmente dovuti a chi ne fa richiesta, ho scritto
sette lettere, di cui tre raccomandate, tutte rimaste senza risposta. Ho
finalmente ottenuto i dati rivolgendomi al ministero dell’Ambiente.
Si dice che il parere dell’Arpa è legge, a chi si
puo’ ricorrere in caso di contestazione?
“Non so, forse
alla comunità europea, ma per amor di patria preferirei evitare che la contestazione
esca dalla Regione Lazio”.
E’ allora?
“Vorrei
instaurare un buon rapporto con l’Arpa, e sono certo che questo sarebbe
possibile se la direzione decidesse di affidare ai tecnici di Viterbo i
monitoraggi del lago di Bolsena con ampia autonomia decisionale e facoltà di
scambiare opinioni con il mondo esterno. Stimo molto i tecnici di Viterbo che
sono competenti, dedicati e aperti. Se questo scambio di informazioni fosse
stato fatto non vi sarebbero stati ne errori ne contestazioni. Mi scuso con
loro se si sono sentiti coinvolti da critiche che non meritano”.
TusciaWeb del 4/11/2012
(http://www.tusciaweb.eu/2012/11/la-minaccia-dellalga-rossa-sul-lago-di-bolsena/)
La minaccia dell’alga rossa sul lago di Bolsena
L’allarme lo
aveva lanciato 15 anni fa per il lago di Vico, ma nessuno lo aveva ascoltato.
Ora il professor Giuseppe Nascetti cerca di fare altrettanto per il lago di
Bolsena, sperando, questa volta, che qualcuno lo ascolti e che soprattutto
intervenga.
Giuseppe
Nascetti, prorettore dell’università della Tuscia, ecologo, professore
ordinario di Ecologia, torna a parlare di alga rossa.Un campanello d’allarme, il suo, che questa volta, alla luce di quanto accaduto al lago di Vico, suona come un vero e proprio presagio.
“L’alga rossa ancora non c’è – spiega il professor Nascetti – ma il lago di Bolsena sta prendendo la stessa strada del lago di Vico. Abbiamo già vissuto queste cose. Non possiamo permettere che accada di nuovo. Soprattutto perché questa volta riguarda un lago con un bacino ben più grande.
Mentre il lago di Vico – spiega Nascetti – ha un ricambio di acqua ogni 20 o 30 anni, quello di Bolsena necessita di circa 580 anni. Quindi se a Bolsena arriva l’alga rossa, ce la teniamo per sempre”.
I dati
scientifici arrivano direttamente dal Cnr di Pallanza e dall’ingegner Piero
Bruni. Secondo le rilevazioni, il lago di Bolsena sta andando incontro a un
processo di eutrofizzazione.
“E’ lo stesso
trend del lago di Vico, solo più lento – aggiunge il professore -. Il livello
di fosforo nelle acque del lago di Bolsena è ancora al di sotto della soglia
minima, ma se raggiunge il fattore limitante, cioè il minimo indispensabile, e
aumenta anche l’azoto, fiorisce l’alga rossa. E’ matematico. Automatico”.
Quali sono i pericoli per la salute dell’uomo?
“L’alga rossa produce cianotossine, cioè delle
tossine cancerogene”.
Quali sono i comportamenti dell’uomo che
concorrono alla fioritura dell’alga rossa?
“Le cause principali – dice il professore –
sono gli scarichi urbani e l’uso sconsiderato dei fertilizzati in agricoltura.
Il modello di sviluppo che stiamo portando avanti è quello di produrre sempre
di più. E non è più sostenibile già da molto tempo. I nostri studi devono poter
avviare verso una nuova sensibilità, verso una nuova gestione comune del
territorio, in cui politici, amministratori e in questo caso anche agricoltori
si assumono le loro responsabilità”.
Quali sono gli interventi concreti da realizzare?
“Per il lago di Vico – spiega Nascetti – è
necessario coordinare tutta l’attività agricola e avviarla con nuovi regimi,
attraverso l’agricoltura biologica. Con gli attuali ritmi si arriverà al
disastro. Per il lago di Bolsena invece bisogna concentrare l’attenzione sugli
scarichi urbani. Ci sono tre o quattro paesi senza collettore. In più ci sono i
campeggi e altre strutture ricettive. Come primo passo bisognerebbe dotarsi di
un depuratore.Insomma, non deve più arrivare fosforo al lago. In ballo, oltre al degrado ambientale, ci sono anche centinaia e centinaia di posti di lavoro legati al settore turistico, che sarebbe il primo a farne le spese se il lago venisse invaso dall’alga rossa”.
Il suo è un appello alla politica?
“La politica – conclude il professore – deve
decidere se il salvataggio del lago di Bolsena è una priorità oppure no. Ce lo
dicano. Ma si deve sapere che qualcuno aveva avvertito dei rischi, proprio come
15 anni fa, quando nessuno ascoltò. Lo dico con grande rammarico.
