mercoledì 13 marzo 2019

La nocciola, ricchezza o condanna per il Lago? 3: impatti economici e sociali


Nel primo post di questa serie abbiamo discusso l’impatto sull’ambiente della “rivoluzione che parte dalla Tuscia”, che prevede estesi nuovi impianti di noccioleti anche nel comprensorio del Lago di Bolsena. Possibili soluzioni ecosostenibili sono state il tema del secondo post.
Questo terzo articolo riflette su altri impatti possibili della nocciolicoltura diffusa – impatti sociali, economici, e “altri” impatti ancora di ordine più complesso.

Altopiano dell'Alfina
 
Mentre la discussione sui rischi e impatti dei noccioleti sull’ambiente si può basare su dati e calcoli, su osservazioni e analisi scientifiche, adesso ci muoviamo su un terreno più difficile. Trattiamo di un insieme di fenomeni complessi difficili da analizzare, parametrizzare; tocchiamo fenomeni vitali.
Predire precisamente l’effetto sull’economia locale dell’industrializzazione dell’agricoltura, oppure trarre conclusioni esatte circa i suoi impatti sociali, è impossibile. Proiezioni di questo tipo dipendono da modelli, da ipotesi su uno sviluppo futuro. Tra tutta una gamma di ipotesi si possono distinguere due, due modelli, due visioni contrapposte.


La prima di queste è esposta chiaramente nella presentazione del Progetto Nocciola italia della Ferrero e viene illustrata nel suo video introduttivo.
Questi i suo tratti principali: L’eccellenza del prodotto nazionale; la massima meccanizzazione e industrializzazione dell’agricoltura; un paesaggio di monocolture di nocciole; l’evocazione dell’insieme inteso come l’agire comune di imprenditori agricoli e la Ferrero; il massimizzare dei profitti da trarre dalla filiera che rende ricco il territorio.
 
Altrettanto chiara la visione opposta, anche se spesso espressa in modo più intuitivo. Propone uno sviluppo sostenibile delle “aree interne” a partire dalle loro ricchezze connaturali. Un esempio ne è la lettera ai governatori di Alice Rohrwacher (ed è anche una visione che traspira dalle sue opere).
Questa è un’eccellenza di un altro tipo: il complesso intreccio di un paesaggio (unico al mondo) variegato con i suoi abitanti; una grande bio-diversità a tutti i livelli; un insieme ampio di contadini, popolazione, paesaggio naturale e culturale abitato con la sua storia; monumenti e ricchezze storici e culturali che fanno parte integrale di questo paesaggio; insieme unico questo che può assicurare reddito a molte persone in differenti settori, conservando la ricchezza del territorio.

paesaggio abitato
 
La visione Ferrero sottolinea senza mezzi termini la propria superiorità: ricchezza materiale sicura e di conseguenza vantaggi sociali per la Tuscia. Nessun cenno a impatti ambientali.
Un’affermazione del valore di uno spot pubblicitario. Si rivolge a investitori che contano sulla mobilità del loro impegno e non a contadini legati alla terra che curano. Nessuno è in grado di predire l’andamento futuro dell’economia locale, del nostro territorio trasformato in zona industriale diffusa:

Quale sarà lo sviluppo del mercato della nocciola? Quale parte degli introiti rimarrà nell’economia locale? Quale impatto sui suoi altri settori? Quali conseguenze della perdita dell’autonomia alimentare, della dipendenza dell’agricoltore dagli indirizzi delle multinazionali? Quale impatto dalla soppressione delle piccole realtà agricole, delle attività di giovani coltivatori? Per quanto tempo i sussidi statali ed europei potranno rimanere concentrati sul nocciolo (a danno degli altri settori dell’agricoltura e del biologico)? Chi pagherà le conseguenze del danno ambientale?
 

Torniamo a certezze scientifiche, su un livello più alto e globale. Al semplice fatto che tutti i settori della nostra vita dipendono essenzialmente da benefici multipli che ci mette a disposizione gratuitamente la Terra, dai “servizi ecosistemici”. Per la prima volta, questo fatto è stato esposto chiaramente nel “Rapporto del millennio” (Millennium Ecosystem Assessment (MEA, 2005)), uno studio generale di tutti gli ecosistemi del mondo. Questi servizi sono di supporto alla vita, di regolazione, di approvvigionamento, e culturali. La maggior parte di questi servizi non è sostituibile, e solo ecosistemi sani e intatti possono fornirli.
Un risultato principale del MEA è, che tutti gli ecosistemi della Terra sono in rapido degrado, ciò che mette in pericolo i benefici che ci regalano. Uno studio fondamentale del 1997 ha stimato il solo valore economico di questi servizi a una somma che supera il PIL di tutti i paesi del mondo presi insieme (aggiornato e ampliato nel 2014).

Vigna naturale sul Lago
 
La consapevolezza di questo valore e del pericolo imminente causato dal degrado degli ecosistemi, è alla base degli indirizzi politici mondiali. Il loro intento è di indurre urgentemente “grandi cambiamenti … nelle politiche, istituzioni e pratiche in atto.” Questi indirizzi si traducono, a livello locale, tra l’altro nel sostegno all’agricoltura biologica riconosciuta “di importanza nazionale”, nel sostegno delle piccole realtà contadine “custodi della biodiversità”, nell’obbligo di valutazioni ambientali di progetti come quello della Ferrero, nell’istituzione di una rete di siti protetti (p. e. il Lago di Bolsena, Il Bosco del Sasseto, il Monte Rufeno).

Perché nessuna traccia di questa consapevolezza, nessun cenno a questa responsabilità nel accordo tra la multinazionale Ferrero e la Regione Lazio (rappresentante locale degli indirizzi mondiali)? Perché nessuna seria valutazione dell’impatto del progetto sull’ambiente? Perché la popolazione non è coinvolta nelle decisioni?
È strano, ma sembra che il nostro territorio in tutta la sua bio-diversità, con le persone, animali, piante, con la sua storia, cultura, spiritualità, la sua energia propria, non esiste per i fautori del progetto, se non come substrato per le monocolture di nocciolo – terra nullius.

Bosco del Sasseto


Nessun commento:

Posta un commento