sabato 7 marzo 2020

Quale geotermia - 3: Sostenibilità economica e sociale, e incentivazione dell’energia geotermoelettrica

Nei primi due articoli di questa serie ci siamo chiesti:


1 - La geotermia è una fonte di energia elettrica rinnovabile?

2 - La geotermia è una fonte di energia elettrica sostenibile per l’ambiente?

In questa terza parte, trattiamo sostenibilità economica e sociale di impianti geotermoelettrici, riassumiamo i nostri risultati e presentiamo le conclusioni relative all’incentivazione dell’energia geotermoelettrica.


3 – Sostenibilità economica degli impianti geotermoelettrici? 

La sostenibilità economica 
La sostenibilità economica è, nell’approccio classico, definita come “la capacità di un sistema economico di generare una crescita duratura degli indicatori economici”, solitamente riassunti nel PIL. Attualmente e in modo più differenziato, è vista come “la capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento delle popolazioni, e questo senza impattare negativamente sugli aspetti sociali, ambientali e culturali”.

Se consideriamo che fino ad oggi esiste una stretta correlazione tra crescita economica e degrado ambientale – e che quest’ultimo a sua volta è legato inevitabilmente a un degrado sociale delle comunità -, diventa chiaro che siamo davanti a un problema da affrontare urgentemente. Nei molti anni di discussione intorno a questa tematica, nel contesto della cosiddetta economia verde sono state proposte e avviate alla loro realizzazione varie soluzioni possibili.

Due principali vie si distinguono:

– di rescindere il legame tra crescita economica e degrado ambientale e sociale, oppure
- di abbandonare la crescita economica come indicatore principale per la sostenibilità economica e di, invece, "accrescere il benessere umano e l'equità sociale, riducendo significativamente i rischi ambientali e le scarsità ecologiche" (UNEP 2011).

Il FER 1 segue la prima via principale – di promuovere la crescita economica senza compromettere l’ambiente e i valori sociali -, sostenendo pratiche virtuose: per esempio e nel nostro caso concreto, favorendo la rinnovabilità e la sostenibilità della produzione di energia elettrica. Questo implica automaticamente il sostegno all’efficienza energetica – usando la quantità minima possibile di risorse per raggiungere l’obiettivo –, e all’efficacia nelle scelte delle modalità di produzione dell’energia e dell’incentivazione. È questa la via indicata anche dall’Unione Europea.

Come dimostrato nei due articoli precedenti, tutti gli impianti geotermoelettrici, esistenti e in progetto in Italia, non sono né sostenibili per l’ambiente né utilizzano la risorsa geotermica in modo rinnovabile. Non sono quindi neanche sostenibili economicamente nel senso del decreto FER 1 e degli indirizzi europei e italiani in materia.

Un secondo aspetto della sostenibilità economica di un impianto geotermoelettrico concerne la valutazione dei costi e benefici: costi di realizzazione che sono molto alti, molto più alti che per la costruzione di impianti fotovoltaici o eolici della stessa capacità produttiva.

E, aspetto non meno importante da considerare, sono gli oneri legati a danni provocati all’ambiente, all’economia locale e alla salute delle persone. Oneri ingenti per impianti geotermoelettrici che sono e dovranno essere coperti dalla mano pubblica [1], molto più alti di quelli provocati da impianti energetici utilizzando altre fonti di energia rinnovabile.

Ulteriori aspetti della sostenibilità economica sono l’efficienza energetica e l’efficacia delle soluzioni proposte.


centrale di Villejuif a cogenerazione
L’efficienza energetica 
L'efficienza energetica è un elemento essenziale e prioritario (“energy efficiency first”) nella politica energetica dell'UE (vedi la DIRETTIVA (UE) 2018/2002 sull’efficienza energetica) e riguarda sia la riduzione del consumo e degli sprechi di energia, sia il miglioramento della prestazione degli impianti di conversione delle fonti energetiche. Aumentare l’efficienza energetica significa non solo rendere più sostenibile la fornitura dell’energia, ma anche migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento e ridurre i costi delle importazioni. Varie misure mirano a ridurre sprechi energetici in tutti i settori della vita pubblica e privata - l’edilizia, i trasporti, l’industria e i suoi prodotti e processi, l’agricoltura e il settore casalingo.

