sabato 4 maggio 2024

L’inverno limnologico 2023-2024

 

L’inverno 2023-2024 è stato particolare per il lago, con le sue temperature miti e con un sensibile riscaldamento degli strati superficiali dell’acqua a partire da gennaio e per tutto febbraio. Inoltre e più importante ancora, sono mancati i normali periodi di forti venti freddi da settentrione, che in altri anni riescono a rimescolare il volume d’acqua del lago e ad arricchirlo fino in fondo di ossigeno.

Di un inverno così il Lago avrebbe bisogno

Alcuni effetti di questa situazione eccezionale sono illustrati nei grafici seguenti, elaborati a partire dai recenti monitoraggi dell’Associazione Lago di Bolsena.

Il primo grafico evidenzia che all’inizio dell’anno 2024, la “stratificazione” – la suddivisione del lago in strati distinti e stabili con temperature diverse - che si era formata nel corso del 2023, è rimasta intatta - si è indebolita e spostata a una notevole profondità (a circa 60 metri), ma non è stata interamente cancellata da un rimescolamento invernale delle acque. Inoltre, si osserva che la nuova stratificazione dovuta al riscaldamento delle acque superficiali nel 2024, è iniziata precocemente sovrapponendosi alla vecchia. Già nel mese di febbraio si osserva uno strato in superficie (”epilimnio”), con una temperatura di circa 11°C e uno spessore di circa 4,5 metri. Poco più profondo si trova uno strato di transizione (il “metalimnio”) spesso circa 4 metri, dove la temperatura scende rapidamente (ma comunque solo di un mezzo grado). Tra 8 metri e 50 metri poi, la temperatura continua a diminuire lentamente.

Visto l’assenza di forti venti capaci di sconvolgerlo, lo strato superficiale riscaldato è stato di una stabilità sufficiente per ostacolare scambi verticali di sostanze disciolte nell’acqua come ossigeno, nutrienti e altre. Solo questo strato è pienamente rimescolato, in contatto con l’atmosfera e quindi completamente ossigenato, le acque più profonde (“l’ipolimnio”) invece no. Come si vede nei grafici, nell’ipolimnio, nella sua parte tra 9 metri e 60 metri, assieme alla temperatura scende lentamente anche la concentrazione di ossigeno.

A una profondità di 60 metri si osserva il residuo della stratificazione dell’anno 2023, che separa efficacemente la parte superiore dell’ipolimnio da quella inferiore, nel senso che impedisce scambi verticali nella colonna d’acqua. In tal modo, le acque a profondità più grandi, tra 60 metri e 128 metri, sono separate dalla superficie e prive della possibilità di ossigenarsi durante l’anno.

Grafico 1: Profilo della temperatura del lago (scala verticale a sinistra) in funzione della profondità il 19 febbraio 2024 (simboli arancioni) e il 20 febbraio 2022 (dopo rimescolamento completo, simboli blu). Linea rossa e linea viola: Gauss-fit alla derivata del profilo di febbraio 2024 (scala verticale a destra).

Il secondo grafico rappresenta la distribuzione dell’ossigeno disciolto nelle acque in funzione della profondità a febbraio e ad aprile 2024, confrontata con l’andamento tipico dopo un rimescolamento completo del lago (come è successo per esempio nell’anno 2022), dove temperatura e concentrazione di sostanze disciolte sono pressoché uguali a tutte le profondità, e dove non esistono quindi barriere alla totale circolazione dell’acqua con le sue sostanze disciolte in tutto il volume del lago. Durante tutto l’inverno scorso invece, la distribuzione dell’ossigeno mostra caratteristiche tipiche del periodo di massima stratificazione, con una lenta e continua diminuzione fino alla sua completa assenza (“anossia”) sul fondo, in uno strato di acqua spesso quattro metri. Questo strato è iniziato a formarsi a luglio 2023, aumentato di spessore fino a 7 metri a fine dicembre 2023, per diminuire a 4 metri a febbraio e sparire inizio aprile. Nel nostro lago non è mai stata osservata un’anossia che perdurava così a lungo e che si dissolveva soltanto ad aprile - e questo grazie piuttosto a una ridistribuzione dell’ossigeno nell’ipolimnio profondo che a un suo rifornimento dalla superficie.

