venerdì 4 dicembre 2020

La follia continua - nuovi sismi indotti dalla geotermia a Strasburgo

 Un anno fa, a Vendenheim/Reichstett nell’agglomerato urbano di Strasburgo, nei pressi di un sito di geotermia profonda gestito dalla Fonroche Géothermie, si è verificata una lunga serie di terremoti, di cui i più forti il 12 e 13 novembre 2019 di magnitudo M uguale a 2.6 e 3.1

sul sito di Fonroche a Vendenheim

Dopo questi due eventi classificati dal BCSF (Bureau Central Sismologique Français), l’omologo del nostro Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), come “indotti” dalle attività umane, l’iniezione di acqua a pressione in uno dei due pozzi di circa 5 mila metri di profondità era stata fermata. Fonroche aveva negato ogni legame con queste sue attività propedeutiche alla realizzazione della centrale geotermica.

Seguirono lunghe indagini e analisi a cura dell’Ineris (l’Institut national de l’environnement industriel et des risques) et del BRGM (Bureau de recherches géologiques et minières). Constatarono, contraddicendo il BCSF, che i sismi non si potevano con certezza attribuire alle attività geotermiche.

Gli esperti hanno quindi proposto (vedi qui) di procedere a ulteriori test di iniezione per meglio comprendere la circolazione delle acque in profondità e il grado di compartimentazione del serbatoio geotermico, e per verificare se l’iniezione provocasse l’accumulo di tensioni nel sottosuolo, causa di terremoti.

sito della centrale
I test hanno avuto inizio a ottobre con iniezione di acqua (a pressioni fino a 60 bar e con una portata poco importante) e hanno provocato una serie di terremoti di magnitudo da 1.1 fino a un sisma di M = 2.8 avvenuto il 28 ottobre. Dopo questa scossa, i test sono stati interrotti, e il sistema è stato messo in "sicurezza", a una pressione nel pozzo di 60 bar e un flusso di "sicurezza", non ulteriormente specificato. In questo stato "sicuro" invece, venerdì 4 dicembre ore 6:59 si è verificato un terremoto di M = 3.5 seguito da un altro di M = 2.8 (vedi qui per la notizia), ambedue nelle vicinanze del sito. 
Le scosse hanno provocato una “psicosi” (secondo le autorità) tra gli abitanti, e danni materiali. Sia la Rete Nazionale di Sorveglianza Sismica, sia l’impresa gestrice stessa hanno dichiarato che i terremoti erano legati alle attività di iniezione. Di conseguenza, queste attività saranno interrotte abbassando gradualmente la pressione nei pozzi. 

Ricordiamo che nei due siti di Castel Giorgio e Torre Alfina, dove l’ITW&LKW Italia vuole realizzare due centrali simili a questa prevista a Strasburgo, è già provato scientificamente che il sottosuolo è diviso in comportamenti stagni. L’attività di queste centrali comporterebbe il rischio di terremoti non solo di magnitudo M = 3.5, ma di sismi distruttivi fino a una magnitudo di 6, rilasciando una energia più di mille volte più grande.

Quando la vogliamo smettere con questa follia?



mercoledì 14 ottobre 2020

Autocertificazione geotermica

 

Le centrali geotermoelettriche italiane, che si trovano tutte in Toscana, emettono grandi quantità di gas e altre sostanze nocive e climalteranti, fatto conosciuto da molto tempo. Perché lo stato italiano le sostiene con incentivi destinati alla lotta contro il cambiamento climatico?


Nel seguito, spieghiamo le cause di questo paradosso, che in fondo si riducono a una doppia autocertificazione:
  • l'industria geotermica sostiene, senza aver fatto alcuna misura del caso, che le emissioni di Gas Serra dalle sue centrali vengono compensate da una corrispondente riduzione nell'emissione naturale di questi gas dal suolo, ritenendo di conseguenza che complessivamente le emissioni siano nulle;
  • non esistono argomenti scientifici che dimostrano l'esistenza di questa compensazione, ma al contrario esistono indicazioni per i campi geotermici dell'Amiata in cui, a causa della loro depressurazione durante lo sfruttamento, sono incrementate le emissioni gassose naturali;
  • inoltre, la legislazione non prevede che le emissioni da impianti industriali possano in qualche modo essere paragonate e sottratte da quelle naturali;
  • malgrado tutto ciò, lo stato italiano comunica all'Europa che le sue centrali geotermiche hanno emissioni nulle di Gas Serra. Di conseguenza, l'Agenzia Europea dell'Ambiente pubblica questo dato nei suoi rapporti annuali. A chiusura del cerchio, facendosi forte di questi dati, l'industria geotermica italiana "dimostra" che le sue centrali non emettono Gas Serra.

