Per Mario Fanelli, sindaco
di Capodimonte, è chiaro: "per motivi igienico sanitari la situazione è
diventata insopportabile” sulla spiaggia di Capodimonte (vedi link).
Il primo cittadino ha
completamente ragione: Ci sono gravi carenze sanitarie sul Lungolago
di Capodimonte (ne abbiamo parlato più volte nel passato) poiché
- quasi tutta la spiaggia di
Capodimonte, la più frequentata di tutto il Lago, è senza controllo igienico
sanitario;
- su tutta questa spiaggia si
verificano ripetuti sversamenti di acque fognarie, dovute a carenze della rete
fognaria comunale e alla situazione disastrata dell’anello fognario
circumlacuale.
sversamento dalle fogne comunali sul Lungolago di Capodimonte |
La responsabilità di questa
situazione ricade sulle amministrazioni – comunale, provinciale e regionale. Le
stesse amministrazioni che adesso procedono, per risolvere la “situazione
insopportabile”, esclusivamente contro le oche canadesi, che “riempiono
di escrementi gli asciugamani” sul Lungolago.
Ci chiediamo: ci sono validi
motivi per questo accanimento? Vogliamo capire:
1) Le oche canadesi del Lago
di Bolsena rappresentano davvero un pericolo?
2) Se fosse così, l’unica
soluzione possibile è l’eradicazione?
Per quanto riguarda il primo
punto, leggiamo il “BANDO PUBBLICO PER L'ASSEGNAZIONE
GRATUITA DI OCHE CANADESI (Branta canadensis)” della Provincia di Viterbo (vedi link), che si basa su uno studio di fattibilità
dell’Università della Tuscia:
“La consistenza della
popolazione è più che raddoppiata nel periodo compreso tra l'inverno 2009 e
l'estate 2014, ed è in grado di interagire negativamente con le attività
antropiche e la salute pubblica, il sovraccarico può risultare localmente
problematico, manifestandosi con impatti significativi sulle cenosi [Cenosi
- Insieme di animali e vegetali che vivono in un medesimo ambiente] vegetali e con accumuli di deiezioni, potenziali focolai di
infezione.
Oltre ad impattare sui prati rasati in ambiente urbano e
sulle colture sensibili in aree rurali, le oche rappresentano una potenziale
minaccia alla conservazione della diversità biologica, interagendo in modo
distruttivo con molte cenosi vegetali ed animali autoctone anche di interesse
conservazionistico: manifestazioni aggressive con uccisione di individui
giovani e adulti di gallinella d'acqua e folaga.”
Notiamo subito: si parla di
possibilità – “potenziale minaccia”, “può risultare”, “è in grado” – e
non di certezze. Certezza provata da fatti è invece il rischio sanitario grave
dovuto alle carenze fognarie.
Sappiamo, che in altri paesi
l’oca canadese, specie invasiva e difficile a controllare (simile all’uomo
quindi), pone problemi del genere citato dalla Provincia - in Gran Bretagna ad
esempio dove sono presenti circa 100 mila esemplari: ma in Italia dove si
contano meno di 100 oche in tutto il paese?
Quindi, non bisogna drammatizzare:
In Italia il Lago di Bolsena è l’unico sito importante di presenza dell’oca
canadese e il suo unico sito di riproduzione. Il numero degli esemplari
dovrebbe attualmente aggirarsi attorno a 50 (secondo i censimento dei volontari
dell' IWC Italia (ISPRA)), nel 2009 ne erano 22, e 46
nel 2014). Per informazioni dettagliate riferiamo all’articolo di Enrico Calvario
“Oca del Canada” nel “Nuovo Atlante degli Uccelli Nidificanti nel Lazio” (vedi link).
Siamo d’accordo che un branco
di 50 oche può localmente interagire negativamente con le attività antropiche (p.
e. sporcare asciugamani) e danneggiare le colture agricole intensive e
convenzionali in vicinanza del Lago. Più difficile immaginare una minaccia per
la folaga (9197 esemplari nel 2014) e la gallinella d’acqua (da oltre 20 anni
presente nel lago con un numero estremamente limitato di individui, secondo i
dati derivanti dai censimenti ufficiali dell'ISPRA), o in globale per la
biodiversità locale.
Siamo anche d’accordo che le
specie alloctone (aliene) in generale rappresentano una minaccia per la
biodiversità e per l’equilibrio dell’ecosistema del Lago. In questo senso il Piano di Gestione per il Sito di Interesse
Comunitario Lago di Bolsena (poco fa effettivamente bocciato dalla Regione
come esposto in un recente post) analizza il problema e propone misure: sorveglianza del numero di
esemplari, ed eventualmente misure di contenimento fino all’eradicazione.
