sabato 28 marzo 2015

Piano di eradicazione delle oche canadesi - il parere dell'esperto Enrico Calvario


In merito al “Piano di eradicazione della popolazione di oche canadesi (Branta canadensis) del lago di Bolsena tramite cattura e traslocazione in ambienti confinati” (vedi il link che riporta tutte le informazioni sulla vicenda), abbiamo chiesto un parere sull’argomento al Dott. Enrico Calvario, ornitologo esperto del lago di Bolsena e co-responsabile tecnico del Piano di Gestione della ZPS, che qui di seguito riportiamo:



Sicuramente l’Oca del Canada in quanto “specie aliena o alloctona” costituisce una potenziale criticità per la biodiversità presente nel lago, come anche evidenziato nel Piano di gestione della ZPS. 

Nello stesso Piano di Gestione viene però anche evidenziato il fatto che di specie alloctone nel Lago di Bolsena ce ne sono molte purtroppo (soprattutto tra i pesci tra cui il Pesce gatto, con tutti i problemi che questa specie provoca e ha provocato alla biodiversità ed alle specie ittiche di interesse commerciale) e vengono indicate alcune priorità quanto a pericolosità per la Biodiversità locale (Nutria, Gambero della Louisiana, Canna domestica); le Oche del Canada sono passate da 17 individui censiti nel 1999 agli attuali 50, con una crescita di 33 individui in 16 anni.

Non voglio parlare in questa sede delle altre criticità individuate dal Piano di Gestione che costituiscono le reali e concrete minacce per l’ecosistema lacustre, per il turismo e per la salute pubblica, peraltro già approfonditamente affrontate dall'ultimo post di questo blog; altro che oche …..

Il sindaco di Capodimonte ha invece ritenuto di puntare il dito sull’Oca del Canada, invocando i motivi sanitari (senza alcuno screening sanitario però), chiedendo quindi il supporto della Provincia che, a sua volta, ha chiesto quello del Dipartimento Dafne dell’Università della Tuscia che ha prodotto un Piano di eradicazione, ritenuto congruo dall’ISPRA, che ha emesso parere positivo.

E’ nei suoi poteri farlo, lo ha ritenuto opportuno e lo ha fatto; la procedura quindi è formalmente corretta, tranne per un aspetto, che di seguito farò presente.

Le motivazioni che hanno portato alla stesura del Piano di eradicazione sono riportate nella premessa del Piano stesso: “Il piano si rende necessario in quanto la popolazione di oche canadesi ha assunto dimensioni divenute incompatibili con la salvaguardia delle specie e degli habitat autoctoni, con le attività economiche e turistiche, nonché per motivi di igiene pubblica”.

Insomma dalla Premessa apprendiamo che il male di tutti i mali è l’Oca del Canada.



Il Piano di eradicazione realizzato dal Dip.to Dafne dell’Università della Tuscia mi è sembrato, molto scarno nel complesso (19 pagine); esso affronta in maniera piuttosto superficiale gli aspetti cruciali relativi “all’eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni”, in riferimento a quanto previsto all'art. 2 comma 2 bis della L.157 /92 introdotto con D.L. 91/2014.

Infatti non viene effettuata alcuna disamina delle possibili metodologie di intervento e/o strategie da mettere in atto per eliminare la “criticità” dovuta alla presenza dell’Oca del Canada, attingendo, come prassi scientifica vorrebbe, alla letteratura specialistica di settore, abbondante in materia,  facendone una “review” commentata, motivando la scelta effettuata; viene invece proposta “tout court” la cattura e la rimozione degli individui, senza considerare alcuna soluzione alternativa (la sterilizzazione ad esempio), senza nessun tipo di analisi costi/benefici.