I riferimenti principali circa l’emissione di gas climalteranti e gas e altre sostanze nocive sono i monitoraggi a cura dell’ARPAT ((Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana) sin dal 1997, con un primo e interessantissimo riassunto “Energia geotermica - Impieghi, implicazioni ambientali, minimizzazione dell'impatto” curato da Eros Bacci. Già questa opera evidenzia l’emissione dalle centrali toscane di gas climalteranti “che potranno portare a variazioni climatiche la cui portata è ancora oggi ignota” [!] e calcola un fattore di emissione per l’anidride carbonica (per le centrali di Larderello) di 380 gCO2/kWh.

Seguono altri riassunti, tra cui il Rapporto geotermia 2009 per il periodo dal 2002 al 2009.  Una prima fondamentale pubblicazione scientifica internazionale dedicata a questo tema è il lavoro di M. Bravi e R. Basosi (Environmental impact of electricity from selected geothermal power plants in Italy, Journal of Cleaner Production 66 (2014), 301-308), che analizza le emissioni di gas incondensabili contenuti nei fluidi geotermici da quattro centrali dell’area di Monte Amiata sulla base dei monitoraggi dell’ARPAT.

Recentemente le nostre conoscenze sul quadro emissivo delle centrali toscane si sono approfondite grazie ad altre pubblicazioni scientifiche: M.-L. Parisi et al. “Life cycle assessment of atmospheric emission profiles of the Italian geothermal power plants”, Journal of Cleaner production 234 (2019), pp. 881-894, l’articolo collegato N. Ferrara, R. Basosi, M.L. Parisi “Data analysis of atmospheric emission from geothermal power plants in Italy”, Data in brief 25 (2019), 104339, e ancora R. Basosi et al. “Life Cycle Analysis of a Geothermal Power Plant: Comparison of the Environmental Performance with Other Renewable Energy Systems”, Sustainability 12 (2020), p. 7.

Il “best value” per il fattore di emissione di CO2 (riferito al tutto il ciclo di vita delle centrali) è determinato da Parisi et al., nella media ponderata di tutte le centrali della Toscana, a 483 gCO2/kWh. Il fattore totale di gas climalteranti, includendo le sostanziose emissioni di metano, risulta di 660 g(CO2)eq/kWh. Questi fattori di emissione sono più alti di quelli per le centrali a combustibile fossile italiane, prese in considerazione nella media nazionale per l’attuale mix termoelettrico.



Le centrali della Toscana non emettono soltanto gas climalteranti in quantità elevate, ma anche altri gas e altre sostanze nocive per la salute e per l’ambiente (vedi tabella 1). Il loro impatto sulla salute pubblica è ben studiato dalla Regione Toscana e riassunto in una nota di Medici per l'Ambiente.

Sorprende, in questa luce, l’affermazione della rivista Greenreport, organo del Cosvig (Consorzio per lo sviluppo delle Aree Geotermiche), che cita così il rapporto dell’EEA (European Environment Agency), l’Agenzia Europea dell’Ambiente, nominato Renewable energy in europe 2019, e uscito il 16 dicembre 2019:

L’uso di questa fonte rinnovabile permette di tagliare le emissioni di inquinanti e di CO2 non solo nel nostro Paese ma in tutta Europa, spiega l’Agenzia europea dell’ambiente”. Si legge che “Dalla geotermia arrivano dunque chiari benefici contro la crisi climatica e l’inquinamento atmosferico …” e “…Come mostra infatti l’Agenzia europea dell’ambiente, al 2018 l’incremento nella produzione geotermoelettrica – ad oggi presente esclusivamente in Toscana – ha consentito all’Italia di evitare l’impiego di 164,09 ktoe di combustibili fossili, oltre all’emissione in atmosfera di 0,51 Mton di CO2 e di numerosi inquinanti: 0,15 kt di NOx, 0,01 kt di PM10, 0,05 kt di SO2 e 0,04 kt di VOC.

Questa notizia è stata diffusa anche all’estero nel Global Geothermal News sotto il titolo:

Italia, l’energia geotermica salva vite (Italy: Geothermal Energy Saves Lives – Report)!

Infatti, il rapporto dell’EEA e il suo “dashboard” (per la categoria della produzione di energia geotermoelettrica in Italia), ci mostrano proprio questi dati, in completa contraddizione con i dati ambientali rilevati dall’ARPAT e con la realtà (vedi Tabella 1).

