In merito al
“Piano di eradicazione della popolazione
di oche canadesi (Branta canadensis) del lago di Bolsena tramite cattura e
traslocazione in ambienti confinati” (vedi il link che riporta
tutte le informazioni sulla vicenda), abbiamo chiesto un parere sull’argomento
al Dott. Enrico Calvario, ornitologo esperto del lago di Bolsena e
co-responsabile tecnico del Piano di Gestione della ZPS, che qui di seguito
riportiamo:
Nello stesso
Piano di Gestione viene però anche evidenziato il fatto che di specie alloctone
nel Lago di Bolsena ce ne sono molte purtroppo (soprattutto tra i pesci tra cui
il Pesce gatto, con tutti i problemi che questa specie provoca e ha provocato
alla biodiversità ed alle specie ittiche di interesse commerciale) e vengono
indicate alcune priorità quanto a pericolosità per la Biodiversità locale
(Nutria, Gambero della Louisiana, Canna domestica); le Oche del Canada sono
passate da 17 individui censiti nel 1999 agli attuali 50, con una crescita di
33 individui in 16 anni.
Non voglio
parlare in questa sede delle altre criticità individuate dal Piano di Gestione
che costituiscono le reali e concrete minacce per l’ecosistema lacustre, per il
turismo e per la salute pubblica, peraltro già approfonditamente affrontate dall'ultimo post di questo blog; altro che oche …..
Il sindaco
di Capodimonte ha invece ritenuto di puntare il dito sull’Oca del Canada,
invocando i motivi sanitari (senza alcuno screening sanitario però), chiedendo
quindi il supporto della Provincia che, a sua volta, ha chiesto quello del
Dipartimento Dafne dell’Università della Tuscia che ha prodotto un Piano di
eradicazione, ritenuto congruo dall’ISPRA, che ha emesso parere positivo.
E’ nei suoi
poteri farlo, lo ha ritenuto opportuno e lo ha fatto; la procedura quindi è
formalmente corretta, tranne per un aspetto, che di seguito farò presente.
Le motivazioni che hanno portato alla stesura del Piano di
eradicazione sono riportate nella premessa del Piano stesso: “Il piano si rende necessario in quanto la popolazione di oche canadesi ha assunto dimensioni divenute
incompatibili con la salvaguardia delle specie e degli habitat autoctoni, con le attività economiche e turistiche, nonché per motivi di igiene pubblica”.
Il Piano di
eradicazione realizzato dal Dip.to Dafne dell’Università della Tuscia mi è
sembrato, molto scarno nel complesso (19 pagine); esso affronta in maniera
piuttosto superficiale gli aspetti cruciali relativi “all’eradicazione o
comunque al controllo delle popolazioni”, in
riferimento a quanto previsto all'art. 2 comma 2 bis della L.157 /92 introdotto con D.L. 91/2014.
Infatti non viene effettuata alcuna disamina delle
possibili metodologie di intervento e/o strategie da mettere in atto per
eliminare la “criticità” dovuta alla presenza dell’Oca del Canada, attingendo,
come prassi scientifica vorrebbe, alla letteratura specialistica di settore,
abbondante in materia, facendone una
“review” commentata, motivando la scelta effettuata; viene invece proposta “tout court” la cattura e la rimozione
degli individui, senza considerare alcuna soluzione alternativa (la
sterilizzazione ad esempio), senza nessun tipo di analisi costi/benefici.
Altro aspetto carente, a mio avviso, è che il Piano di
eradicazione non ha previsto nessun tipo di attività inerente la disciplina
della “human dimension”; senza
prevedere cioè alcuna attività partecipativa/informativa a livello locale,
aspetti oramai ritenuti consolidati/basilari/necessari in qualsiasi “attività
gestionale” che riguardi interventi di
reintroduzione/introduzione/eradicazione, secondo i dettami della biologia
della conservazione; è irrinunciabile il coinvolgimento delle comunità locali
al fine di individuare le soluzioni più opportune, sentendo i pareri dei diversi
“portatori di interesse” coinvolti, e individuare quindi le modalità di
intervento maggiormente condivise, fermi restando l’obiettivo e l’efficacia.