Altro aspetto carente, a mio avviso, è che il Piano di eradicazione non ha previsto nessun tipo di attività inerente la disciplina della “human dimension”; senza prevedere cioè alcuna attività partecipativa/informativa a livello locale, aspetti oramai ritenuti consolidati/basilari/necessari in qualsiasi “attività gestionale” che riguardi interventi di reintroduzione/introduzione/eradicazione, secondo i dettami della biologia della conservazione; è irrinunciabile il coinvolgimento delle comunità locali al fine di individuare le soluzioni più opportune, sentendo i pareri dei diversi “portatori di interesse” coinvolti, e individuare quindi le modalità di intervento maggiormente condivise, fermi restando l’obiettivo e l’efficacia.


Occorre inoltre evidenziare che, tra le criticità riscontrate nel lago di Bolsena, riportate nel Piano di eradicazione all’interno del capitolo 4, a giustificazione della necessità dell’intervento di rimozione, viene riportata la frase seguente, nella migliore delle ipotesi fuorviante, per i motivi di seguito specificati. Ricerche condotte in Europa settentrionale, hanno dimostrato la competizione diretta con specie autoctone di oche e cigni (Gebhardt, 1996). Nel lago di Bolsena è segnalata la presenza e la nidificazione probabile di cigno reale (Cygnus o/or) (Scartò, 2011)”.

La frase contiene due gravi inesattezze: la prima è che la nidificazione del Cigno reale nel Lago di Bolsena non è “probabile” ma “certa”, come sanno tutti coloro che conoscono bene il Lago di Bolsena e che hanno avuto modo di osservare coppie di cigni con “brutti anatroccoli” al seguito (nella pubblicazione citata, Scarfò, 2011, è errata l’informazione riportata nella cartina, ma, nel testo, se si ha la pazienza di leggerlo, viene correttamente riportato che la specie nidifica con certezza nel lago); la seconda inesattezza, ancor più significativa, è che il Cigno reale nel Lago di Bolsena è anch’essa una specie alloctona, frutto di immissioni, come per l’appunto riportato da Scarfò, 2011, e non “autoctona”, come lascia intendere la frase sopra riportata.

In diversi altri punti dello studio vengono inoltre riportate affermazioni riguardanti l’Oca del Canada riferendole alla citazione bibliografica (Scarfò, 2011) che, invece, riguarda per l’appunto il Cigno reale ed omettendo la citazione corretta, ad ulteriore riprova della frettolosità, imprecisione e incompletezza che hanno caratterizzato l’elaborazione di questo studio.

L'Agenzia Regionale per i Parchi della Regione Lazio (ARP) ha tra l’altro avviato dal 2007 un progetto a scala regionale denominato PASAL ("Progetto Atlante Specie Alloctone del Lazio"), il cui obiettivo generale è la riduzione dell'impatto delle specie di fauna alloctona sul patrimonio regionale di biodiversità; il Piano di eradicazione non ha considerato questo importante progetto e  gli Uffici dell’ARP e gli esperti che ne fanno parte, da quanto mi risulta, non sono stati interpellati (obbligatorio no…opportuno si).

Ultima considerazione che lascia forte perplessità è che il Piano di eradicazione, a pag. 15, si auto esonera dalla procedura di Valutazione di Incidenza “Da un'analisi preliminare delle fasi previste, si ritiene che nessuna di esse comporti incidenze su specie ed habitat; non è richiesta, pertanto, la procedura di valutazione d'incidenza”, creando un pericoloso precedente che penso sia opportuno e doveroso da parte mia segnalare.




Ci preme sottolineare che, come evidenzia il Dott. Calvario, “è irrinunciabile il coinvolgimento delle comunità locali al fine di individuare le soluzioni più opportune, sentendo i pareri dei diversi “portatori di interesse” coinvolti, e individuare quindi le modalità di intervento maggiormente condivise, fermi restando l’obiettivo e l’efficacia.

