sabato 28 marzo 2015

Piano di eradicazione delle oche canadesi - il parere dell'esperto Enrico Calvario


In merito al “Piano di eradicazione della popolazione di oche canadesi (Branta canadensis) del lago di Bolsena tramite cattura e traslocazione in ambienti confinati” (vedi il link che riporta tutte le informazioni sulla vicenda), abbiamo chiesto un parere sull’argomento al Dott. Enrico Calvario, ornitologo esperto del lago di Bolsena e co-responsabile tecnico del Piano di Gestione della ZPS, che qui di seguito riportiamo:



Sicuramente l’Oca del Canada in quanto “specie aliena o alloctona” costituisce una potenziale criticità per la biodiversità presente nel lago, come anche evidenziato nel Piano di gestione della ZPS. 

Nello stesso Piano di Gestione viene però anche evidenziato il fatto che di specie alloctone nel Lago di Bolsena ce ne sono molte purtroppo (soprattutto tra i pesci tra cui il Pesce gatto, con tutti i problemi che questa specie provoca e ha provocato alla biodiversità ed alle specie ittiche di interesse commerciale) e vengono indicate alcune priorità quanto a pericolosità per la Biodiversità locale (Nutria, Gambero della Louisiana, Canna domestica); le Oche del Canada sono passate da 17 individui censiti nel 1999 agli attuali 50, con una crescita di 33 individui in 16 anni.

Non voglio parlare in questa sede delle altre criticità individuate dal Piano di Gestione che costituiscono le reali e concrete minacce per l’ecosistema lacustre, per il turismo e per la salute pubblica, peraltro già approfonditamente affrontate dall'ultimo post di questo blog; altro che oche …..

Il sindaco di Capodimonte ha invece ritenuto di puntare il dito sull’Oca del Canada, invocando i motivi sanitari (senza alcuno screening sanitario però), chiedendo quindi il supporto della Provincia che, a sua volta, ha chiesto quello del Dipartimento Dafne dell’Università della Tuscia che ha prodotto un Piano di eradicazione, ritenuto congruo dall’ISPRA, che ha emesso parere positivo.

E’ nei suoi poteri farlo, lo ha ritenuto opportuno e lo ha fatto; la procedura quindi è formalmente corretta, tranne per un aspetto, che di seguito farò presente.

Le motivazioni che hanno portato alla stesura del Piano di eradicazione sono riportate nella premessa del Piano stesso: “Il piano si rende necessario in quanto la popolazione di oche canadesi ha assunto dimensioni divenute incompatibili con la salvaguardia delle specie e degli habitat autoctoni, con le attività economiche e turistiche, nonché per motivi di igiene pubblica”.

Insomma dalla Premessa apprendiamo che il male di tutti i mali è l’Oca del Canada.



Il Piano di eradicazione realizzato dal Dip.to Dafne dell’Università della Tuscia mi è sembrato, molto scarno nel complesso (19 pagine); esso affronta in maniera piuttosto superficiale gli aspetti cruciali relativi “all’eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni”, in riferimento a quanto previsto all'art. 2 comma 2 bis della L.157 /92 introdotto con D.L. 91/2014.

Infatti non viene effettuata alcuna disamina delle possibili metodologie di intervento e/o strategie da mettere in atto per eliminare la “criticità” dovuta alla presenza dell’Oca del Canada, attingendo, come prassi scientifica vorrebbe, alla letteratura specialistica di settore, abbondante in materia,  facendone una “review” commentata, motivando la scelta effettuata; viene invece proposta “tout court” la cattura e la rimozione degli individui, senza considerare alcuna soluzione alternativa (la sterilizzazione ad esempio), senza nessun tipo di analisi costi/benefici.

Altro aspetto carente, a mio avviso, è che il Piano di eradicazione non ha previsto nessun tipo di attività inerente la disciplina della “human dimension”; senza prevedere cioè alcuna attività partecipativa/informativa a livello locale, aspetti oramai ritenuti consolidati/basilari/necessari in qualsiasi “attività gestionale” che riguardi interventi di reintroduzione/introduzione/eradicazione, secondo i dettami della biologia della conservazione; è irrinunciabile il coinvolgimento delle comunità locali al fine di individuare le soluzioni più opportune, sentendo i pareri dei diversi “portatori di interesse” coinvolti, e individuare quindi le modalità di intervento maggiormente condivise, fermi restando l’obiettivo e l’efficacia.