 

Tabella 1: Confronto delle emissioni misurate dall’ARPAT con le emissioni secondo l’EEA

(1) Emissioni secondo il rapporto Renewable energy in europe 2019 dell’EEA, riferite all’anno 2018;

(2) Emissioni calcolati dai fattori di emissione di Ferrara et al. e con la produzione annuale lorda di energia elettrica di tutte le centrali geotermoelettriche italiane per l’anno 2018 di 6105,4 GWh (Dati TERNA).

sostanza

emissione secondo EEA (1)

emissioni secondo ARPAT (2)

CO2

- 0,51 Mt

2,95 Mt

CH4

 

43,3 kt

SO2

-0,05 kt

12,2 kt

H2S

 

8,2 kt

NH3

 

7,5 kt

CO

 

303 t

Hg

 

2,3 t

Sb

 

250 kg

As

 

244 kg

PM10

- 0,01

*

PM2.5

0

*

NOx

- 0,15 kt

*

VOC

-0,04 kt

&

 

Il segno “meno” significa che la produzione di elettricità nelle centrali geotermiche permette di evitare le emissioni che verrebbero prodotte da centrali termoelettriche alimentate da combustibili fossili nel mix nazionale,

* dati non disponibili. Sappiamo però che centrali geotermiche a ciclo aperto emettono consistenti quantità di polveri sottili, sia di tipo primario che secondario, a causa dell’ammoniaca contenuta nei fluidi rilasciati,

& centrali geotermiche non emettono VOC (composti organici volatili), da considerare solo emissioni VOC durante il ciclo di vita delle centrali.

 

Le associazioni ambientaliste del Lago di Bolsena, in stretta collaborazione con la rete NOGESI, si sono quindi rivolte agli organi europei per chiarimenti: al Centro tematico europeo per mitigazione del cambiamento climatico ed energia (European Topic Centre on Climate Change Mitigation and Energy (ETC / CME)), che fa parte dell’EEA, e in parallelo, alla Commissione Europea, sia alla Direzione Generale Clima (CLIMA) e che alla Direzione Generale Ambiente (ENV).



Tramite un rapido ed efficace scambio di mail abbiamo potuto constatare:

1 - L’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) elabora statisticamente e pubblica nel suo rapporto i dati raccolti dagli stati membri nei loro inventari nazionali di emissione di gas a effetto serra (breve Gas Serra – GS) e trasmessi ufficialmente a Eurostat.  L’EEA non controlla la fondatezza dei dati, non calcola la quantità di emissioni né determina o controlla i fattori di emissione utilizzati; sottomette i dati soltanto a un “quality check” che permette di rilevare errori grossolani.

2 – Prima della pubblicazione, la bozza del rapporto viene trasmessa a EIONET – la Rete Europea di Informazione e Osservazione Ambientale che riunisce esperti dell’EEA e degli stati membri – per consultazione, correzioni, commenti.

3 – Per l’Italia, l’organo nazionale responsabile della redazione dell’inventario delle emissioni di Gas Serra è L’ISPRA, che lo pubblica annualmente assieme a un report, il National Inventory Report, dove espone le metodologie di stima, le fonti dei dati di base e dei fattori di emissione utilizzati. L’ultimo inventario è del 2020. Contiene la serie storica dell’energia elettrica prodotta nelle centrali geotermiche, ma non menziona le loro emissioni di Gas Serra.

4 – È possibile che l’ISPRA utilizzi il fattore di emissione “default” indicato dall’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) che è uguale a zero. La ragione per questa scelta dell’IPCC non è che gli esperti del cambiamento climatico ritengono che centrali geotermiche non emettono Gas Serra, ma perché non esiste ancora, su livello mondiale, una metodologia validata per la stima di emissioni di Gas Serra da centrali geotermiche (probabilmente perché queste emissioni sono estremamente variabili – nella letteratura si trovano valori da 0 g(CO2)eq/kWh  fino a 1500 g(CO2)eq/kWh - a seconda della regione dove si trova la centrale, a seconda delle caratteristiche dell’impianto, e a seconda chi provvede al calcolo delle emissioni).

5 – La rappresentanza italiana nell’EIONET non ha né commentato, né corretto la bozza del rapporto EEA.

6 – L’EEA conferma che l’Italia non ha comunicato emissioni di Gas Serra da impianti geotermoelettrici, e rileva che dovrebbe comunicarle se possono essere misurate.

7 – Le emissioni di GS dalle centrali italiane certamente possono essere misurate e sono state misurate da molti anni – almeno dal 1997, fino ad oggi. Il best value per il fattore di emissione di gas climalteranti nella media nazionale è di 660 g(CO2)eq/kWh.