Infatti, lo studio parla in modo vago di “malessere della popolazione residente e dei turisti” e costata che “puntuali e frequenti risultano le lamentele” (gli unici referenti locali nominati invece sono il veterinario Micarelli e il tenente Enrico Paziani), ma nasconde l’esistenza di un folto gruppo di cittadini che è contrario alla deportazione delle oche. Da segnalare la decisa presa di posizione dell’ENPA (Ente NazionaleProtezione Animali) che si oppone alla deportazione e annuncia azioni legali contro la prevista tarpatura delle ali dei volatili (vedi link), e la raccolta firme in corso sostenuta da “una marea di proteste”. Qui l'ENPA invita a inviare mail di opposizione.

Ultimo punto: lo studio contiene un’informazione importante di cui i cittadini finora sono stati tenuti all’oscuro, ossia il fatto che “nell'ipotesi in cui non tutti gli animali risultino affidati entro un periodo stabilito dall'Autorità Sanitaria [e non specificato], la quota residua potrà essere abbattuta …”.


sabato 21 marzo 2015

Rischio sanitario a Capodimonte: Le oche, oppure …?





Per Mario Fanelli, sindaco di Capodimonte, è chiaro: "per motivi igienico sanitari la situazione è diventata insopportabile” sulla spiaggia di Capodimonte (vedi link).
Il primo cittadino ha completamente ragione: Ci sono gravi carenze sanitarie sul Lungolago di Capodimonte (ne abbiamo parlato più volte nel passato) poiché
- quasi tutta la spiaggia di Capodimonte, la più frequentata di tutto il Lago, è senza controllo igienico sanitario;
- su tutta questa spiaggia si verificano ripetuti sversamenti di acque fognarie, dovute a carenze della rete fognaria comunale e alla situazione disastrata dell’anello fognario circumlacuale.

sversamento dalle fogne comunali  sul Lungolago di Capodimonte

La responsabilità di questa situazione ricade sulle amministrazioni – comunale, provinciale e regionale. Le stesse amministrazioni che adesso procedono, per risolvere la “situazione insopportabile”, esclusivamente contro le oche canadesi, che “riempiono di escrementi gli asciugamani” sul Lungolago.
Ci chiediamo: ci sono validi motivi per questo accanimento? Vogliamo capire:
1) Le oche canadesi del Lago di Bolsena rappresentano davvero un pericolo?
2) Se fosse così, l’unica soluzione possibile è l’eradicazione?

Per quanto riguarda il primo punto, leggiamo il “BANDO PUBBLICO PER L'ASSEGNAZIONE GRATUITA DI OCHE CANADESI (Branta canadensis)” della Provincia di Viterbo (vedi link), che si basa su uno studio di fattibilità dell’Università della Tuscia:
La consistenza della popolazione è più che raddoppiata nel periodo compreso tra l'inverno 2009 e l'estate 2014, ed è in grado di interagire negativamente con le attività antropiche e la salute pubblica, il sovraccarico può risultare localmente problematico, manifestandosi con impatti significativi sulle cenosi [Cenosi - Insieme di animali e vegetali che vivono in un medesimo ambiente] vegetali e con accumuli di deiezioni, potenziali focolai di infezione.
Oltre ad impattare sui prati rasati in ambiente urbano e sulle colture sensibili in aree rurali, le oche rappresentano una potenziale minaccia alla conservazione della diversità biologica, interagendo in modo distruttivo con molte cenosi vegetali ed animali autoctone anche di interesse conservazionistico: manifestazioni aggressive con uccisione di individui giovani e adulti di gallinella d'acqua e folaga.
Notiamo subito: si parla di possibilità – “potenziale minaccia”, “può risultare”, “è in grado” – e non di certezze. Certezza provata da fatti è invece il rischio sanitario grave dovuto alle carenze fognarie.
Sappiamo, che in altri paesi l’oca canadese, specie invasiva e difficile a controllare (simile all’uomo quindi), pone problemi del genere citato dalla Provincia - in Gran Bretagna ad esempio dove sono presenti circa 100 mila esemplari: ma in Italia dove si contano meno di 100 oche in tutto il paese?
Quindi, non bisogna drammatizzare: In Italia il Lago di Bolsena è l’unico sito importante di presenza dell’oca canadese e il suo unico sito di riproduzione. Il numero degli esemplari dovrebbe attualmente aggirarsi attorno a 50 (secondo i censimento dei volontari dell' IWC Italia (ISPRA)), nel 2009 ne erano 22, e 46 nel 2014). Per informazioni dettagliate riferiamo all’articolo di Enrico Calvario “Oca del Canada” nel “Nuovo Atlante degli Uccelli Nidificanti nel Lazio” (vedi link).


