Negli ultimi mesi si è intensificata la
lotta contro i molteplici progetti di sfruttamento geotermico nell’Alto Lazio e
nelle zone attigue dell’Umbria e della Toscana, grazie agli apporti energici
del Comitato SOS Geotermia, del Comitato per la Difesa della Salute e del
Territorio di Castel Giorgio e del Comitato Interregionale Salvaguardia Alfina.
Si profila una lotta comune e coordinata di comitati e associazioni
ambientaliste dell’intera zona (tra cui il “leader storico” della lotta contro
la geotermia selvaggia, l’associazione Lago di Bolsena), con l’intenzione di
coinvolgere tutte le amministrazioni comunali (una ventina nel Lazio) il cui
territorio è interessato dalle richieste di esplorazioni geotermiche.
Lo scorso 7 luglio, un documento
condiviso dai sindaci di Orvieto, Castel Viscardo, Castel Giorgio, Allerona,
Acquapendente e Montefiascone è stato consegnato al ministro dell’ambiente
Andrea Orlando, e si prospetta che tutti i comuni coinvolti aderiscano alla
richiesta di uno stop allo sfruttamento della geotermia. È iniziata una
raccolta di firme in sostegno di una petizione popolare che chiede “di porre
come priorità la salvaguardia della salute delle popolazioni e la tutela
dell’integrità del territorio e delle sue preziose risorse naturali, e quindi
di impedire il rilascio di permessi di sfruttamento delle risorse geotermiche”.
Altopiano dell'Alfina |
In questo momento l’attenzione si
concentra su due impianti “pilota” ubicati rispettivamente nella Regione Lazio e nella Regione Umbria denominati “Castel
Giorgio - Torre Alfina” e proposti dall’ITW LKW Geotermia Italia S.p.a. Tra le finalità del decreto legislativo 28/2011, di
attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da
fonti rinnovabili, è “la sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di
impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni
di provenienza, e comunque con emissioni nulle”. Tali impianti godono di
importanti agevolazioni amministrative poiché l’approvazione e la gestione dei
programmi relativi alla sperimentazione di impianti pilota geotermoelettrici
sono “di competenza del Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il
Ministero dell’Ambiente, d’intesa con la Regione interessata” – non è quindi
previsto il coinvolgimento dei comuni nei processi decisionali.
In parallelo alla raccolta firme e ad
una campagna di sensibilizzazione, i comitati cittadini conducono un’azione
giuridica con un esposto per conflitti d’interesse nei confronti del prof.
Franco Barberi e dell’ing. Guido Monteforte Specchi. Barberi (già
sottosegretario alla Protezione civile e condannato in primo grado a 6 anni di
reclusione e risarcimento fino a 450mila euro per le vittime del terremoto
dell’Aquila) è project supervisor della Itw Lkw e allo stesso tempo membro
della Commissione Cirm che il 13 marzo 2012 ha dato “parere favorevole” al
progetto “Castel Giorgio – Torre Alfina”. Monteforte Specchi invece, pur
operando per la realizzazione del progetto, è presidente della commissione che
verifica l’impatto ambientale.
I rischi maggiori dello sfruttamento
geotermico nelle nostre zone, anche in impianti “con emissioni nulle”, sono
collegati alla complessa struttura geologica del sottosuolo, mal conosciuta nei
dettagli, e alla possibile esistenza di cappe di gas a pressione nei serbatoi
geotermici.
Un rischio principale è l’inquinamento
della falda acquifera superficiale. I bacini acquiferi potabili, sia
sotterranei come quello dell’Alfina, sia in parte affioranti come nel caso del
Lago di Bolsena, sono già ora in precario equilibrio per la loro consistenza e
la salubrità delle acque. Sotto la falda acquifera si trova uno strato di rocce
sostanzialmente impermeabili dello spessore di oltre 1000 metri, e sotto ancora
una falda contenente acqua caldissima (la falda geotermica), che contiene
inquinanti pericolosi quali arsenico, anidride solforosa, anidride carbonica e
altro. Per ottenere energia elettrica con la nuova tecnologia, s’invia l’acqua
della falda geotermica, fornita dai pozzi di produzione, a degli scambiatori di
calore in cui un fluido a circuito chiuso aziona le turbine elettriche. L’acqua
geotermica, raffreddata attraversando lo scambiatore è quindi reiniettata
integralmente nella falda geotermica attraverso dei pozzi ubicati a qualche
chilometro di distanza, senza emissione di gas maleodoranti.