Occorre inoltre evidenziare che, tra le criticità
riscontrate nel lago di Bolsena, riportate nel Piano di eradicazione
all’interno del capitolo 4, a
giustificazione della necessità dell’intervento di rimozione, viene riportata
la frase seguente, nella migliore delle ipotesi fuorviante, per i motivi di
seguito specificati. “Ricerche condotte in Europa settentrionale, hanno dimostrato la
competizione diretta con specie autoctone di oche e cigni (Gebhardt, 1996). Nel lago di Bolsena è segnalata la presenza e la nidificazione
probabile di cigno reale (Cygnus o/or)
(Scartò, 2011)”.
La frase contiene due gravi inesattezze: la prima è che la
nidificazione del Cigno reale nel Lago di Bolsena non è “probabile” ma “certa”,
come sanno tutti coloro che conoscono bene il Lago di Bolsena e che hanno avuto
modo di osservare coppie di cigni con “brutti anatroccoli” al seguito (nella
pubblicazione citata, Scarfò, 2011, è errata l’informazione riportata nella
cartina, ma, nel testo, se si ha la pazienza di leggerlo, viene correttamente
riportato che la specie nidifica con certezza nel lago); la seconda
inesattezza, ancor più significativa, è che il Cigno reale nel Lago di Bolsena
è anch’essa una specie alloctona, frutto di immissioni, come per l’appunto
riportato da Scarfò, 2011, e non “autoctona”, come lascia intendere la frase
sopra riportata.
In diversi altri punti dello studio vengono inoltre
riportate affermazioni riguardanti l’Oca del Canada riferendole alla citazione
bibliografica (Scarfò, 2011) che, invece, riguarda per l’appunto il Cigno reale
ed omettendo la citazione corretta, ad ulteriore riprova della frettolosità,
imprecisione e incompletezza che hanno caratterizzato l’elaborazione di questo
studio.
L'Agenzia Regionale per i Parchi della Regione Lazio (ARP)
ha tra l’altro avviato dal 2007 un progetto a scala regionale denominato PASAL
("Progetto Atlante Specie Alloctone del Lazio"), il cui obiettivo
generale è la riduzione dell'impatto delle specie di fauna alloctona sul
patrimonio regionale di biodiversità; il Piano di eradicazione non ha
considerato questo importante progetto e
gli Uffici dell’ARP e gli esperti che ne fanno parte, da quanto mi
risulta, non sono stati interpellati (obbligatorio no…opportuno si).
Ultima considerazione che lascia forte perplessità è che
il Piano di eradicazione, a pag. 15, si auto esonera dalla procedura di
Valutazione di Incidenza “Da un'analisi
preliminare delle fasi previste, si ritiene che nessuna di esse comporti
incidenze su specie ed habitat; non è richiesta, pertanto, la procedura di
valutazione d'incidenza”, creando un pericoloso precedente che penso sia
opportuno e doveroso da parte mia segnalare.
Ci preme sottolineare che, come
evidenzia il Dott. Calvario, “è
irrinunciabile il coinvolgimento delle comunità locali al fine di individuare
le soluzioni più opportune, sentendo i pareri dei diversi “portatori di
interesse” coinvolti, e individuare quindi le modalità di intervento
maggiormente condivise, fermi restando l’obiettivo e l’efficacia.”
Infatti, lo studio parla in modo vago
di “malessere della popolazione residente
e dei turisti” e costata che “puntuali
e frequenti risultano le lamentele” (gli unici referenti locali nominati invece
sono il veterinario Micarelli e il tenente Enrico Paziani), ma nasconde
l’esistenza di un folto gruppo di cittadini che è contrario alla deportazione delle
oche. Da segnalare la decisa presa di posizione dell’ENPA (Ente NazionaleProtezione Animali) che si oppone alla deportazione e annuncia azioni legali
contro la prevista tarpatura delle ali dei volatili (vedi link), e la raccolta
firme in corso sostenuta da “una marea di proteste”. Qui l'ENPA invita a inviare mail di opposizione.
Ultimo
punto: lo studio contiene un’informazione importante di cui i cittadini finora
sono stati tenuti all’oscuro, ossia il fatto che “nell'ipotesi in cui non tutti gli animali risultino affidati entro un
periodo stabilito dall'Autorità Sanitaria [e non specificato], la quota residua potrà essere abbattuta
…”.
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