Siamo d’accordo che un branco di 50 oche può localmente interagire negativamente con le attività antropiche (p. e. sporcare asciugamani) e danneggiare le colture agricole intensive e convenzionali in vicinanza del Lago. Più difficile immaginare una minaccia per la folaga (9197 esemplari nel 2014) e la gallinella d’acqua (da oltre 20 anni presente nel lago con un numero estremamente limitato di individui, secondo i dati derivanti dai censimenti ufficiali dell'ISPRA), o in globale per la biodiversità locale.
Siamo anche d’accordo che le specie alloctone (aliene) in generale rappresentano una minaccia per la biodiversità e per l’equilibrio dell’ecosistema del Lago. In questo senso il Piano di Gestione per il Sito di Interesse Comunitario Lago di Bolsena (poco fa effettivamente bocciato dalla Regione come esposto in un recente post) analizza il problema e propone misure: sorveglianza del numero di esemplari, ed eventualmente misure di contenimento fino all’eradicazione.
Questo però in un quadro d’insieme che considera tutte queste specie (tra quelle animali la carpa erbivora, la nutria, il gambero rosso del Louisiana, il pesce gatto …), dove eventuali misure sono da concertare e i (pochi) fondi disponibili da distribuire secondo le relative urgenze. L’azione isolata contro le oche ignora queste necessità. A proposito: quanto costa, e chi paga per il provvedimento ad personam contro le oche?  


 Tentiamo la risposta alla nostra seconda domanda: anche se le oche del Lago rappresentassero una minaccia per la biodiversità e un problema serio per la salute pubblica, è vero che il problema può essere risolto unicamente con l’eradicazione della popolazione (“ococausto”), oppure si possono immaginare soluzioni alternative?  
Su livello internazionale, l’IPM (Integrated Pest Management, lotta integrata) prevede interventi su tre livelli: prevenzione e gestione, controllo e interventi non mortali, eradicazione ed eliminazione.
Premettiamo che l’aumento del numero delle oche è legato all’antropizzazione dell’ambiente lacustre, che crea condizioni favorevoli per lo sviluppo della specie e sottrae gli spazi a eventuali predatori (per esempio le volpi o uccelli predatori che minacciano uova e prole). Come accade spesso, l’uomo, per correggere il suo impatto infausto sull’ecosistema, reagisce con azioni altrettanto sconsiderate – prima permetto alle oche di proliferare, poi le stermino (delirio di onnipotenza)!
Un primo intervento equilibrante potrebbe dunque essere la ricostituzione degli habitat naturali nel comprensorio del Lago, e la riduzione dell’attrattività delle zone urbanizzate per le oche, p. e. riducendo le superficie dei prati irrigati abbondantemente e/o inserendovi piante indigeste per le oche, creando barriere per rendere i prati meno accessibili alle oche ...
Un possibile intervento di contenimento sarebbe l’asporto delle uova dai nidi o la loro sostituzione con uova di gesso. Dopodiché, si potrebbe pensare alla sterilizzazione delle oche e alla riduzione del loro numero, per esempio dimezzandolo e offrendo agli uccelli catturati un’ospitalità degna e controllata.
In questo contesto, colpisce il fatto che il bando provinciale specifica “l'impegno dell'interessato a che non possa avvenire il rilascio, anche accidentale, in natura degli animali e che lo stesso disponga di spazi e strutture idonee ad ospitare gli animali stessi nel rispetto della specifica normativa vigente in tema di detenzione di animali selvatici”, ma definisce nessun impegno relativo alle condizioni effettive della detenzione (oltre all’impegno alla segregazione delle classi di sesso, alla tarpatura delle ali, all’anellatura e all’impossibilità del rilascio in natura), al controllo di queste condizioni o della sopravvivenza delle oche, oppure a un resoconto continuo sulla loro salute e le condizioni di detenzione.
Ѐ vero che il sindaco Fanelli dà la sua parola: “Assicuro comunque che nessun esemplare verrà abbattuto". Ma basta per garantire una vita tranquilla per le oche catturate che possono raggiungere un’età di 80 anni? Secondo noi, no.