L’efficienza energetica (o di conversione) netta di un impianto geotermoelettrico ci dice quanta parte dell’energia termica fornita dal fluido geotermico è trasformata in energia elettrica disponibile per l’utente esterno [2]. Dall’altro lato ci dice, quanta parte di questa energia primaria viene sprecata.

Per impianti geotermoelettrici l’efficienza energetica è generalmente bassa, dall’uno al venti percento; nella media mondiale è attorno al 10 % (efficienza netta [3]).

Per impianti di “prima generazione” i valori sono di regola più alti della media, fino al 20%. Per impianti di “seconda generazione” (binari) l’efficienza è molto più bassa, nella media attorno al 5%.

Uno dei fattori determinanti l’efficienza è la differenza tra la temperatura del vettore in entrata nell’impianto e quella del vettore in uscita dal processo: più alta è questa differenza, più efficiente può essere l’impianto [4]. Questo è il motivo per cui sono privilegiate risorse molto calde e quindi in zone di flusso di calore anomale, con tutti i problemi ambientali e sanitari che comportano.

Una proposta chiave della strategia europea è la cogenerazione (generazione congiunta) di energia elettrica ed energia termica per il (tele)riscaldamento urbano e/o per vari utilizzi industriali. La cogenerazione è una delle soluzioni per aumentare l’efficienza energetica: invece di ottimizzare un impianto geotermico rispetto alla produzione di elettricità scartando il contenuto calorico nel fluido in uscita dall’impianto (come in tutti gli impianti nazionali in esercizio e progettati che ne usano al massimo una piccola parte), si ottimizza l’efficienza (exergetica) producendo, in cogenerazione, sia elettricità che calore.

È questa la strada favorita in molte zone dell’Europa: nei bacini sedimentari della Francia e della Germania, e da decenni in Islanda, con impianti binari situati vicino a o all’interno di grandi centri urbani in grado di assorbire il calore residuo del fluido geotermico per il riscaldamento delle case.

Un esempio tipico: la centrale progettata a Vendenheim nell’agglomerato di Strasbourg – a ciclo chiuso con un flusso di 350 t/h di fluido a 185 °C estratto a 4500 m di profondità – secondo l’impresa proponente potrà produrre un’energia elettrica di 6 MWel e un’energia termica di 40 MWth, quanto basta per fornire elettricità a 7 mila, e riscaldamento a 26 mila case. Senza cogenerazione, l’energia termica andrebbe dispersa nell’ambiente.

Questa strada è rimasta finora quasi completamente inesplorata in Italia: un esempio da manuale di come l’incentivazione generosa del settore geotermoelettrico tradizionale, a bassa efficienza e alto impatto ecologico, spinta da lobby potenti, blocchi sviluppo e rinnovamento ai danni dell’ambiente e dell’eccellenza nazionale che si vede sorpassata dall’agilità imprenditoriale estera.

L'efficacia: 
Qual è la via più efficace per raggiungere gli obiettivi definiti nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC)? Quali misure di incentivazione sono quelle più efficaci – rapide, facili, poco costose, pertinenti, utili, agevoli e anche efficienti?

È efficace in questo senso incentivare la produzione di elettricità in impianti geotermici? E, semmai, in quali? È efficace ancora incentivare impianti pilota che sperimenterebbero tecniche ormai acquisite nel mondo? Ci sono alternative, altre fonti rinnovabili, più facili, più rapide, meno costose per raggiungere l’obiettivo?