Grafico 2: Profilo della concentrazione di ossigeno disciolto in funzione della profondità (in alto, scala a sinistra) e della concentrazione di clorofilla-a (in basso, scala a destra), il 19 febbraio 2024 (simboli arancioni), il 7 aprile 2024 (simboli verdi) e il 14 marzo 2022 (simboli blu)

 Nella curva della concentrazione dell’ossigeno nei primi 30 metri, il 7 aprile si nota un aumento con un massimo attorno alla posizione del metalimnio, la zona di transizione dallo strato superficiale con temperature alte (l’epilimnio) alle acque più profonde e più fredde (l’ipolimnio). Questo aumento è dovuto alla crescita del fitoplancton, molto intensa in primavera 2024 grazie all’abbondante presenza del fosforo, alle temperature miti e alla notevole irradiazione solare. Una parte di questa “boccata di ossigeno” raggiunge la superficie e viene rilasciata nell’aria; un’altra può diffondersi nelle acque più profonde.

La concentrazione del fitoplancton viene illustrata direttamente dalla misura concomitante della clorofilla-a (grafico 2, curve in basso). 

Tuttavia, l’effetto benefico della fotosintesi durerà poco, perché l’ossigeno disciolto nell’ipolimnio sarà consumato dai batteri che digeriscono le spoglie del fitoplancton mentre scendono verso il fondo, e dall’ossidazione di metaboliti reattivi come NH3 e CH4.

Da molti anni e con un’attenzione che cresce di anno in anno, la scienza mette in luce gli effetti del cambiamento climatico sull’ecologia dei laghi. L’inverno 2023-2024 illustra chiaramente i principali tratti della risposta dei laghi a questo cambiamento, che sono:

·     l’accentuarsi della stratificazione, per quanto riguarda la sua stabilità e la sua durata nell’anno, con un inizio anticipato,

·     la sovrapposizione di stratificazioni, isolando gli strati profondi dalla superficie,

·     la diminuzione della concentrazione di ossigeno nell’ipolimnio,

·     un’anossia sul fondolago che durerà più a lungo nel tempo e che interesserà uno strato di acqua sempre più spesso.

Questi effetti del cambiamento climatico si aggiungeranno a quelli dell’apporto eccessivo di nutrienti che osserviamo, anche quelli, da molti anni, con:

·     una generale diminuzione della concentrazione di ossigeno, soprattutto negli strati profondi,

·     la formazione di sostanze tossiche (NH3, H2S … ) e climalteranti (CH4) nelle acque a basso contenuto di ossigeno,

·     un ulteriore aumento del carico di fosforo (in un ciclo a retroazione positiva), a causa della diminuzione della capacità netta dei sedimenti di fondolago di sequestrarlo.

A lungo termine, tutti questi fenomeni e meccanismi possono indurre cambiamenti irreversibili nell’ecologia del lago, per esempio nella struttura delle comunità degli organismi acquatici e delle reti trofiche, con un crescente rischio per la biodiversità e i servizi ecosistemici che ci dona il lago.

Vogliamo citarne solo un esempio – i cambiamenti che si profilano per l’habitat del “nostro” coregone, che predilige acque pulite, ben ossigenate e fresche. Trova il suo habitat ottimale nelle acque del lago che, dopo un rimescolamento invernale completo, hanno una temperatura attorno a 9°C e sono sature di ossigeno. Con l’avanzare delle stagioni, il coregone evita le acque riscaldate dell’epilimnio e le acque impoverite in ossigeno sul fondo, poiché inizia a soffrire a una concentrazione inferiore a 6 mg/l: il suo spazio vitale man mano si restringe. Oggi (inizio maggio 2024) trova condizioni ideali di temperatura e ossigeno soltanto tra 20 metri e 60 metri di profondità, e questa “finestra” si ridurrà ancora durante l’anno, con il rischio che il coregone in questo spazio ristretto non possa trovare le condizioni necessarie a soddisfare tutte le altre sue esigenze vitali.




martedì 16 gennaio 2024

Una nuova sfida per il lago – la cozza Quagga

 

Nell’ultimo decennio nei laghi dell’emisfero nord del mondo, già provati da inquinamento e cambiamento climatico, è emersa una nuova minaccia per la stabilità degli ecosistemi – la cozza Quagga (Dreissena rostriformis bugensis): pressoché triangolare, piccola di dimensioni (al massimo 4 cm), e molto invasiva. Nell’Europa settentrionale, si è diffusa con estrema rapidità risalendo i fiumi per raggiungere i laghi interni. È arrivata nella zona alpina, nell’Alto Reno presso Basilea nel 2014, nel Lago di Ginevra (2015), nel Lago di Costanza (2016), poco dopo nei laghi alpini della Baviera e dell’Austria. Ha raggiunto il Lago Maggiore, il Lago di Lugano e, nel 2023, il Lago di Garda.

la cozza Quagga (Dreissena rostriformis bugensis)