oca arrosto

 Infine, ci chiediamo: su quale base agisce il sindaco di Capodimonte? Esiste una richiesta scritta e firmata da un numero consistente di cittadini? Ѐ stata coinvolta la cittadinanza come prevede la legge? Perché non si ricorre a un piccolo referendum, rivolto ai cittadini del comprensorio (e non solo ai capodimontani) esponendo tutte le possibilità della gestione della problematica? E perché non si riflette sulla possibilità di considerare le oche un gradito e raro ospite dai paesi del nord – il Lago di Bolsena è comunque l’unico sito in Italia scelto dalle oche come domicilio. Un patrimonio da far valere e non un fastidio da eliminare.



Riassumiamo:
Le oche canadesi non rappresentano ancora un pericolo reale per la salute pubblica e la biodiversità dell’ecosistema del Lago. Esistono invece pericoli ben più concreti e gravi, ignorati e negati dalle amministrazioni.
Esistono alternative reali e valide all’eradicazione imposta dalla Provincia.




sabato 14 marzo 2015

Lago di Bolsena e Rete Natura 2000 - la farsa delle Misure di Conservazione


In una recente lettera “agli Amici (e non) del lago di Bolsena, al Ministro dell’Ambiente, al Presidente, Assessori e Funzionari della Regione Lazio”, l’instancabile presidente dell’associazione Lago di Bolsena, Piero Bruni, affronta il problema della Misura Habitat dell’Unione Europea (92/43/CEE), della rete di Siti di Interesse Comunitario (SIC) conosciuta come Natura 2000, e delle misure di conservazione finalizzate alla designazione delle zone speciali di conservazione (ZSC) preadottate dalla Regione Lazio con decreto della giunta regionale n. 886 del 15 dicembre 2014.