L’esperienza geotermoelettrica nazionale degli ultimi 10 anni ci insegna che pochissimi dei progetti proposti sono stati realizzati, con un contributo completamente trascurabile alla risoluzione del problema della transizione energetica. Tempi lunghissimi, tra procedure amministrative, ricorsi e ferma opposizione locale. Un esempio ne è la zona del Lago di Bolsena, dove cittadinanza e sindaci si sono uniti nella resistenza all’industrializzazione geotermica.

Beninteso – l’accettanza locale molto bassa della geotermia elettrica non è dovuta alla ottusità degli abitanti delle zone destinate all’industrializzazione, oppure alla sindrome NIMBY come vorrebbe la lobby geotermica. Fattori decisivi sono e sono stati ignoranza, prepotenza, impreparazione in materia ambientale, e l’incapacità al dialogo degli esponenti dell’industria geotermica. Dai tempi del ministro dell’ambiente Orlando che nel 2013, ad Orvieto, risponde alle fondate preoccupazioni dei cittadini: "Ma non scherziamo... ma non crederà anche lei che la geotermia provoca i terremoti”, fino ad oggi, con il “manager generale” Righini che alterna minacce maschiliste con dichiarazioni di incredibile incompetenza, nulla è cambiato. Assenti sono: condivisione, coinvolgimento della popolazione nella progettazione e decisione sugli impianti, riconoscimento delle alte competenze ed empowerment dei cittadini.

La fortissima resistenza locale si basa su una piena consapevolezza:

- dei rischi importanti per l’ambiente e la salute pubblica che presentano le centrali nelle zone geologicamente fragili prescelte dall’industria,

- del fatto che l’industrializzazione del territorio contraddice alla sua naturale vocazione e distruggerebbe le possibilità di valorizzare le sue eccellenze,

- dell’alto valore delle poche zone ancora conservate (importanza riconosciuta anche dalla normativa europea e dalla scienza mondiale), riserve di biodiversità e risorse di acqua potabile e

- della convinzione che eventuali danni a persone e ambiente non saranno presi in carico dalle imprese che ne portano la responsabilità.

È più efficace puntare su fonti di energia rinnovabile diverse dalla geotermia, oppure favorire la geotermia con tecnologia di terza generazione: impianti meno costosi [5], molto meno impattanti, molto più facili e rapidi da realizzare, molto più affidabili. L’intermittenza di fonti come il fotovoltaico e l’eolico non presenta più problemi insormontabili, considerando i progressi nella gestione delle reti e nel stoccaggio diffuso di energia. 


4 – Sostenibilità sociale degli impianti geotermoelettrici?

La sostenibilità sociale è il settore della sostenibilità meno chiaramente definito di tutti, ed è quello che riceve meno attenzione nella discussione pubblica - a torto. Il concetto di “sostenibilità sociale” abbraccia argomenti come equità o uguaglianza sociale, qualità di vita, sviluppo di comunità, diritti umani, diritto del lavoro, giustizia e resilienza sociale ...

In generale, la “sostenibilità” è collegata al concetto fondamentale di “bisogno umano”. In questo senso, ogni suo aspetto (ambientale, economico, culturale …) ha un carattere anche sociale; ogni suo aspetto – e teniamo a mente che tutti questi aspetti sono correlati - si realizza soltanto in comunità che sono sostenibili nel senso sociale: comunità che sono eque, diversificate, connesse, partecipate, empowered e democratiche, e che offrono un’alta qualità di vita.

La sostenibilità sociale si dà quando processi, strutture, sistemi e relazioni sociali sostengono attivamente la capacità della generazione presente e di quelle future, di creare comunità sane e vivibili.

