Nel primo
post di questa serie abbiamo discusso l’impatto sull’ambiente della
“rivoluzione
che parte dalla Tuscia”, che prevede estesi nuovi impianti di
noccioleti anche nel comprensorio del Lago di Bolsena. Possibili soluzioni
ecosostenibili sono state il tema del secondo
post.
Questo terzo articolo
riflette su altri impatti possibili della nocciolicoltura diffusa – impatti
sociali, economici, e “altri” impatti ancora di ordine più complesso.
Altopiano dell'Alfina
Mentre la discussione sui
rischi e impatti dei noccioleti sull’ambiente si può basare su dati e calcoli,
su osservazioni e analisi scientifiche, adesso ci muoviamo su un terreno più
difficile. Trattiamo di un insieme di fenomeni complessi difficili da
analizzare, parametrizzare; tocchiamo fenomeni vitali.
Predire precisamente
l’effetto sull’economia locale dell’industrializzazione dell’agricoltura, oppure
trarre conclusioni esatte circa i suoi impatti sociali, è impossibile. Proiezioni
di questo tipo dipendono da modelli, da ipotesi su uno sviluppo futuro. Tra
tutta una gamma di ipotesi si possono distinguere due, due modelli, due visioni
contrapposte.
La prima di queste è esposta
chiaramente nella presentazione del Progetto Nocciola italia
della Ferrero e viene illustrata nel suo video introduttivo.
Questi i suo tratti
principali: L’eccellenza del prodotto nazionale; la massima meccanizzazione e
industrializzazione dell’agricoltura; un paesaggio di monocolture di nocciole;
l’evocazione dell’insieme inteso come l’agire comune di imprenditori agricoli e
la Ferrero; il massimizzare dei profitti da trarre dalla filiera che rende
ricco il territorio.
Altrettanto chiara la visione
opposta, anche se spesso espressa in modo più intuitivo. Propone uno sviluppo
sostenibile delle “aree interne” a partire dalle loro ricchezze connaturali. Un
esempio ne è la lettera
ai governatori di Alice Rohrwacher (ed è anche una visione che
traspira dalle sue opere).
Questa è un’eccellenza di un
altro tipo: il complesso intreccio di un paesaggio (unico al mondo) variegato
con i suoi abitanti; una grande bio-diversità a tutti i livelli; un insieme
ampio di contadini, popolazione, paesaggio naturale e culturale abitato con la
sua storia; monumenti e ricchezze storici e culturali che fanno parte integrale
di questo paesaggio; insieme unico questo che può assicurare reddito a molte
persone in differenti settori, conservando la ricchezza del territorio.
paesaggio abitato
Quale sarà lo sviluppo del
mercato della nocciola? Quale parte degli introiti rimarrà nell’economia
locale? Quale impatto sui suoi altri settori? Quali conseguenze della perdita
dell’autonomia alimentare, della dipendenza dell’agricoltore dagli indirizzi
delle multinazionali? Quale impatto dalla soppressione delle piccole realtà
agricole, delle attività di giovani coltivatori? Per quanto tempo i sussidi
statali ed europei potranno rimanere concentrati sul nocciolo (a danno degli
altri settori dell’agricoltura e del biologico)? Chi pagherà le conseguenze del
danno ambientale?
Torniamo a certezze
scientifiche, su un livello più alto e globale. Al semplice fatto che tutti i
settori della nostra vita dipendono essenzialmente da benefici multipli che ci
mette a disposizione gratuitamente la Terra, dai “servizi ecosistemici”. Per la
prima volta, questo fatto è stato esposto chiaramente nel “Rapporto
del millennio” (Millennium Ecosystem Assessment (MEA, 2005)), uno
studio generale di tutti gli ecosistemi del mondo. Questi servizi sono di
supporto alla vita, di regolazione, di approvvigionamento, e culturali. La
maggior parte di questi servizi non è sostituibile, e solo ecosistemi sani e
intatti possono fornirli.
Un risultato principale del
MEA è, che tutti gli ecosistemi della Terra sono in rapido degrado, ciò che
mette in pericolo i benefici che ci regalano. Uno studio fondamentale del 1997
ha stimato il solo
valore economico di questi servizi a una somma che supera il PIL di
tutti i paesi del mondo presi insieme (aggiornato e ampliato nel
2014).
Vigna naturale sul Lago
La consapevolezza di questo
valore e del pericolo imminente causato dal degrado degli ecosistemi, è alla
base degli indirizzi politici mondiali. Il loro intento è di indurre
urgentemente “grandi cambiamenti … nelle politiche, istituzioni e pratiche in
atto.” Questi indirizzi si traducono, a livello locale, tra l’altro nel
sostegno all’agricoltura
biologica riconosciuta “di importanza nazionale”, nel sostegno delle
piccole realtà contadine “custodi
della biodiversità”, nell’obbligo di valutazioni
ambientali di progetti come quello della Ferrero, nell’istituzione di una
rete di siti
protetti (p. e. il Lago di Bolsena, Il Bosco del Sasseto, il Monte Rufeno).
Perché nessuna traccia di
questa consapevolezza, nessun cenno a questa responsabilità nel accordo tra la multinazionale Ferrero e la Regione Lazio (rappresentante locale degli indirizzi mondiali)? Perché nessuna seria valutazione dell’impatto del progetto sull’ambiente?
Perché la popolazione non è coinvolta nelle decisioni?
È strano, ma sembra che il nostro
territorio in tutta la sua bio-diversità, con le persone, animali, piante, con
la sua storia, cultura, spiritualità, la sua energia propria, non esiste per i
fautori del progetto, se non come substrato per le monocolture di nocciolo – terra nullius.
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