Occorre inoltre evidenziare che, tra le criticità riscontrate nel lago di Bolsena, riportate nel Piano di eradicazione all’interno del capitolo 4, a giustificazione della necessità dell’intervento di rimozione, viene riportata la frase seguente, nella migliore delle ipotesi fuorviante, per i motivi di seguito specificati. Ricerche condotte in Europa settentrionale, hanno dimostrato la competizione diretta con specie autoctone di oche e cigni (Gebhardt, 1996). Nel lago di Bolsena è segnalata la presenza e la nidificazione probabile di cigno reale (Cygnus o/or) (Scartò, 2011)”.

La frase contiene due gravi inesattezze: la prima è che la nidificazione del Cigno reale nel Lago di Bolsena non è “probabile” ma “certa”, come sanno tutti coloro che conoscono bene il Lago di Bolsena e che hanno avuto modo di osservare coppie di cigni con “brutti anatroccoli” al seguito (nella pubblicazione citata, Scarfò, 2011, è errata l’informazione riportata nella cartina, ma, nel testo, se si ha la pazienza di leggerlo, viene correttamente riportato che la specie nidifica con certezza nel lago); la seconda inesattezza, ancor più significativa, è che il Cigno reale nel Lago di Bolsena è anch’essa una specie alloctona, frutto di immissioni, come per l’appunto riportato da Scarfò, 2011, e non “autoctona”, come lascia intendere la frase sopra riportata.

In diversi altri punti dello studio vengono inoltre riportate affermazioni riguardanti l’Oca del Canada riferendole alla citazione bibliografica (Scarfò, 2011) che, invece, riguarda per l’appunto il Cigno reale ed omettendo la citazione corretta, ad ulteriore riprova della frettolosità, imprecisione e incompletezza che hanno caratterizzato l’elaborazione di questo studio.

L'Agenzia Regionale per i Parchi della Regione Lazio (ARP) ha tra l’altro avviato dal 2007 un progetto a scala regionale denominato PASAL ("Progetto Atlante Specie Alloctone del Lazio"), il cui obiettivo generale è la riduzione dell'impatto delle specie di fauna alloctona sul patrimonio regionale di biodiversità; il Piano di eradicazione non ha considerato questo importante progetto e  gli Uffici dell’ARP e gli esperti che ne fanno parte, da quanto mi risulta, non sono stati interpellati (obbligatorio no…opportuno si).

Ultima considerazione che lascia forte perplessità è che il Piano di eradicazione, a pag. 15, si auto esonera dalla procedura di Valutazione di Incidenza “Da un'analisi preliminare delle fasi previste, si ritiene che nessuna di esse comporti incidenze su specie ed habitat; non è richiesta, pertanto, la procedura di valutazione d'incidenza”, creando un pericoloso precedente che penso sia opportuno e doveroso da parte mia segnalare.




Ci preme sottolineare che, come evidenzia il Dott. Calvario, “è irrinunciabile il coinvolgimento delle comunità locali al fine di individuare le soluzioni più opportune, sentendo i pareri dei diversi “portatori di interesse” coinvolti, e individuare quindi le modalità di intervento maggiormente condivise, fermi restando l’obiettivo e l’efficacia.

Infatti, lo studio parla in modo vago di “malessere della popolazione residente e dei turisti” e costata che “puntuali e frequenti risultano le lamentele” (gli unici referenti locali nominati invece sono il veterinario Micarelli e il tenente Enrico Paziani), ma nasconde l’esistenza di un folto gruppo di cittadini che è contrario alla deportazione delle oche. Da segnalare la decisa presa di posizione dell’ENPA (Ente NazionaleProtezione Animali) che si oppone alla deportazione e annuncia azioni legali contro la prevista tarpatura delle ali dei volatili (vedi link), e la raccolta firme in corso sostenuta da “una marea di proteste”. Qui l'ENPA invita a inviare mail di opposizione.

Ultimo punto: lo studio contiene un’informazione importante di cui i cittadini finora sono stati tenuti all’oscuro, ossia il fatto che “nell'ipotesi in cui non tutti gli animali risultino affidati entro un periodo stabilito dall'Autorità Sanitaria [e non specificato], la quota residua potrà essere abbattuta …”.


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