Abbiamo tentato di avere chiarimenti dal responsabile per gli inventari di Gas Serra dell’ISPRA, ma non abbiamo ricevuto risposta, né ai nostri quesiti, né alla nostra richiesta di un incontro.

A questo proposito, l’eurodeputato Ignazio Corrao (M5S) ha depositato, il 30 settembre, una interrogazione alla Commissione Europea, che incalza sul tema della geotermia e la spinge a stabilire limiti di emissioni delle centrali geotermiche nell’ambito della revisione della Direttiva 2010/75/UE; e a considerare l’ipotesi di escludere dagli incentivi le centrali produttrici di sostanze climalteranti, come quelle a tecnologia “flash” ad oggi attive in Toscana.


La risposta all’enigma “perché l’Italia non inserisce nel suo inventario di Gas Serra le emissioni delle sue centrali geotermiche?” l’abbiamo invece trovata nel recentissimo studio commissionato dalla Commissione Europea intitolato
'Geothermal plants' and applications' emissions: overview and analysis' ("Emissioni delle applicazioni e degli impianti geotermici: quadro generale e analisi").

Questo studio discute in maniera approfondita anche la scelta dell’Italia di non includere nel suo inventario di Gas Serra le emissioni di CO2 delle sue centrali geotermiche, perché queste emissioni (dirette e misurabili) verrebbero compensate da una riduzione delle emissioni naturali dal suolo nelle vicinanze delle centrali.

Nelle nostre comunicazioni e pubblicazioni, abbiamo sempre sostenuto che questa scelta si basa su una pura ipotesi priva di dati e argomenti scientifici.

Le conclusioni dello studio europeo (p. 186) confermano appieno il nostro punto di vista: "For all these reasons we concluded that in the absence of additional scientifically based data the effect of geothermal plant operation on CO2 emissions through natural pathways should not be taken into account in the present study." ("Tutto considerato abbiamo concluso che, in assenza di dati scientifici supplementari, per quanto riguarda questo studio l'effetto dell'esercizio di centrali geotermiche sulle emissioni di CO2 attraverso vie naturali non dovrebbe essere preso in considerazione").

Lo studio rimarca che questa conclusione corrisponde alla posizione presa da Fridriksson et al. (2016). In questa pubblicazione che ha lo scopo di contribuire a indirizzare gli investimenti della World Bank nel settore delle energie rinnovabili, Fridriksson propone di assumere ex-ante, per centrali geotermiche con serbatoi carbonatici, un fattore di emissione di CO2 di 750 g/kWh.

Possiamo quindi constatare che è falsa l’attribuzione all’EEA dell’affermazione circa la geotermia elettrica: “L’uso di questa fonte rinnovabile permette di tagliare le emissioni di inquinanti e di CO2 non solo nel nostro Paese ma in tutta Europa, spiega l’Agenzia europea dell’ambiente”. L’EEA non fa altro che elaborare statisticamente e pubblicare dati trasmessi dall’Italia.

Il problema invece è che i dati sull’emissione di GS e altri inquinanti dalle centrali geotermoelettriche italiane trasmesse all’EEA non corrispondono alla realtà.

Per molti anni, le centrali geotermiche hanno ricevuto (e probabilmente continueranno a riceverle!) agevolazioni enormi per la loro capacità di abbattere le emissioni di Gas Serra e di combattere così il cambiamento climatico – una capacità fittizia basata su un errore o un falso scientifico, smentito doppiamente dall’Unione Europea. Hanno sottratto, a danno del popolo italiano e della Terra, fondi essenziali a tecnologie rinnovabili veramente in grado di combattere il cambiamento climatico.



giovedì 30 luglio 2020

Le energie rinnovabili sono sempre rinnovabili?


La definizione di ‘energia da fonti rinnovabili’ o ‘energia rinnovabile’ è la seguente: “…energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare (solare termico e fotovoltaico) e geotermica, energia dell'ambiente, energia mareomotrice, del moto ondoso e altre forme di energia marina, energia idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas…” (secondo la Direttiva (UE) 2018/2001 - sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili).
Si tratta quindi di energia disponibile per l’uso (elettricità, calore, energia chimica) che viene prodotta a partire da fonti rinnovabili di energia – fonti o risorse che sono rinnovabili, cioè naturalmente reintegrate in una scala temporale umana. Con ciò, non possono essere fonti fossili (carbone, petrolio, gas naturale, ecc.).
Le energie riconosciute come rinnovabili (vedi la tabella) derivano tutte da fonti di energia primarie che sono in pratica inesauribili: dalla radiazione del sole, dal calore dell’interno della Terra, dal movimento della Terra attorno al Sole e quello della Luna attorno alla Terra, dalla rotazione della Terra, dall’attrazione gravitazionale tra Sole, Terra e Luna.
L’energia proveniente da queste fonti primarie viene trasformata in energia disponibile all’uso sia direttamente, sia indirettamente.