Schema di un impianto geotermico simile a quello proposto nell'Alfina |
Il rischio d’inquinamento della falda
potabile nasce dal fatto che lo strato di terreni che separa le due falde
acquifere non è del tutto impermeabile perché la tettonica dell’Era terziaria e
le trascorse attività vulcaniche vi hanno provocato innumerevoli fratture,
difficilmente individuabili, che potenzialmente consentono flussi di acqua
ascendenti e discendenti. L’attuale equilibrio tra le due falde verrebbe
turbato dai pozzi geotermici, quelli d’iniezione che creano una sovrapressione,
e quelli di estrazione che provocano una depressione, con la possibile
attivazione di flussi di scambio tra i due serbatoi. Una possibile conseguenza
è l’inquinamento ulteriore dell’acqua potabile con arsenico.
Un altro rischio importante deriva dalla
particolare precarietà e sensibilità sismica del sottosuolo fratturato. Ogni
intervento meccanico, come una perforazione, ogni iniezione di liquidi a
pressione, e ogni fuoruscita di liquidi o gas a pressione, provoca uno stress
meccanico che può causare fenomeni sismici anche di notevole intensità (e si
tratta solo di uno dei meccanismi sismogeni possibili). Un esempio recentissimo è il
terremoto (oppure lo “sciame sismico”) scatenato il 20 luglio da lavori legati
alla perforazione geotermica a Sittertobel, nei pressi di San Gallo in
Svizzera; le autorità hanno subito ordinato la sospensione delle attività. Nel
2006 a Basilea, un progetto simile è stato abbandonato dopo l'erompere
insistente di fenomeni sismici. Più grande è la sensibilità sismica di una
zona, più grande è il rischio: come dimostrano i disastrosi terremoti avvenuti
a Castel Giorgio e Tuscania (di magnitudo prossima a 5), questa sensibilità è
elevata nel nostro territorio, mentre nella zona di San Gallo è bassa. Secondo Ernst
Huenges, responsabile del progetto di ricerca europeo “Geiser”(che studia
metodi per mitigare la sismicità indotta), terremoti indotti possono
raggiungere intensità comparabili a quelli di eventi sismici naturali tipici
della zona.
Questi terremoti possono causare danni a
strutture private e pubbliche. Come ci insegna l‘esperienza, anche in paesi con
una coscienza civica sviluppata come la Germania e la Svizzera, i danni
provocati sono di regola a carico dei privati o dei comuni, e non delle aziende
o delle amministrazioni che hanno rilasciato i permessi, perché è quasi
impossibile dimostrare con certezza il nesso causale tra sfruttamento
geotermico e sisma.
Un ulteriore problema e legato all’incentivazione
generosa delle energie rinnovabili nell’ambito della “Green Economy” che, in
assenza di una programmazione energetica nazionale e regionale e di efficaci
meccanismi di tutela, favorisce attività speculative dannose per l’ambiente e
la salute dei cittadini – invitiamo all’approfondimento con il romanzo-inchiesta
“Io carne cruda. La green economy tra sogno e incubo” di Daniele Camilli e
Elena Hagi. Il Lago di Bolsena è sotto tutela dell’Unione Europea come SIC-ZPS,
e la relativa normativa stabilisce che qualsiasi progetto o intervento volto ad
avere incidenza significativa sul sito considerato, deve essere oggetto di
Valutazione di Incidenza sull’ecosistema lacustre. Tale valutazione deve essere
fatta non separatamente per ogni singolo pozzo ma sul complessivo piano di
intervento.
Tutto ciò è stato esposto non per negare
l’importanza delle energie rinnovabili - che al contrario costituiscono, dopo
la riduzione degli sprechi di energia e l’aumento dell’efficacia energetica, il
terzo passo essenziale verso una gestione sostenibile delle risorse energetiche
–, ma nella convinzione che l’introduzione delle energie sostenibili con delle
modalità insostenibili, senza rispetto per l’ambiente e il cittadino, è un
nonsenso.
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