Spiega Bruni: “Come noto le aree definite SIC sono Siti d’Interesse Comunitario, la loro tutela riguarda soprattutto l’habitat fisico e biologico. Quelle definite ZPS sono Zone di Protezione Speciale, la loro tutela riguarda esclusivamente gli uccelli. La designazione dei SIC e ZPS da parte del Ministero dell’Ambiente risale al 2007. Nel Lazio vi sono 37 SIC, fra i quali il lago di Bolsena, che è il sito più importante, più sensibile e più vulnerabile del Lazio.
La designazione delle ZSC sarebbe dovuta avvenire entro 6 anni dalla data di individuazione definitiva dei Siti d’Importanza Comunitaria "nelle quali applicare le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino dell’Habitat." (art.6.1 della Direttiva Habitat, vedi documento).
Per l’Italia i termini sono scaduti negli anni 2010-2012 e, di conseguenza, la Commissione Europea ha aperto nel 2013 il caso di preinfrazione EU Pilot 4999/13/ENVI a carico dell’Italia.
Continua Bruni: “Per arrestare la procedura la Regione Lazio ha predisposto in gran fretta le misure di conservazione per il lago di Bolsena che intende presentare alla UE. Attualmente le sta sottoponendo agli attori economici e sociali per raccogliere le loro osservazioni, come prevede l’obbligo della concertazione. La scadenza per la presentazione delle osservazioni è il 16 Marzo. Successivamente le osservazioni, eventualmente modificate, verranno definitivamente adottate dalla Regione e trasmesse alla UE.
Le misure che la Regione Lazio intende proporre alla UE sono tre: la regolazione del livello del lago; le restrizioni al carpfishing e un ancoraggio delle barche che non danneggi le alghe sui fondali. A nostro parere è improbabile che la UE sospenda la procedura di infrazione sulla base delle misure suddette che, di tutta evidenza, sono ridicole per mantenere e ripristinare l’Habitat. Tanto più che nel nostro caso si tratta di ripristino, essendo gravemente aumentata nel dal 2007 ad oggi la concentrazione di fosforo totale nel lago.
Secondo la Regione le osservazioni degli attori economici e sociali dovrebbero essere formulate solo in merito alle anzidette tre proposte utilizzando moduli specifici, tuttavia la nostra Associazione ha ritenuto necessario presentare osservazioni con una visione più ampia. Infatti il lago è la parte affiorante e visibile di un grande acquifero che è il bacino idrogeologico. Il lago, che si trova a valle, ne subisce gli effetti, ma le cause del degrado sono a monte, quasi tutte all'esterno dello specchio lacustre. Ne risulta che la conservazione del SIC deve coinvolgere tutte le cause che possono avere incidenza significativa sul SIC (Direttiva (92/43/CEE art. 6, commi 3 e 4). Se così non fosse sarebbero escluse dalle misure di conservazione: il collettore fognario circumlacuale; l’uso di fitofarmaci agricoli; la geotermia; la mancanza di un tratto del collettore; l’abusivismo degli scarichi; ecc, tutti fattori ubicati all'esterno del SIC che però incidono in modo determinante sulla conservazione e il ripristino dell’Habitat.
E infatti, se diamo uno sguardo ad altri paesi dell’UE, e specificamente alle Misure di Conservazione adottate per un lago in molti versi comparabile al nostro, il Lago di Starnberg in Baviera (che ospita i famosi “Starnbergersee Renken” molto simili al coregone), vediamo subito – anche soltanto sfogliando e guardando le immagini – che qui si tratta di un lavoro serio che contempla “tutti fattori che incidono sulla conservazione e l’eventuale ripristino dell’Habitat”.
Adesso non è così che non disponiamo di esperti e specialisti seri in grado di svolgere un ottimo lavoro qual'è il Piano di Gestione elaborato dai massimi esperti dell'ecosistema del Lago:

Bruni: “Nel 2008 la UE pagò l’Università della Tuscia per elaborare idonee misure di conservazione, note come di Piano di Gestione (PdG), Furono approvate dalla Provincia, ma ignorate dalla Regione che avrebbe avuto tutto il tempo (6 anni!) per esaminarle, concertarle e approvarle. Sicuramente il PdG verrà consultato dalla UE come testo di riferimento. E’ sufficiente scorrere l’indice per constare quali e quanti aspetti necessari per la tutela del lago siano stati ignorati.
La nostra Associazione ha realizzato un opuscolo (Stato Ecologico del Lago di Bolsena, anno 2014) che è un aggiornamento del PdG, limitatamente alla parte fisica e chimica dato che, con l’aggiunta di ulteriori sei anni di monitoraggi, si sono raccolte valide informazioni supplementari. Si è giunti alla conclusione di considerare come obiettivi principali della ZSC il ripristino della concentrazione di fosforo totale disciolto nel corpo d’acqua dagli attuali 13 μg/l a 8 μg/l come era nel 2005, oltre alla assoluta proibizione della geotermia nel bacino, attività che aumenterebbe la concentrazione di arsenico nel lago e nella falda per uso potabile, oltre all'aumento del rischio sismico. Maggiori informazioni sulla geotermia sono sul nostro sito www.bolsenaforum.net.
Secondo un’altra normativa UE il lago dovrebbe qualitativamente migliorare dal 2007 al 2015. Siccome il miglioramento non c’è stato (è aumentata la concentrazione di fosforo totale) si profila all'orizzonte una nuova procedura di infrazione. Lascia perplessi il fatto che a causa di pretestuose carenze di finanziamento non siano stati iniziati i lavori per ripristinare il collettore fognario il cui costo è di 2,3 milioni di euro, mentre sono stati eseguiti fulminei lavori del costo di quasi 50 milioni di euro per impianti di dearsenificazione. Tali impianti potevano in gran parte essere evitati prelevando acqua direttamente dal lago.
Quello che manca, quindi, è l’intelligenza, la responsabilità e la volontà dei politici di osservare le disposizioni della Direttiva Habitat.
L’approvazione delle misure di conservazione è condizione necessaria per attivare pienamente i finanziamenti a favore di enti, privati, ed altri soggetti coinvolti (ad esempio Enti gestori, agricoltori, silvicoltori, associazioni di categoria etc.) nelle azioni di tutela e valorizzazione della biodiversità previsti nei Programmi Comunitari 2014-2020 nei territori della Rete Natura 2000. Le tre misurine preadottate non convinceranno di sicuro l’UE a concederci questi benefici: Oltre alle multe per l’infrazione da pagare, la Regione e gli attori locali non potrà accedere ai finanziamenti europei.
Sappiamo chi sono i responsabili di questa negligenza, di questa farsa che è anche un insulto alla gente che s’impegna seriamente per la tutela dell’ambiente.
Conclude Bruni: “Quanto precede non sarebbe avvenuto se ci fosse stato un costruttivo colloquio fra le Istituzioni e le Associazioni, come promesso nel periodo elettorale. Invece la richiesta di colloqui da parte della Associazioni è stata ostentatamente ignorata sia dai Politici che dai Dirigenti, ben chiusi nei loro palazzi di granito, difesi da guardie armate. Difficile ora ottenere comprensione dalla UE e dalle Associazioni ambientaliste, tanto più che abbiamo da tempo avviato una petizione alla EU che dovrebbe essere discussa dalla Commissione il prossimo Aprile.

mercoledì 11 marzo 2015

Alcune piccole notizie: COBALB, geotermia, capitozzatura, rifiuti, oche ...


Sistema fognario:
Continua l’agonia del COBALB, che con pochissimi mezzi e molto coraggio riesce a mantenere una qualche operatività dell’anello circumlacuale di raccoglimento delle acque reflue. Ripetutamente si verificano piccoli sversamenti lungo il suo percorso; molte stazioni sono rimaste con una sola pompa di sollevamento. La sottostazione delle Fontane a Valentano, a causa del guasto della sua unica pompa, da alcune settimane sversa le fogne in arrivo nel Fosso Spinetto.

sversamento a Valentano

Per quanto riguarda l’intervento della Regione, sembra che la disponibilità dei fondi stanziati (2,3 milioni di Euro “disponibili quanto prima” (Refrigeri)) sia vincolata ad alcune condizioni: tra cui l’insediamento del nuovo direttore della Direzione Regionale Ambiente che dovrà sostituire l’inerte Placidi (finalmente pensionato), e la risoluzione dell’eterno problema COBALB – Talete – ACEA.
Ricordiamo che la Regione ha rapidamente reso disponibile circa 50 milioni di Euro per l’istallazione di dearsenificatori che essa stessa considera soluzione “non definitiva” (Zingaretti) al problema arsenico. Ricordiamo anche che anni fa l'amministrazione Polverini aveva stanziati circa 2 milioni di Euro per il ripristino del collettore, anch'essi però vincolati, e mai resi disponibili.