Progetti sostenibili nel senso sociale sono quindi ecologicamente validi, partecipati e stabiliti in tutta trasparenza dalla comunità nel rispetto della diversità di cittadini informati e responsabili - indicazioni queste risultato di una riflessione su livello comunitario sul rapporto di scienza, innovazione e società, da cui è nato il concetto di RRI (responsible research and innovation). L'obiettivo e quello di garantire, attraverso le quattro dimensioni anticipazione, riflessività, inclusione e reattività, che la società si possa esprimere in tutte le fasi della definizione di un progetto.
La realtà italiana ne è il completo contrario. I progetti sono imposti da un diktat statale e sostenuti da lobby economiche. Non tengono conto della diversità di cittadini e territori, non rispettano né coinvolgono nella progettazione le comunità locali che sono responsabili e informate. In più, sono progetti dannosi per l’ambiente.

Non sono progetti sostenibili nel senso sociale. Non creano né sostengono comunità locali sane e vivibili.

5 - Riassunto

L’analisi della sostenibilità degli impianti geotermoelettrici italiani, sviluppata in questi tre articolo, ci mostra che:

- nessuno degli impianti in esercizio – tutti impianti di prima generazione, in parte a vapore secco, in parte centrali “flash” -, è sostenibile, né nel senso della rinnovabilità, né nell’impatto ambientale, né nel loro aspetto economico, né nell’aspetto sociale della sostenibilità;

- lo stesso vale per gli impianti in progetto, sia centrali “flash” che impianti di “seconda generazione” a ciclo chiuso.

Le cause sono molteplici:

- nessuno di questi impianti assicura il rinnovo delle risorse (volume del fluido, calore del fluido, risorsa dell’acqua delle falde potabili) in tempi della scala umana;

- tutti gli impianti in esercizio emettono importanti quantità di gas a effetto serra, e sostanze e gas nocivi per la salute e per l’ambiente;

- tutti gli impianti, in esercizio o in progetto, sono collocati in zone con geomorfologia complessa, geologicamente fragili, il che comporta alti impatti ambientali: un importante rischio sismico e, inoltre, il rischio del depauperamento e dell’inquinamento delle falde di acqua potabile;

- l'efficienza energetica degli impianti è bassa, considerando che nessuno utilizza completamente in cogenerazione il calore residuo,

- gli impianti sono molto costosi, considerando sia la loro realizzazione che gli oneri da sostenere legati ai danni alle persone e all'ambiente,

- le centrali geotermoelettriche sono progettate senza il coinvolgimento della cittadinanza nelle decisioni principali.


6 - Incentivazione degli impianti geotermoelettrici 

FER1 e FER2: 
Il decreto FER1 del 4 luglio 2019, che definisce modalità e criteri per l'incentivazione dell'energia elettrica da fonte rinnovabile, ha escluso la geotermia elettrica dall’incentivazione.
FER1 ha l’obiettivo di sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili per il raggiungimento dei target europei al 2030 definiti nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) attraverso la definizione di incentivi e procedure indirizzati a promuovere l’efficacia, l’efficienza e la sostenibilità, sia in termini ambientali che economici, del settore.
Rispondendo a forti pressioni delle lobby del settore geotermoelettrico durante gli ultimi mesi, il governo sta preparando un decreto FER2, per il quale i ministri, secondo le voci, ritengono “incentivabile sia la coltivazione della geotermia con totale reiniezione dei fluidi, dove tecnicamente possibile, sia quella tradizionale dove sono possibili innovazioni che consentano il drastico abbattimento degli impatti ambientali.

Il quadro normativo europeo:
FER1 e FER2 s'iscrivono nel quadro del sostegno dell’Unione Europea alle energie rinnovabili, definito dalla Direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (Direttiva 2018/2001 del 11 dicembre 2018) e dalla sua gemella, la Direttiva sull’efficienza energetica (Direttiva 2018/2002 del 11 dicembre 2018).