La cozza si diffonde di lago in lago tramite le vie di comunicazione, per le reti fluviali soprattutto nel loro stato larvale, ma anche come “hitchhiker” - attaccata a barche e attrezzature p. es. per la pesca, che vengono spostate da un lago infestato a uno ancora sano. I laghi con grande interesse per pesca e turismo in tal modo sono quelli più a rischio.

cartellone con indicazioni su come evitare la proliferazione della Quagga sul Lake Pleasant in Arizona

Una delle principali minacce per le specie e gli habitat della Zona Speciale di Conservazione (ZSC) del Lago di Bolsena, è l’introduzione di specie aliene (i. e. non native, non autoctone) e invasive, sia vegetali che animali (INNS – invasive non-native species), che minacciano gli equilibri ecosistemici naturali e possono causare enormi danni economici.

Nella tabella sono elencate le “pressioni” individuate dallo Studio Generale ZPS “Lago di Bolsena – Is. Bisentina e Martana” (cod. IT6010055) e SIC “Lago di Bolsena” (cod. IT6010007) e “Isole Bisentina e Martana” (cod. IT6010041) a cura di Lynx Natura e Ambiente s.l.r.  e dalle rispettive Misure di Conservazione, adottate dalla Giunta Regionale con Deliberazione del 14 aprile 2016:


Determinanti

 

Pressioni

 

disturbo antropico diretto

settore

 

 

agricoltura

inquinamento diffuso acque

Prelievo di acque superficiali per agricoltura

Modifiche alle condizioni idrauliche

Gestione della vegetazione acquatica e ripariale

domestico

inquinamento diffuso e puntuale acque

Prelievo di acque superficiali per uso domestico

industria (geotermia)

inquinamento diffuso di aria, acqua e suolo

aree industriali

prelievo di acque superficiali per uso industriale

commercio

inquinamento diffuso e puntuale acque

aree commerciali

turismo

inquinamento diffuso e puntuale acque

aree turistiche

urbanizzazione

Gestione della vegetazione acquatica e ripariale

aree urbanizzate

intrusione umana e disturbo

aree ripariali

Penetrazione/disturbo sotto la superficie del fondale

sport nautici motorizzati

risorse biologiche 

pesca sportiva

 

disturbo antropico indiretto

pesca e turismo

altre specie e geni (specie esotiche invasive (animali e vegetali))


Tali misure di conservazione dispongono che “è vietata l’immissione nell’ambiente naturale di specie animali non autoctone.”

Questa delibera pone fine (almeno in teoria) alla pratica rischiosa ma diffusa nel passato con la quale numerose specie sono state introdotte nel Lago – volontariamente, accidentalmente, con semine azzeccate o sbagliate - con il risultato che oggi le specie alloctone dominano la popolazione ittica.

Nel Lago di Bolsena, nei tempi passati e soprattutto dalla fine dell’800 in poi, sono state introdotte molte specie di pesci che si sono “acclimatate” - il coregone, il latterino, la carpa, il persico reale, il persico sole, il persico trota, il pesce gatto, la carpa erbivora (“Amur”), le quali nell’insieme hanno trasformato l’ecosistema lacustre (vedi a proposito qui, a pagina 14 ff). Il gambero rosso della Louisiana e la nutria stanno rimpiazzando specie indigene e meno aggressive; è stato catturato recentemente anche un esemplare di siluro che, se la specie si moltiplicasse, potrebbe avere un importante impatto negativo sulle popolazioni ittiche. Nella vegetazione attorno al Lago sono da considerare alloctone, invasive e acclimatate, specie come la cannuccia domestica e la robinia.

Gambero rosso della Louisiana                              Siluro                                         

Nel mondo conosciamo molti casi in cui ecosistemi lacustri sono stati sconvolti dall’introduzione sconsiderata di specie aliene. Tra di loro l’esempio più eclatante è forse il “Great Flathead Fish Fiasco” che portò alla sparizione del salmone rosso (kokanee), pesce pregiato e di grande importanza per l’economia locale, dal Lake Flathead nel nord degli Stati Uniti. Questo per colpa di un piccolo crostaceo (Mysis diluviana), introdotto dal 1969 negli affluenti del Lake Flathead con lo scopo di cibare e accrescere la popolazione dei kokanee. Nel 1984 il Mysis fece apparizione massiccia nel lago, e – sorpresa - nel 1986 i salmoni invece di moltiplicarsi erano spariti!

Con loro sparivano anche i turisti – i pescatori di kokanee e i naturalisti amanti delle aquile testabianca che davano la caccia ai salmoni. Un’accurata analisi dell’accaduto rivela le complesse interazioni nella rete trofica che assieme alle specifiche caratteristiche geofisiche del lago causarono il disastro.

