sabato 21 marzo 2015

Rischio sanitario a Capodimonte: Le oche, oppure …?





Per Mario Fanelli, sindaco di Capodimonte, è chiaro: "per motivi igienico sanitari la situazione è diventata insopportabile” sulla spiaggia di Capodimonte (vedi link).
Il primo cittadino ha completamente ragione: Ci sono gravi carenze sanitarie sul Lungolago di Capodimonte (ne abbiamo parlato più volte nel passato) poiché
- quasi tutta la spiaggia di Capodimonte, la più frequentata di tutto il Lago, è senza controllo igienico sanitario;
- su tutta questa spiaggia si verificano ripetuti sversamenti di acque fognarie, dovute a carenze della rete fognaria comunale e alla situazione disastrata dell’anello fognario circumlacuale.

sversamento dalle fogne comunali  sul Lungolago di Capodimonte

La responsabilità di questa situazione ricade sulle amministrazioni – comunale, provinciale e regionale. Le stesse amministrazioni che adesso procedono, per risolvere la “situazione insopportabile”, esclusivamente contro le oche canadesi, che “riempiono di escrementi gli asciugamani” sul Lungolago.
Ci chiediamo: ci sono validi motivi per questo accanimento? Vogliamo capire:
1) Le oche canadesi del Lago di Bolsena rappresentano davvero un pericolo?
2) Se fosse così, l’unica soluzione possibile è l’eradicazione?

Per quanto riguarda il primo punto, leggiamo il “BANDO PUBBLICO PER L'ASSEGNAZIONE GRATUITA DI OCHE CANADESI (Branta canadensis)” della Provincia di Viterbo (vedi link), che si basa su uno studio di fattibilità dell’Università della Tuscia:
La consistenza della popolazione è più che raddoppiata nel periodo compreso tra l'inverno 2009 e l'estate 2014, ed è in grado di interagire negativamente con le attività antropiche e la salute pubblica, il sovraccarico può risultare localmente problematico, manifestandosi con impatti significativi sulle cenosi [Cenosi - Insieme di animali e vegetali che vivono in un medesimo ambiente] vegetali e con accumuli di deiezioni, potenziali focolai di infezione.
Oltre ad impattare sui prati rasati in ambiente urbano e sulle colture sensibili in aree rurali, le oche rappresentano una potenziale minaccia alla conservazione della diversità biologica, interagendo in modo distruttivo con molte cenosi vegetali ed animali autoctone anche di interesse conservazionistico: manifestazioni aggressive con uccisione di individui giovani e adulti di gallinella d'acqua e folaga.
Notiamo subito: si parla di possibilità – “potenziale minaccia”, “può risultare”, “è in grado” – e non di certezze. Certezza provata da fatti è invece il rischio sanitario grave dovuto alle carenze fognarie.
Sappiamo, che in altri paesi l’oca canadese, specie invasiva e difficile a controllare (simile all’uomo quindi), pone problemi del genere citato dalla Provincia - in Gran Bretagna ad esempio dove sono presenti circa 100 mila esemplari: ma in Italia dove si contano meno di 100 oche in tutto il paese?
Quindi, non bisogna drammatizzare: In Italia il Lago di Bolsena è l’unico sito importante di presenza dell’oca canadese e il suo unico sito di riproduzione. Il numero degli esemplari dovrebbe attualmente aggirarsi attorno a 50 (secondo i censimento dei volontari dell' IWC Italia (ISPRA)), nel 2009 ne erano 22, e 46 nel 2014). Per informazioni dettagliate riferiamo all’articolo di Enrico Calvario “Oca del Canada” nel “Nuovo Atlante degli Uccelli Nidificanti nel Lazio” (vedi link).


Siamo d’accordo che un branco di 50 oche può localmente interagire negativamente con le attività antropiche (p. e. sporcare asciugamani) e danneggiare le colture agricole intensive e convenzionali in vicinanza del Lago. Più difficile immaginare una minaccia per la folaga (9197 esemplari nel 2014) e la gallinella d’acqua (da oltre 20 anni presente nel lago con un numero estremamente limitato di individui, secondo i dati derivanti dai censimenti ufficiali dell'ISPRA), o in globale per la biodiversità locale.
Siamo anche d’accordo che le specie alloctone (aliene) in generale rappresentano una minaccia per la biodiversità e per l’equilibrio dell’ecosistema del Lago. In questo senso il Piano di Gestione per il Sito di Interesse Comunitario Lago di Bolsena (poco fa effettivamente bocciato dalla Regione come esposto in un recente post) analizza il problema e propone misure: sorveglianza del numero di esemplari, ed eventualmente misure di contenimento fino all’eradicazione.
Questo però in un quadro d’insieme che considera tutte queste specie (tra quelle animali la carpa erbivora, la nutria, il gambero rosso del Louisiana, il pesce gatto …), dove eventuali misure sono da concertare e i (pochi) fondi disponibili da distribuire secondo le relative urgenze. L’azione isolata contro le oche ignora queste necessità. A proposito: quanto costa, e chi paga per il provvedimento ad personam contro le oche?  