Queste Direttive sono intimamente connesse al Regolamento sulla Governance dell'Unione dell'Energia e dell'Azione per il Clima (Regolamento 2018/1999 (UE)) che rappresenta “una radicale trasformazione del sistema energetico europeo”; sono la continuazione coerente del Clean Energy Package For All Europeans’ (COM(2016)0860) che definisce il quadro della politica energetica dell’UE nel terzo decennio del secolo.

La Direttiva 2018/2001 definisce le “energie rinnovabili”: “… energia da fonti rinnovabili” oppure “energia rinnovabile”: energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare (solare termico e fotovoltaico) e geotermica, energia dell'ambiente, energia mareomotrice, del moto ondoso e altre forme di energia marina, energia idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas …”.

Indispensabile condizione del sostegno alle “energie rinnovabili” è l’obbligo alla gestione sostenibile nel senso della rinnovabilità delle risorse [6], per “garantire la loro rigenerazione naturale”.

Per quanto riguarda la geotermia, la Direttiva 2018/2001 riconosce (articolo 46) [7] che in certe condizioni geologiche della zona dove si realizza l’impianto, questo può produrre emissioni nocive per la salute e per l’ambiente, tra cui di gas a effetto serra, e conclude: “Di conseguenza, la Commissione dovrebbe facilitare esclusivamente la diffusione di energia geotermica a basso impatto ambientale e dalle ridotte emissioni di gas a effetto serra rispetto alle fonti non rinnovabili.”

La Direttiva 2018/2002 sull’efficienza energetica, invece, esorta ad aumentare globalmente l’efficienza energetica e pone l’accento sull’importanza della cogenerazione di energia elettrica ed energia termica.

La linea proposta dal decreto FER1 è completamente coerente con gli indirizzi europei: promuovere l’efficacia, l’efficienza e la sostenibilità ambientale ed economica.
Completamente logico e coerente con questi indirizzi è anche l’esclusione degli impianti geotermoelettrici dall’incentivazione.

Invece, la proposta di includere di nuovo la geotermia, secondo le voci attorno al FER2 che sia incentivabile

- “sia la coltivazione della geotermia con totale reiniezione dei fluidi, dove tecnicamente possibile,
- sia quella tradizionale dove sono possibili innovazioni che consentano il drastico abbattimento degli impatti ambientali

è in parziale contrasto con gli indirizzi europei e deve essere precisata. Infatti:

- manca l’indicazione sulla gestione sostenibile - nel senso della rinnovabilità - delle risorse;

- manca l’obbligo generale (anche per impianti di seconda e terza generazione) alla sostenibilità ambientale ed economica;

- manca l’obbligo alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra rispetto alle fonti non rinnovabili;

- manca l’accento sull’efficienza energetica e sull’efficacia;

- occorre precisare i vari impatti ambientali  [8] che sono da “abbattere drasticamente”, e che questo obbligo riguarda anche centrali “con totale reiniezione dei fluidi”;

- occorre precisare che significa “dove sono possibili innovazioni”.

Impianti "pilota": 
La normativa europea, inoltre, non disciplina una variante tutta italiana dell’incentivazione geotermica. Si tratta dei cosiddetti “impianti pilota” nella concezione attuale [8], che non sono incentivabili a nostro parere, per le seguenti ragioni:
- gli impianti “binari” con totale reiniezione dei fluidi sono largamente diffusi e sperimentati in tutto il mondo;
- lo studio di particolari problemi, p. e. la reimmissione totale di fluidi con altissima concentrazione di gas incondensabili, in impianti destinati alla (e incentivati per la) produzione di elettricità, non è efficace e comporta grandi rischi: ricordiamo che persino l’ENEL ritiene “infattibile” la reiniezione per i fluidi dell’Amiata e del Lago di Bolsena. Questa sperimentazione deve essere fatta (come succede all’estero) in stretta collaborazione con università e istituti di ricerca, in impianti destinati principalmente a questo scopo, a ridotte dimensioni, in siti da scegliere secondo criteri scientifici con particolare attenzione alla salvaguardia della popolazione e dell’ambiente [9]. 