Solo noi abbiamo
laghi vulcanici in tutta l’Eurasia. E’ un patrimonio geologico unico”.
Provincia - La proposta di Luciano Dottarelli
(Club Unesco) (http://www.tusciaweb.eu/2012/11/candidiamo-il-lago-di-bolsena-a-riserva-della-biosfera/)
“Candidiamo il
lago di Bolsena a riserva della biosfera”
Riceviamo e
pubblichiamo - Il recente convegno tenutosi a Montefiascone per fare il punto
sullo stato di salute del Lago di Bolsena ha avuto il merito indubbio di
richiamare all’attenzione dell’opinione pubblica il tema della salvaguardia del
bacino lacuale e di farlo con dati inoppugnabili, ormai consolidati e condivisi
dalla comunità scientifica.
Giuseppe Nascetti
fa bene adesso a compiere i passi conseguenti: ricavarne uno scenario di
fondata preoccupazione per il prossimo futuro e stimolare i decisori politici
ad assumersi fino in fondo le loro responsabilità.
Le misure
necessarie ad arrestare la tendenza al progressivo degrado di questo delicato
ecosistema sono state individuate da tempo e – soprattutto per l’attività
encomiabile di Piero Bruni e dell’Associazione Lago di Bolsena – sono diventate
una piattaforma di rivendicazione territoriale condivisa dalle istituzioni
locali e dai vari portatori d’interesse.
Garantire una
perfetta funzionalità degli impianti di depurazione esistenti, programmare a
medio termine il completamento del collettore circumlacuale, promuovere
interventi volti alla riduzione degli apporti nutrienti dovuti all’agricoltura,
gestire con maggiore efficacia il bilancio idrico del lago (prelievi,
deflusso): sono queste le priorità che gli amministratori da tempo sanno di
dover mettere in agenda se vogliono evitare il collasso ambientale del lago.
Per raggiungere
questi risultati occorrono però due condizioni fondamentali.
La prima dipende
esclusivamente dalla lungimiranza e dalla determinazione delle popolazioni
locali e delle amministrazioni che ne sono espressione politica. Consiste nella
maturazione di un approccio convintamente integrato ai problemi del lago e nel conseguente
avvio di forme di gestione realmente unitaria dell’area.
La seconda condizione, che tende a presentarsi
non del tutto a ragione come quella fondamentale, è la disponibilità di ingenti
risorse, che non è certamente pensabile possano essere assicurate dai magri
bilanci degli enti locali.
Condizioni
analoghe a queste si sono verificate quando negli anni ’80 fu costituito il
Consorzio del Bacino del Lago di Bolsena e con fondi FIO venne finanziata la
realizzazione del collettore circumlacuale, l’unico vero intervento
infrastrutturale realizzato sul territorio, che ha avuto un’importanza
fondamentale per la tutela e la valorizzazione turistica ed economica
dell’area.
Oggi ci si rende conto agevolmente che le
risorse necessarie agli interventi infrastrutturali di completamento possono
venire soltanto dall’Unione Europea, ma non basta certo ripetere questa
convinzione come un mantra.
L’accesso alle
risorse comunitarie, mediate con efficacia attraverso i livelli regionali e
nazionali, richiede però un passo avanti nel grado di consapevolezza della
qualità e della fragilità dell’area e nel livello di integrazione della sua
governance, come premesse per conseguire un maggior riconoscimento e prestigio
internazionale.
Per ottenere
questi risultati possono essere di straordinario aiuto le qualificazioni
internazionali ottenute in base alle liste del patrimonio o ad altri programmi
dell’Unesco.
In particolare,
nel caso del lago di Bolsena, ritengo si debba valutare l’opportunità di una
sua candidatura come Riserva della Biosfera in base al Programma Mab (Man and
Biosphere).
Il programma
riguarda aree marine e/o terrestri che gli Stati membri s’impegnano a gestire
nell’ottica della conservazione delle risorse e dello sviluppo sostenibile, con
il pieno coinvolgimento delle comunità locali. Scopo del programma è promuovere
e dimostrare una relazione equilibrata fra la comunità umana e gli ecosistemi,
creare siti privilegiati per la ricerca, la formazione e l’educazione
ambientale, oltre che poli di sperimentazione di politiche mirate di sviluppo e
pianificazione territoriale.
La qualificazione
Unesco non introduce nuovi vincoli (restano quelli già previsti dalle leggi
vigenti, esercitati dalle Autorità competenti) ma può costituire uno strumento
utile per ottenere visibilità e riconoscimento internazionale, elementi che
favoriscono l’accesso ai fondi europei.
Luciano
Dottarelli
Comitato promotore del Club Unesco Viterbo
Tuscia.
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