La Quagga non è la prima cozza di acque dolci che invade i laghi del mondo. È stata preceduta da un altro membro della famiglia e del genere Dreissena (1), la cozza Zebra (Dreissena polymorpha), nativa come la Quagga della zona del Mar Nero e Mare Caspio, che all’inizio del secolo scorso cominciò a diffondersi, risalendo i fiumi Dnepr e Bug per arrivare al Mar Baltico e in tutto l’emisfero nord del mondo. In Italia è presente nei laghi alpini, e anche in Toscana, in Umbria nel Lago Trasimeno e in Sicilia. Anche se la Zebra ha alterato gli ecosistemi e creato danni, è meno pericolosa della Quagga perché si adatta bene solo a certi ambienti, e si moltiplica meno rapidamente.

larve veliger della Quagga

La cozza Quagga è temibile soprattutto perché si adatta facilmente a ambienti diversi e ha una capacità di riproduzione enorme: una femmina produce fino a un milione di uova all’anno. Dalle uova fecondate si sviluppano in grande numero minuscole larve chiamate “veliger” (i.e. chi porta vele) che, trascinate dalle correnti, si diffondono e si fissano su vari substrati fondali, sia duri che morbidi. Le Quagga sopravvivono in acque di varia composizione chimica, a varie temperature, in acque basse e anche in grandi profondità, e a lungo anche fuori acqua. La cozza adulta, inoltre, ha pochi antagonisti naturali.

Come il Mysis, la Quagga è un’“ingegnera ecosistemica”, un neozoon capace di alterare gli ecosistemi. Un adulto filtra circa un litro di acqua al giorno, ne estrae i microorganismo – zoo- e fitoplancton, batteri, virus e anche i propri veliger - e li digerisce. Espelle nelle (pseudo)feci le parti indigeribili e con le acque fosfati disciolti. Con ciò trasferisce sul loro habitat nei fondali dei laghi, grandi quantità di nutrienti, con effetti che sconvolgono le reti trofiche:

- sottraendo dalle acque pelagiche il nutrimento per zooplancton e pesci pregiati,

- favorendo certe specie che vivono e si nutrono sui fondali,

- accumulando sul fondolago le sostanze indigeste tra cui cianobatteri,

- aumentando il consumo dell’ossigeno in profondità.

L’insieme delle conseguenze dell’invasione delle cozze Quagga in un lago come il nostro è difficile a prevedere (vedi qui per un recente riassunto), e non possiamo escludere un “fiasco” come successe nel Lake Flathead. È molto probabile che il pescato di specie planctivore (e in particolare quelle che si nutrono di zooplancton) come il coregone diminuisca come osservato in vari laghi del mondo – da una parte perché questi pesci trovano meno cibo, dall’altra perché la popolazione di specie antagoniste come pesci littorali e/o bentonici aumentano. In generale, l’effetto ecosistemico più inquietante è il trasferimento a una sola specie, alle cozze Quagga appunto, del controllo sui cicli dei nutrienti e in particolare sul ciclo del fosforo.

biofouling di barca

Non mancano altre conseguenze negative:

- le cozze provocano problemi e danni di “biofouling” a barche e strutture portuali; intasano inoltre tubature e pompe per il prelievo di acqua dal lago,

- le spiagge diventano sgradevoli e difficili da percorrere a causa dei margini taglienti dei gusci che vi si ammassano.

È imperativo prendere misure per impedire che le Quagga invadano anche i laghi del centro d’Italia. I primi passi sarebbero l’informazione del pubblico e un monitoraggio preventivo, tramite osservazioni e prelievi di campioni con analisi del DNA ambientale (eDNA).

Va rapidamente, prima dell’inizio della stagione, definito un regolamento da mettere in atto rigorosamente seguendo l’esempio del cantone Ticino (vedi qui per la scheda tecnica per le imbarcazioni), che prevede il controllo degli spostamenti di barche e attrezzature per la pesca (carp-fishing!) e la loro pulizia meticolosa. In questo contesto è indispensabile affrontare il problema delle numerose postazioni e rimesse di barche abusive e incontrollate nel comprensorio del Lago di Bolsena. 




(1)   Nel 1838 van Beneden attribuisce questo nome alla specie in onore del farmacista belga Henri Dreissens di Maaseik, che l’ha scoperto (Description des coquilles fossiles recueillies en Crimée par M. de Verneuil et obsevations générales à leur sujet. Mémoires de la Société géologique de France, vol. III, p. 37-69, 1838).