È ragionevole porre sotto responsabilità statale questi impianti, però è inammissibile esentarli dagli obblighi della Direttiva Seveso.

Sostegno alla Toscana: 
Infine, l’argomento forte a sostegno del mantenimento dell’incentivazione per le centrali “flash” della Toscana, cioè la necessità sociale di mantenere posti di lavoro e quella economica di assicurare l’approvvigionamento della Toscana di energia, non giustifica l’incentivazione di centrali geotermoelettriche non sostenibili che distruggono l'ambiente e la salute delle persone. 

Dall’altra parte, è chiaro che bisogna incentivare la transizione energetica della Toscana verso modalità veramente rinnovabili e sostenibili:
- sostituire le centrali a ciclo aperto con impianti fotovoltaici e eolici,
- trasformarle in centrali di terza generazione (DHE), utilizzando i pozzi esistenti. 

È indispensabile anche sostenere l’occupazione locale creando posti di lavoro alternativi e risanare l’ambiente, con misure di sostegno e strumenti finanziari che però non attingano dai fondi destinati alle energie rinnovabili.

Proponiamo quindi di incentivare impianti geotermoelettrici che sono:

- corredati di uno studio e di un piano per la gestione rinnovabile della risorsa geotermica;
- a ridotte emissioni di gas a effetto serra rispetto alle fonti non rinnovabili, cioè di un fattore di emissione di gas a effetto serra di FGES < 300 (gCO2eq)/kWh;
- a ridotte emissioni di altre sostanze nocive, secondo quanto riportato nella tabella della Delibera della Giunta Regionale Toscana n. 344/2010 [10];
- a basso impatto ambientale: 
  • a basso rischio sismico (sismicità indotta e innescata di magnitudo M < 3 (scala   Richter) e
  • a basso rischio di depauperamento e inquinamento delle falde acquifere superficiali, quindi in zone con struttura geologica semplice, con bassa densità di faglie e fratture, e lontane da strutture profonde con movimenti crostali geologicamente recenti o in atto;
- progettati in modo che venga sfruttato al massimo il potenziale energetico del fluido estratto tramite cogenerazione di elettricità e calore (il cui utilizzo deve essere pianificato e garantito)
- progettati coinvolgendo la popolazione secondo gli indirizzi comunitari. 
Non è più ammissibile quindi l’incentivazione globale e indistinta di impianti geotermoelettrici, ma l’incentivazione avviene dietro esame della documentazione relativa a ogni singolo impianto.

Inoltre, vengano aboliti gli incentivi particolari e le altre agevolazioni per i cosiddetti “impianti pilota” (secondo la corrente definizione).


[1] Costi e oneri difficili a valutare e calcolare – danni al turismo locale, allo sfruttamento del termalismo ecc.

[2] L’efficienza energetica netta per la produzione di energia elettrica ηel,net è definita così: 
ηel,net [%] = 100*Eel/H*(ΔM/Δt); dove Eel: energia elettrica netta prodotta; H: entalpia del fluido; ΔM/Δt: flusso di massa del fluido.
Questa efficienza dipende da molti fattori – dalle caratteristiche della risorsa (a vapore secco o idrotermale, entalpia del fluido, composizione del fluido, flusso del fluido, produttività e iniettività del serbatoio, profondità dei pozzi …), dagli dettagli fisici e tecnologici del processo (flash, doppio flash, binario, recupero calore …), efficienza del sistema di raffreddamento, zona climatica ecc.

[3] Non tutte le efficienze riportate si riferiscono a efficienze nette causa mancanza dati.

[4] Per impianti geotermoelettrici questa differenza di temperatura è molto più bassa (raramente supera i 250 °C) che per impianti a combustione fossile dove la temperatura di entrata può raggiungere 1500 °C.