Trasformazione diretta
L’energia fornita dalla fonte primaria genera direttamente, tramite appositi dispositivi, l’energia finale disponibile per l’uso. Esempi ne sono la trasformazione della radiazione solare in elettricità nei pannelli fotovoltaici o in calore negli impianti del solare termico. L’energia – elettricità e calore – ricavata in questo modo è senz’altro “inesauribile” e quindi “rinnovabile”; la sua disponibilità dipende solo dalla disponibilità dell’energia primaria che è illimitata.

Trasformazione indiretta
Per le altre forme di energia rinnovabile, la trasformazione è indiretta: nel processo interviene un agente intermedio, un vettore, una fonte secondaria che ha acquisito una parte dell’energia primaria e ne permette la trasformazione in energia disponibile all’uso.
Prendiamo ad esempio l’energia eolica che deriva dalla radiazione solare che, assorbita dall’aria e dalla superficie della Terra, si trasforma in calore. Questo, a sua volta, induce nell’aria (che è il “vettore”) un suo movimento, il vento. Il vento è la fonte secondaria di energia e viene trasformato in energia elettrica nei generatori delle pale eoliche.
Ora, però, la questione se questa energia finale sia ‘rinnovabile’ dipende dalle fonti secondarie. Chiediamoci, dunque, quali di queste siano “inesauribili” e quindi rinnovabili a tutti gli effetti, e quali invece “esauribili”.



- Fonte secondaria inesauribile
Nel caso dell’eolico citato qui sopra, il vettore aria è “inesauribile”, disponibile sempre, così come la fonte secondaria di energia, il vento (a parte la sua disponibilità intermittente locale). Con ciò l’energia elettrica prodotta dagli impianti eolici è “rinnovabile”.
Un altro esempio è l’energia mareomotrice – l’energia contenuta nel moto di masse di acqua di mare superficiale, indotta dalla rotazione della Terra attorno a se stessa e dall’attrazione della massa d’acqua nei oceani da sole e luna. Le fonti primarie di energia sono in pratica inesauribili, come lo sono il moto del mare indotto da esse (la fonte secondaria di energia) e l’acqua stessa del mare, che è il vettore.
- Fonte secondaria esauribile
Tra le “rinnovabili” ci sono energie nel cui processo di trasformazione interviene un vettore “esauribile”. Sono tutte le varie forme dell’energia rinnovabile che utilizzano energia stoccata negli organismi vegetali ed animali (biomassa, biogas, ecc.), e la geotermia. Qui si può parlare di energia rinnovabile soltanto nel caso in cui il vettore esauribile – il fluido geotermico che assorbe il calore della Terra e lo veicola negli impianti di trasformazione, oppure la biomassa ricavata dalle colture cresciute grazie alla radiazione solare – è rigenerato per assicurare una produzione sostenuta nel tempo: quando è gestito in modo sostenibile nel senso della rigenerazione della risorsa, in modo “durevole”.


Consideriamo, inoltre, che nel processo di rigenerazione possono essere coinvolte altre risorse – per esempio l’acqua usata per irrigare le colture, oppure l’acqua delle falde acquifere superficiali che riempie i serbatoi della risorsa geotermica – che a loro volta si possono esaurire , e che devono essere gestite, anche esse, in modo sostenibile.
Nel caso dunque della trasformazione indiretta in energia della fonte primaria e quando la fonte secondaria è esauribile, l’energia finale è da considerare “rinnovabile” soltanto quando la gestione di tutte le risorse coinvolte è sostenibile.

Energia rinnovabile
Fonte primaria
Fonte secondaria - vettore
Trasformazione
Gestione
solare fotovoltaico
radiazione sole

diretta – “inesauribile”

solare termico
radiazione sole

diretta – “inesauribile”

eolico
radiazione sole
energia cinetica - aria
indiretta – “inesauribile”

pioggia
radiazione sole
energia cinetica - acqua
indiretta – “inesauribile”

mareomotrice,  moto ondoso …
sole, gravitazione, rotazione Terra
energia cinetica -aria, acqua
indiretta – “inesauribile”

idraulica
radiazione sole
energia potenziale - acqua
indiretta – “inesauribile”

biomassa,      biogas …
radiazione sole
biotica – materia organica
indiretta – “esauribile”
rigenerazione risorse …
geotermia
radioattività, calore Terra
calore –  fluido geotermico
indiretta – “esauribile”
rigenerazione risorse …


Che cosa vuol dire gestione sostenibile della risorsa? 
Un esempio ne è la gestione sostenibile delle foreste utilizzate (anche) per la produzione di biomassa, che punta sulla ricostruzione, la conservazione e la rigenerazione – una necessità evidente per i popoli indigeni, codificata già anticamente anche in Italia e trasmesse dalle “Constitutiones camaldulenses” e nello “Statuto o Memorie della Terra o Principato di Farnese”.