 Tentiamo la risposta alla nostra seconda domanda: anche se le oche del Lago rappresentassero una minaccia per la biodiversità e un problema serio per la salute pubblica, è vero che il problema può essere risolto unicamente con l’eradicazione della popolazione (“ococausto”), oppure si possono immaginare soluzioni alternative?  
Su livello internazionale, l’IPM (Integrated Pest Management, lotta integrata) prevede interventi su tre livelli: prevenzione e gestione, controllo e interventi non mortali, eradicazione ed eliminazione.
Premettiamo che l’aumento del numero delle oche è legato all’antropizzazione dell’ambiente lacustre, che crea condizioni favorevoli per lo sviluppo della specie e sottrae gli spazi a eventuali predatori (per esempio le volpi o uccelli predatori che minacciano uova e prole). Come accade spesso, l’uomo, per correggere il suo impatto infausto sull’ecosistema, reagisce con azioni altrettanto sconsiderate – prima permetto alle oche di proliferare, poi le stermino (delirio di onnipotenza)!
Un primo intervento equilibrante potrebbe dunque essere la ricostituzione degli habitat naturali nel comprensorio del Lago, e la riduzione dell’attrattività delle zone urbanizzate per le oche, p. e. riducendo le superficie dei prati irrigati abbondantemente e/o inserendovi piante indigeste per le oche, creando barriere per rendere i prati meno accessibili alle oche ...
Un possibile intervento di contenimento sarebbe l’asporto delle uova dai nidi o la loro sostituzione con uova di gesso. Dopodiché, si potrebbe pensare alla sterilizzazione delle oche e alla riduzione del loro numero, per esempio dimezzandolo e offrendo agli uccelli catturati un’ospitalità degna e controllata.
In questo contesto, colpisce il fatto che il bando provinciale specifica “l'impegno dell'interessato a che non possa avvenire il rilascio, anche accidentale, in natura degli animali e che lo stesso disponga di spazi e strutture idonee ad ospitare gli animali stessi nel rispetto della specifica normativa vigente in tema di detenzione di animali selvatici”, ma definisce nessun impegno relativo alle condizioni effettive della detenzione (oltre all’impegno alla segregazione delle classi di sesso, alla tarpatura delle ali, all’anellatura e all’impossibilità del rilascio in natura), al controllo di queste condizioni o della sopravvivenza delle oche, oppure a un resoconto continuo sulla loro salute e le condizioni di detenzione.
Ѐ vero che il sindaco Fanelli dà la sua parola: “Assicuro comunque che nessun esemplare verrà abbattuto". Ma basta per garantire una vita tranquilla per le oche catturate che possono raggiungere un’età di 80 anni? Secondo noi, no.

oca arrosto

 Infine, ci chiediamo: su quale base agisce il sindaco di Capodimonte? Esiste una richiesta scritta e firmata da un numero consistente di cittadini? Ѐ stata coinvolta la cittadinanza come prevede la legge? Perché non si ricorre a un piccolo referendum, rivolto ai cittadini del comprensorio (e non solo ai capodimontani) esponendo tutte le possibilità della gestione della problematica? E perché non si riflette sulla possibilità di considerare le oche un gradito e raro ospite dai paesi del nord – il Lago di Bolsena è comunque l’unico sito in Italia scelto dalle oche come domicilio. Un patrimonio da far valere e non un fastidio da eliminare.



Riassumiamo:
Le oche canadesi non rappresentano ancora un pericolo reale per la salute pubblica e la biodiversità dell’ecosistema del Lago. Esistono invece pericoli ben più concreti e gravi, ignorati e negati dalle amministrazioni.
Esistono alternative reali e valide all’eradicazione imposta dalla Provincia.




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