[5] p. e. https://www.regione.toscana.it/-/procedimento-coordinato-e-provvedimento-unico, pag. 17 ff delle OSS_5 al progetto "Realizzazione di un impianto geotermico di tipo binario con tecnologia ORC (Organic Rankine Cycle) e potenza di design pari a 9,999 MW e relative opere connesse nel Comune di Abbadia San Salvatore  (SI)”;

[6] Esiste una certa confusione al riguardo del termine e del suo significato. La Direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili definisce nel suo Art. 2, comma 1):
“energia da fonti rinnovabili» oppure «energia rinnovabile»: energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare (solare termico e fotovoltaico) e geotermica, energia dell'ambiente, energia mareomotrice, del moto ondoso e altre forme di energia marina, energia idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas;”
Ciò non significa che la Direttiva considera l’energia geotermica “rinnovabile” a priori, per definizione – il che sarebbe un controsenso -, ma piuttosto che per la sua natura presenta la possibilità di essere rinnovata in tempi della scala umana. Se è veramente rinnovabile dipende dalla gestione concreta di una risorsa specifica. Questo senso diventa chiaro nella discussione dell’energia dalla biomassa (considerata “rinnovabile” anch’essa): la Direttiva (comma 102 nei considerata) richiede specificamente che “la raccolta del legno sia effettuata in modo sostenibile nelle foreste in cui la rigenerazione è garantita”.

[7] È per la prima volta che la normativa prende atto di questo fatto, riconosciuto dal mondo scientifico da almeno 10 anni (vedi p. e. M. Bravi e R. Basosi: Environmental impact of electricity from selected geothermal power plants in Italy, Journal of Cleaner Production 66 (2014), 301-308) ma mai pubblicizzato a dovere. Il cambiamento è dovuto anche al lavoro delle associazioni e dell’eurodeputato Dario Tamburrano.

[8] Occorre precisare le diciture "basso impatto ambientale" nella Direttiva 2018/2001 e "ridurre drasticamente gli impatti ambientali" nella proposta per il FER2.
Riguardano non soltanto emissioni in atmosfera, ma anche importanti impatti sottosuolo - l'inquinamento e il depauperamento delle falde acquifere superficiali, e il rischio sismico. Questi impatti, come esposto nelle prime due parti, sicuramente non sono "bassi" in zone con geologia complessa e per impianti di prima e seconda generazione. Per non dimenticare l'impossibilità di predire quanto siano importanti questi impatti, causa l'impossibilità di conoscere la struttura geifisica dettagliata del sottosuolo da cui dipendono questi impatti.
Inoltre, per questo motivo zone protette con geologia complessa non possono, a priori, ospitare questi progetti perché non si può dimostrare senza ragionevole dubbio scientifico che non sarebbero compomessi dai progetti geotermici.

[10]  Impensabile affidare, in queste delicate condizioni, la gestione di impianti pilota a imprese come la ITW&LKW Italia spa, senza know-how, senza esperienza nel campo, senza copertura finanziaria dei rischi.

[11]  Tabella di valori limite della Delibera della Giunta Regionale Toscana n. 344/2010 (D.C.R. n. 44/2008 – PRRM 2008-2010: approvazione criteri direttivi per il contenimento delle emissioni in atmosfera delle centrali geotermoelettriche):

Tabella 4.3 – Valori obiettivi di emissione in flusso di massa per le centrali GTE in nuova configurazione derivante dall’applicazione degli esiti della sperimentazione
Descrizione


H2S
(kg/h)
Hg
(tutte le forme)
(g/h)
As
(tutte le forme)
(g/h)
NH3
(kg/h)
SO2
(g/h)
H3B03
Uscita impianto AMIS
3 (*)
1
-
-
200

Uscita dalla centrale
3 (*)
1
5
2
-
< 0,1

(*) In caso di superamento di tale valore, il limite si considera rispettato se la percentuale di abbattimento dell’impianto AMIS per H2S è maggiore del 97%.