E giustamente, la Direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (Direttiva 2018/2001 del 11 dicembre 2018) richiede che ”la raccolta del legno sia effettuata in modo sostenibile nelle foreste in cui la rigenerazione è garantita”.
Un esempio impressionante per una gestione insostenibile è lo sfruttamento delle risorse geotermiche della Toscana, dove durante gli ultimi decenni i serbatoi più superficiali si sono svuotati, e la risorsa stoccata in essi che comprende sia il fluido che il calore, si è esaurita. Alla ricerca di nuove risorse, si sono trivellati più di mille pozzi sempre più profondi, mentre l’acqua delle falde superficiali viene risucchiata nei serbatoi svuotati ad una rata di più di mille tonnellate all’ora nella zona di Larderello.
Anche a livello mondiale, in generale la gestione dello sfruttamento della geotermia in centrali “a ciclo aperto” avviene in maniera insostenibile. Alcuni autori hanno studiato la problematica (p. e. L. Rybach e M. Mongillo, in: Geothermal Sustainability - A Review with Identified Research Needs, GRC Transactions, vol. 30 (2006), p. 1083) e stimano il tempo di rinnovo della risorsa per centrali a ciclo aperto ad alcune centinaia di anni.

venerdì 26 giugno 2020

Qualcosa è andato storto ad Agnano

Durante le trivellazioni per un progetto geotermico nella parte settentrionale della piana di Agnano (Comune di Pozzuoli) nei Campi Flegrei, è avvenuta un’eruzione di gas dal sottosuolo che non è stato possibile controllare. La mattina del 10 giugno, due giorni dopo l’avvio dei lavori, il cantiere è stato fermato su ordinanza del sindaco di Pozzuoli, che ha chiesto all'assessore regionale alle attività produttive e alla ricerca scientifica, Antonio Marchiello, di revocare anche l'autorizzazione della Regione Campania per l’opera.



La nuova fumarola antropogena raggiunge un’altezza di fino a 50 metri e rilascia grandi quantità di fluido geotermico – di solito si tratta di anidride carbonica, vapore d’acqua, acido solfidrico, anidride solforosa, metano, ammoniaca misto a polveri sottili e tracce di sostanze velenose: “Anidride carbonica e gas atmosferici” secondo il frugale comunicato del Osservatorio Vesuviano.
La trivellazione segnava l’avvio del progetto “GeoGrid - Tecnologie e sistemi innovativi per l’utilizzo sostenibile dell’energia geotermica” della società capofila GRADED, che fa parte del SMART POWER SYSTEM. GeoGrid ha come obiettivo “lo sviluppo di tecnologie e sistemi innovativi per l’uso sostenibile della risorsa geotermica ad alta, media e bassa entalpia con impianti ad elevata efficienza energetica e ridotto impatto ambientale”. Al progetto, a cui partecipano come “soggetti beneficiari” varie università, il CNR e l’INGV, viene concesso per Decreto Direzionale un contributo di circa 3,6 milioni di Euro.
Diventa subito evidente il problema ricorrente di tali progetti, la presenza di conflitti d’interesse: l’INGV come soggetto beneficiario, da una parte, e dall’altra come ente preposto al controllo (anche tramite l’Osservatorio Vesuviano), alla sorveglianza e alla valutazione dei rischi del progetto. Le università come beneficiari, e anche come garanti per la qualità del progetto e delle opere.
Dopo l’iniziale stupore circa l’accaduto e l’assenza di informazioni sul progetto, la cittadinanza sostenuta dalla consigliera regionale (M5S) Marì Muscarà e da Giuseppe Mastrolorenzo, primo ricercatore dell'INGV, si è attivata, e l’assessore Marchiello ha fornito alcuni chiarimenti:
- ad aprile, la Regione ha autorizzato la società Graded alla perforazione di un pozzo profondo 180 m al solo scopo di ricerca dietro il parere dell’Esperto Prof. Daniele Fiaschi, nominato con D.D. n. 47 del 13.02.2018 (non accessibile online) per la determinazione del livello di qualità dei proponenti e della proposta progettuale, un esperto che doveva valutare anche gli impatti attesi del progetto;
- dopo l’accaduto, la Regione ha sospeso questa autorizzazione e ha chiesto l’intervento della protezione civile nazionale;
- lunedì 22 giugno, si è riunita la Commissione Grandi Rischi per esaminare una relazione dell’Osservatorio Vesuviano per valutare i rischi e per decidere quali azioni sono da intraprendere.

