È
sempre in corso la lotta contro i progetti di centrali geotermiche nel bacino
del Lago di Bolsena. Non è finita neanche la compatta opposizione del
territorio, che unisce tutti i cittadini, i sindaci del comprensorio e il
presidente della Provincia Viterbo di fronte ai pericoli che comportano gli
impianti a media e alta entalpia: rischio sismico, rischio di inquinamento
dell’aria e del suolo, rischio di depauperamento e inquinamento delle falde
acquifere compreso lo stesso lago.
Dopo
la bocciatura del progetto pilota
“Torre Alfina” da parte del Consiglio dei Ministri e l’annullamento
dell’autorizzazione alla ricerca geotermica concessa alla Tosco Geo per
Montalfina e Monte Rubiaglio, per “inattività”, ecco la recente allarmante
notizia:
Il
TAR dell’Umbria, con una sentenza dell’8 aprile 2018,
attribuisce al Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) l’autorità di decidere
entro 45 giorni (con scadenza il 23 maggio 2018) se consentire o meno la
realizzazione dell’impianto a Castel Giorgio, per il quale l’ITW & LKW
Geotermia Italia aveva ottenuto dallo stesso MISE l’autorizzazione allo sfruttamento
di una concessione geotermica tramite un impianto “pilota”.
La
normativa dispone che la Regione Umbria, per competenza territoriale, debba
esprimersi in merito: può dare il suo consenso finale (“l’intesa”) per rendere
attiva l’autorizzazione rilasciata dal MISE, oppure può negarlo. Da due
anni la Giunta Regionale dell’Umbria non riesce a decidere di negare l’intesa,
come richiesto da numerosi comuni e dallo stesso Consiglio Regionale dell’Umbria.
La
soluzione più chiara e trasparente in risposta alla sentenza del TAR sarebbe
che la Giunta Regionale finalmente negasse la propria intesa alla realizzazione
della centrale, prima che il MISE si esprima, troncando la questione.
Per
quanto riguarda il MISE, il ministero è praticamente obbligato ad autorizzare
l’impianto perché lo aveva approvato in precedenza. Per negare l’autorizzazione
deve sopraggiungere un valido motivo, un fatto nuovo, altrimenti gli
agguerriti avvocati del Proponente chiederebbero al funzionario che ha negato
l’autorizzazione un risarcimento di milioni di euro come già avvenne nei
confronti della Regione Umbria, quando aveva il potere di VIA, poi passato al
ministero grazie all’intervento dell’On. Abrignani del gruppo dell’On. Verdini.
Il
“fatto nuovo”, per ottenere dal MISE quantomeno una moratoria, potrebbe essere
un tempestivo intervento della Regione Lazio per chiedere al MISE e alla
regione Umbria una più attenta lettura di quanto dichiarato dallo stesso
proponente a pagina 76 della presentazione progettuale: “… solo il tratto
terminale della tubazione di reiniezione e i pozzi di reiniezione si collocano
nell’area dove il drenaggio sotterraneo dell’acquifero delle vulcaniti è
diretto verso il lago di Bolsena. I pozzi di produzione sono invece ubicati
nelle zone dove il drenaggio è in direzione opposta, verso il fiume Paglia e il
Tevere ..”
Castel Giorgio - impianto e strutture in superficie
Da
essa si evince che i pozzi di produzione estraggono fluido geotermico dall’Umbria
e, mediante pozzi deviati, lo reiniettano nel Lazio in direzione del lago di
Bolsena. Sulla base della documentazione disponibile non è possibile stabilire se
il fondo dei pozzi deviati è nella Regione Umbria o nella Regione Lazio, per
cui occorre una perizia per accertare se è rispettata o meno la competenza
territoriale.
Sempre
in base alla dichiarazione del proponente è certo che i fondi dei pozzi di reiniezione
sono sotto il bacino idrogeologico del lago di Bolsena. Da una rilettura del
verbale della relazione di VIA si evince che non è stato considerato il recente
lavoro pubblicato sulla rivista scientifica specializzata “Tectonophysics” N
608 pagine 482-498 avente per titolo: “Structural compartmentalisation of a
geothermal system, the Torre Alfina field (central Italy)” a firma di Gianluca Vignaroli et al. (2013) con il coordinamento del Prof.
Guido Giordano dell’Università di Roma Tre.
Il
lavoro dimostra, che le faglie determinano una struttura a “compartimenti
stagni” del serbatoio di rocce carbonatiche dell’Alfina per cui le faglie
ostacolano il ritorno ipogeo del fluido geotermico dal compartimento laziale a
quello umbro. La conseguenza è un aumento del rischio sismico e la risalita di
fluidi geotermici, notoriamente cancerogeni per il loro alto contenuto di
arsenico, verso il Lago e verso la falda dalla quale viene attinta acqua
potabile. Su questa possibilità sta studiando anche la Commissione Ambiente
europea.
In
conclusione il MISE potrebbe decidere una moratoria motivandola con la
richiesta ufficiale (più incisiva sarebbe una diffida) da parte della Regione
Lazio per verificare la competenza territoriale e la tutela ambientale,
sulla base di una revisione della VIA che tenga conto del lavoro scientifico di
Vignaroli.
Un’altra
possibilità sarebbe il ricorso presso il Consiglio di Stato contro la sentenza
che sotto molti aspetti sembra equivoca ed erronea – un ricorso del MISE
stesso, oppure della Regione Umbria e del Comune di Castel Giorgio. Gli altri
comuni interessati e la Provincia di Viterbo, non sono citati nella sentenza,
ma possono intervenire ad adiuvandum. Tuttavia, se il ricorso fosse vincente,
la situazione sarebbe immutata nel senso che la regione Umbria rimarrebbe con
la facoltà di decidere non si sa come, non si sa quando.
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