Questo però in un quadro
d’insieme che considera tutte queste specie (tra quelle animali la carpa
erbivora, la nutria, il gambero rosso del Louisiana, il pesce gatto …), dove
eventuali misure sono da concertare e i (pochi) fondi disponibili da
distribuire secondo le relative urgenze. L’azione isolata contro le oche ignora
queste necessità. A proposito: quanto costa, e chi paga per il provvedimento ad
personam contro le oche?
Tentiamo la risposta alla
nostra seconda domanda: anche se le
oche del Lago rappresentassero una minaccia per la biodiversità e un problema
serio per la salute pubblica, è vero che il problema può essere risolto
unicamente con l’eradicazione della popolazione (“ococausto”), oppure si
possono immaginare soluzioni alternative?
Su livello internazionale,
l’IPM (Integrated Pest Management, lotta integrata) prevede interventi su tre
livelli: prevenzione e gestione, controllo e interventi non mortali, eradicazione
ed eliminazione.
Premettiamo che l’aumento del
numero delle oche è legato all’antropizzazione dell’ambiente lacustre, che crea
condizioni favorevoli per lo sviluppo della specie e sottrae gli spazi a
eventuali predatori (per esempio le volpi o uccelli predatori che minacciano
uova e prole). Come accade spesso, l’uomo, per correggere il suo impatto
infausto sull’ecosistema, reagisce con azioni altrettanto sconsiderate – prima permetto
alle oche di proliferare, poi le stermino (delirio di onnipotenza)!
Un primo intervento
equilibrante potrebbe dunque essere la ricostituzione degli habitat naturali
nel comprensorio del Lago, e la riduzione dell’attrattività delle zone
urbanizzate per le oche, p. e. riducendo le superficie dei prati irrigati
abbondantemente e/o inserendovi piante indigeste per le oche, creando barriere
per rendere i prati meno accessibili alle oche ...
Un possibile intervento di
contenimento sarebbe l’asporto delle uova dai nidi o la loro sostituzione con
uova di gesso. Dopodiché, si potrebbe pensare alla sterilizzazione delle oche e
alla riduzione del loro numero, per esempio dimezzandolo e offrendo agli
uccelli catturati un’ospitalità degna e controllata.
In questo contesto, colpisce
il fatto che il bando provinciale specifica “l'impegno dell'interessato a
che non possa avvenire il rilascio, anche accidentale, in natura degli animali
e che lo stesso disponga di spazi e strutture idonee ad ospitare gli animali
stessi nel rispetto della specifica normativa vigente in tema di detenzione di
animali selvatici”, ma definisce nessun impegno relativo alle condizioni
effettive della detenzione (oltre all’impegno alla segregazione delle classi di
sesso, alla tarpatura delle ali, all’anellatura e all’impossibilità del
rilascio in natura), al controllo di queste condizioni o della sopravvivenza
delle oche, oppure a un resoconto continuo sulla loro salute e le condizioni di
detenzione.
Ѐ vero che il sindaco Fanelli
dà la sua parola: “Assicuro comunque che nessun esemplare verrà abbattuto".
Ma basta per garantire una vita tranquilla per le oche catturate che possono
raggiungere un’età di 80 anni? Secondo noi, no.
oca arrosto |
Infine, ci chiediamo: su quale
base agisce il sindaco di Capodimonte? Esiste una richiesta scritta e firmata da un numero consistente di cittadini? Ѐ stata coinvolta la cittadinanza come
prevede la legge? Perché non si ricorre a un piccolo referendum, rivolto ai
cittadini del comprensorio (e non solo ai capodimontani) esponendo tutte le
possibilità della gestione della problematica? E perché non si riflette sulla
possibilità di considerare le oche un gradito e raro ospite dai paesi del nord –
il Lago di Bolsena è comunque l’unico sito in Italia scelto dalle oche come
domicilio. Un patrimonio da far valere e non un fastidio da eliminare.
Riassumiamo:
Le oche canadesi non rappresentano ancora un pericolo reale per la
salute pubblica e la biodiversità dell’ecosistema del Lago. Esistono invece
pericoli ben più concreti e gravi, ignorati e negati dalle amministrazioni.
Esistono alternative reali e valide all’eradicazione imposta dalla
Provincia.
Nessun commento:
Posta un commento