Rimangono ancora senza risposta molte questioni importanti, tra cui:
- perché il progetto non è stato sottoposto a una vera e propria valutazione sia del suo impatto sull’ambiente che dei rischi connessi, considerando che in questa zona ogni alterazione degli equilibri nei sistemi idrogeologico e idrotermale comporta rischi sismici e vulcanici?
- quali impatti del progetto ha considerato e valutato l’Esperto?
- che cosa prevede esattamente il progetto e perché non è pubblicato sui siti della Regione?
- perché la popolazione e il comune di Pozzuoli, che già nel 2015 aveva deliberato la sua avversità a progetti geotermici, non sono stati ufficialmente informati del progetto?
- le università, il CNR e l’INGV, che sono i referenti scientifici del progetto, hanno svolto il loro ruolo che sarebbe di garantire il massimo livello scientifico e tecnologico delle opere?
- perché non si esprimono sull’accaduto né la società proponente, né i soggetti beneficiari” [1]?
- le procure stanno indagando sull’accaduto?
- perché le analisi e la relazione dell’Osservatorio Vesuviano non sono state pubblicate?
Fare geotermia nei Campi Flegrei è un’impresa pericolosa. È un’area ad alto rischio vulcanico nonché sismico – una caldera attiva in quiescenza apparente, costituita da numerosi crateri ed edifici vulcanici. È una “zona rossa” dove l’evacuazione preventiva è, in caso di ripresa eruttiva, l’unica misura di salvaguardia per la popolazione. Un’area in ebollizione, con fumarole, sorgenti di acqua termale calda, pozzi di fango bollente e un spettacolare movimento di livello del suolo, il bradisismo, con velocità che negli anni passati hanno raggiunto anche valori di un metro all’anno.

Carta della zona rossa dei Campi Flegrei e delle sue evidenze vulcaniche. Nel cerchio rosso la caldera di Agnano, formatasi solo 4100 anni fa
Nei Campi Flegrei, le imprese geotermiche sono attirate dalla risorsa idrotermale ad alta temperatura che si trova eccezionalmente vicino alla superficie, riscaldata dal magma nel suo serbatoio con tetto a soli 4 km e in recente risalita. Già nel 2015, la Geoelectric srl aveva presentato il progetto “per la realizzazione di un impianto geotermico pilota nell’area del Permesso di Ricerca ‘Scarfoglio’”, che prevedeva, nella località Agnano, la realizzazione di 5 pozzi di profondità tra 900 e 1000 metri per l’estrazione del fluido a circa 150 °C e la sua reiniezione, e la costruzione di una centrale binaria a ciclo chiuso (vedi qui per la documentazione).
Nel luglio 2015 sul progetto il consiglio comunale di Pozzuoli ha dato parere negativo - in base al principio di precauzione a tutela della pubblica incolumità, e perché il modello idrogeologico e geotermico, come definito dal progetto, non garantiva una valutazione attendibile dei possibili effetti.
Nel 2017 arrivò il No definitivo della commissione tecnica di verifica per l’impatto ambientale del MISE, motivato dall’incapacità del proponente di presentare la documentazione d’integrazione richiesta. La Regione Campania aveva espresso parere negativo: “… l’impianto, nel contesto ambientale, antropico, e socio-economico che caratterizza i Campi Flegrei determina rilevanti impatti negativi, in termini di sismicità indotta/innescabile anche di tipo bradisismico, con conseguenti danni a beni e persone non mitigabili in alcun modo sul sistema socio-economico …” (BURC del 9 ottobre 2017). Determinante per la bocciatura sono state le obiezioni e osservazioni avanzate da Giuseppe Mastrolorenzo; in merito era stato richiesto anche un parere ufficiale dell’INGV sui rischi del progetto.
Nel contempo, un progetto analogo a Serrara Fontana (isola di Ischia) fu bocciato sulla base di analoghe osservazioni presentate da Mastrolorenzo e da altri soggetti, quale la Regione Campania.
E adesso, nonostante tutti questi pareri fondati e definitivi, viene avviato quasi clandestinamente un nuovo progetto geotermico, a dimostrazione del fatto che le imprese geotermiche non sono pronte ad abbandonare un business lucrativo. Il progetto è presentato nel linguaggio della green economy in consonanza totale con un recente discorso del ministro Patuanelli. In contrasto con questa veste lucente però si trova il livello scientifico e tecnico delle opere, a partire dal macchinario vetusto (del pozzaiolo di Pozzuoli?) e dei operai sul cantiere improvvisato, che ignari di tutto pericolo lavoravano senza protezione e prive di attrezzature per monitorare eventuali fuoriuscite di fluido o gas.