L’enigma Guadetto:
In un precedente post abbiamo parlato di un fenomeno di sversamento dal canale in località Guadetto a Bolsena. Secondo una segnalazione dettagliata pervenutaci, l’evento si è ripetuto nella notte dal 4 al 5 febbraio ed ha assunto dimensioni importanti. Secondo Andrea di Sorte, assessore del comune di Bolsena, non era legato alla pulizia del canale. Il fenomeno, questa volta, si spiega forse soltanto con le forti piogge del 4 febbraio. Sarebbe comunque utile sorvegliare il canale per risalire a eventuali fonti d'inquinamento.

foce del canale il 5 febbraio


Geotermia:
Questo tema è seguito con grande energia dall'associazione Lago di Bolsena (vedi p. e. articoli pubblicati dal RadioGiornale), che ha mandato una seconda lettera al Ministro dell’Ambiente e alle relative Sottosegretarie (con copia alla Unione Europea), specificando le motivazioni per cui ritiene errato il parere positivo espresso dalla Commissione di Valutazione d’Impatto Ambientale per l’impianto geotermico pilota di Castel Giorgio.
Purtroppo anche qui le parole e promesse facili degli esponenti regionali (Refrigeri, Panunzi) non corrispondono a una verità di fatti messi in atto. L’opposizione della Regione all'impianto pilota di Castel Giorgio dichiarata pubblicamente (p. e. durante la conferenza del 15 maggio 2014 a Montefiascone) è contraddetta, tra l’altro, dall'assenza di opposizione della Regione Lazio durante la votazione finale della Commissione di VIA ministeriale il 31 ottobre 2014. Tra poco pubblicheremo un riassunto dell’intricata faccenda.

Potatura degli alberi:

capitozzatura a Montefiascone
capitozzatura a Gradoli
Come ogni anno, molti comuni e privati ricorrono alla capitozzatura, la “più dannosa tecnica di potatura degli alberi” (vedi un nostro post), conveniente economicamente soltanto in una visione a breve termine. Un esempio virtuoso, invece, ci dà il Comune di Capodimonte, che ha incaricato una ditta specializzata della potatura attenta e selettiva di una parte degli alberi dello storico viale “I Pioppi” sul Lungolago (vedi il nostro post precedente).

potatura selettiva sul Lungolago di Capodimonte


Pesce di rifiuti:

pesce di rifiuti

Sempre da Capodimonte ci proviene una curiosa foto che mostra un pesce creato con rifiuti sicuramente recuperati sulla spiaggia e depositato davanti alla chiesa di San Rocco. Una forma originale, simbolica e artistica di protesta: poiché sembra che il Comune abbia più pazienza con le persone che sporcano l’ambiente che con le oche del Lungolago (vedi articoli del RG, del Corriere di Viterbo, di Tusciaweb). Oppure è prevista anche la deportazione dei sporcaccioni umani? 


oche sul Lungolago di Capodimonte
Ѐ molto controversa quest'azione “deportazione oche killer” delle quali, secondo le parole del primo cittadino di Capodimonte, “nessun esemplare verrà abbattuto, ma dato in affidamento a chiunque li voglia adottare”. 
Si prevede la detenzione da
- bioparchi, zoo, aree faunistiche;
- enti pubblici;
- soggetti privati, comprese le aziende agricole, gli agriturismi, le fattorie sociali, fattorie
didattiche, ecc.;
con affidamenti frazionati e segregazione delle classi di sesso. Forse preferirebbero essere abbattute?
Un gruppo di cittadini si oppone, mediante una petizione con raccolta firme (la trovate qui), alla "eradicazione della popolazione di oche canadesi del Lago di Bolsena".
L'argomento merita un approfondimento che sarà oggetto di un prossimo post. Infatti, esistono vari motivi fondati per opporsi alla prevista "eradicazione", anche se non ci sembra di maggiore importanza il rischio citato nella petizione, cioè che gli animali finiranno in "agriturismi venatori che destinerebbero inevitabilmente questi animali alla caccia e quindi alla loro estinzione". Dall'altra parte, non sembra che i "detentori" siano vincolati in alcun modo per garantire la sopravvivenza delle oche.