Il 16 Marso scorso si è svolto ad Orvieto il
Convegno “I Noccioli del Problema”, sull’avvento della monocoltura dei noccioli
nell’area a cavallo tra Umbria, Lazio e Toscana. È stato organizzato da una Rete Interregionale di
associazioni cittadine, aziende agricole e cittadinanza attiva, a cui
aderiscono anche le associazioni del Lago di Bolsena: La Porticella, Bolsena Lago d'Europa e
Lago di Bolsena.
Il
Convegno ha richiamato oltre 300 persone, provenienti dai tanti paesi
dell’orvietano, del Lago di Bolsena, della bassa Toscana, di Viterbo. Tutte
interessate a capire quale è il destino del territorio su cui insiste il "Progetto
Nocciola" della multinazionale lussemburghese Ferrero.
Numerosi gli interventi: docenti universitari,
medici, ricercatori, operatori agricoli, che hanno dato il loro contributo per
informare la cittadinanza sul valore della biodiversità per la salute delle
persone e dell’ambiente, che sono messi seriamente in pericolo da un progetto
di finanziamento di piantumazione di migliaia di ettari di noccioli.
Il
presidente del vicino Bio-Distretto della Via Amerina e delle Forre Famiano
Crucianelli ha spiegato che la vicina Provincia di Viterbo ha ormai raggiunto
la non invidiabile copertura di nocciole, di 20.000-25.000 mila ettari, con
conseguente degrado del suolo; ci sono dei comuni nel viterbese che su 1800
ettari disponibili, vedono 1600 ettari coperti di noccioli. In questi noccioleti
è scomparsa ogni forma di biodiversità, nessun canto di uccelli, nessun animale
selvatico. E alcun altro cibo è prodotto in queste terre. I noccioleti si
stanno espandendo in Umbria ed in Toscana, perché i prezzi ad ettaro sono più
bassi del Lazio. Qui il video del suo intervento.
Il
nocciolo è una bellissima pianta, ma quando si impone come monocoltura, il
rischio di inquinamento da pesticidi è altissimo; lo ha raccontato la Dott.ssa
Litta (qui il suo intervento), rappresentante di Medici per l’ambiente (ISDE), parlando
dell’eutrofizzazione del Lago di Vico, con le sue acque oggi non più potabili,
divenute tossiche e cancerogene a causa della coltivazione intensiva delle
nocciole. La ricchezza delle zone corilicole dei Cimini si paga con la
scomparsa di acqua potabile dalle case e con un tasso di tumori che supera le
medie nazionali.
L’Ingegner Piero Bruni, dell’Ass. Lago di Bolsena, ha messo in guardia l’auditorio circa i rischi che corre il Lago di Bolsena, e tutto il bacino idrogeologico, con l’avvento di una monocoltura che prevede decine di trattamenti chimici all’anno (qui l'intervento). L’altro rischio deriva dalla captazione dell’acqua, perché le nocciole richiedono forti irrigazioni. Bruni ha richiamato l’attenzione sul fatto che il Lago è una Zona a Protezione Speciale, e le sue terre sono regolate da precise norme di tutela.
Andrea Ferrante, coordinatore di Schola
Campesina, ha sottolineato la distanza che separa le leggi di protezione
ambientale dalle decisioni dei politici e delle Istituzioni. L’intervista di Alice
Rohrwacher al biologo Stefano Mancuso (vedi qui) su natura, agricoltura, e presenza
antropica ha riscosso grande plauso ed è stata di grande ispirazione per una
cittadinanza attiva che non ha intenzione di subire chi vuole speculare sul
suolo, l’acqua, l’aria di un area che da più parti è definita unica per
ricchezza e varietà di paesaggio.
Le
realtà contadine del territorio hanno firmato un comunicato che è stato letto a
conclusione: allevatori e agricoltori ogni giorno lavorano la terra, producendo
cibo sano e vario in modo rispettoso dell’ambiente e della salute delle
persone. (vedi qui) In molte aziende agricole si pratica la multifunzionalità, ed oltre
alla produzione di miele, olio, carni, ortaggi, frutta, si svolgono attività di
ricezione turistica e di educazione ambientale in fattorie didattiche. Decine di
aziende accomunate dalla scelta della terra, “provando ad essere la parte del
Tutto, e non la parte che fa del Tutto quel che vuole, nel nome del progresso”.
Raccontano del senso di impotenza e rabbia di fronte alle minacce che arrivano
dall’alto: colture intensive, cave, centrali a biomasse, geotermico, impianti
fotovoltaici industriali, discariche, inceneritori, dighe, bretelle autostradali,
alta velocità. Progetti di uno sviluppo che copre la terra come asfalto.
L’agricoltura familiare e tradizionale non è scomparsa, bensì è messa sotto
attacco dall’agroindustria speculativa. La comunità rurale in Tuscia coltiva
centinaia di ettari, e non ha alcuna intenzione di cedere il passo ai colossi.
L’applauso prolungato del pubblico racconta che cittadine e cittadini, da parte
loro, non hanno intenzione di rinunciare all’autonomia alimentare che oggi
questo territorio offre, per rimpiazzarla con barattoli di zucchero (oltre il 50%), olio di
palma e il misero 15% di nocciole.
Piero Bruni a Inside Out
La
giornata è proseguita con il grande successo riscosso dal progetto Inside Out,
a cui partecipano numerosi artisti e fotografi: Catherine Bardinet, Alice Rohrwacher, Paolo Soriano, Carmine
Leta, Manuela Cannone, Manuela Moroni, Marinella Breccola, Daniela Vinci,
Thea Apollonio. 342 persone sono state ritratte in fotografie che l’artista e
perfomer JR utilizzerà per un’istallazione fotografica che darà risonanza mondiale
allo slogan “Save the Biodiversity”.
Le
aziende agricole biologiche del territorio hanno offerto cibo e bevande,
animando un bio mercato che è testimonianza della fertilità della nostra terra,
e della sapienza di chi la coltiva.
Nel tardo pomeriggio nel chiostro del Palazzo dei Sette anche i musicisti hanno testimoniato la loro solidarietà alla Rete Interregionale Protezione Ambiente, con un concerto de La Tresca, Katirre e la Compagnia della Panatella e La Banda del Comitato.
La
Rete Interregionale ha numerosi progetti per proseguire l’azione di
informazione e per sollecitare una rapida cessazione del accaparramento delle
Terre di Tuscia.
Katia Maurelli
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