Il colmo è che GeoGrid, secondo un post del consigliere regionale dei Verdi Borrelli, non era autorizzata a realizzare interventi di trivellazione e geyser, pericolosissimi per una zona sismica e densamente abitata come quella di Agnano. Per tali interventi non sarebbe mai stato presentato alcun incartamento né stata fatta una conferenza dei servizi.
Quali sono i paralleli con i progetti geotermici attorno al Lago di Bolsena? Che cosa ci può insegnare l’esperienza campana?
Paralleli sono, prima di tutto, il disprezzo delle imprese e della lobby geotermica per la popolazione e per l’ambiente, e la loro scorrettezza. La superficialità scientifica delle valutazioni d’impatto e la prontezza di istituti di ricerca e università ad adattare i loro pareri ai bisogni delle imprese. Poi, il fatto che i sistemi geotermici in contesti complessi sono imprevedibili: che la nostro conoscenza attuale di questi sistemi è completamente insufficiente per descrivere il loro comportamento e quindi per prevedere (o addirittura escludere) i rischi.
Il disastro di Pozzuoli dimostra come anche una piccola perforazione a profondità molto modesta, e con consulenze scientifiche di università e centri di ricerca può fare brutte sorprese e creare un'emergenza di difficile soluzione che richiede l'intervento di urgenza della Protezione Civile Nazionale e della Commissione Grandi Rischi.
Importante è l’esempio che dà il sindaco di Pozzuoli: mosso dalla preoccupazione per la sicurezza della popolazione, nella sua veste di rappresentante locale della protezione civile applica il principio di precauzione e chiude un cantiere geotermico prendendo su di sé il rischio di richieste di risarcimento dalla parte delle imprese proponenti.
Nello stesso modo si sono mossi recentemente i 30 sindaci riuniti nel "Comitato Geotermia" intorno al Lago di Bolsena.
Importante anche l'esperienza, comune a Pozzuoli e al Lago, che una cittadinanza attiva e informata è capace ad opporsi con successo a progetti industriali speculativi e pericolosi, fossero anche sostenuti dalla potente lobby geotermica.


C’è un'altra corrispondenza: durante la perforazione del primo pozzo che l’ENEL nel 1973 trivellò sull’Altopiano dell’Alfina, quando la perforazione raggiunse una cappa di CO2 (vedi la pubblicazione) alla profondità di 663 m, è avvenuto un “blow-out” – l’eruzione del pozzo. Fino alla sua chiusura qualche giorno dopo, sono fuoriusciti 300 tonnellate di fluido geotermico all’ora, inquinando la zona circonstante, per fortuna disabitata. Un’illustrazione presa da questa pubblicazione mostra anche che chiudere la perforazione può essere delicato e difficile: a causa dell’innalzamento della pressione nel pozzo che spinge il fluido geotermico a trovare vie alternative d’uscita nelle vicinanze. Fattori aggravanti nel caso attuale di Agnano sono l’estrema friabilità del sottosuolo, il fatto che la parte superiore del pozzo non è stata ancora rivestita e l’elevata densità abitativa della zona.




[1] Il 24 giugno il presidente dell’INGV ha affermato che “… il progetto di perforazione è stato realizzato all’insaputa dell’attuale amministrazione dell’INGV. Il Progetto Geogrid fu lanciato all’inizio del 2016 dalla precedente amministrazione dell’ente e la costituzione della successiva ATS è stata realizzata senza he all’INGV fosse consegnato l’allegato tecnico che prevedeva la perforazione stessa. Non appena venuti a conoscenza dell’operato di Graded e della fuga di gas, il sottoscritto ha invitato tutti gli attori coinvolti a far chiudere minerariamente subito il pozzo al fine di fermare l’emissione della fumarola.” In seguito a questa chiara presa di posizione, il sindaco di Pozzuoli ha firmato un’ordinanza dove chiede l’eliminazione della situazione di pericolo del sito della perforazione geotermica nell’area di via Antiniana, in località Agnano-Pisciarelli, e la messa in sicurezza dei luoghi.