Nell’ultimo decennio nei laghi dell’emisfero nord del mondo,
già provati da inquinamento e cambiamento climatico, è emersa una nuova
minaccia per la stabilità degli ecosistemi – la cozza Quagga (Dreissena
rostriformis bugensis): pressoché triangolare, piccola di dimensioni (al
massimo 4 cm), e molto invasiva. Nell’Europa settentrionale, si è diffusa con
estrema rapidità risalendo i fiumi per raggiungere i laghi interni. È arrivata
nella zona alpina, nell’Alto Reno presso Basilea nel 2014, nel Lago di Ginevra
(2015), nel Lago di Costanza (2016), poco dopo nei laghi alpini della Baviera e
dell’Austria. Ha raggiunto il Lago Maggiore, il Lago di Lugano e, nel 2023, il
Lago di Garda.
La cozza si diffonde di lago in lago tramite le vie di comunicazione, per le reti fluviali soprattutto nel loro stato larvale, ma anche come “hitchhiker” - attaccata a barche e attrezzature p. es. per la pesca, che vengono spostate da un lago infestato a uno ancora sano. I laghi con grande interesse per pesca e turismo in tal modo sono quelli più a rischio.
Una delle principali minacce per le specie e gli habitat della Zona Speciale di Conservazione (ZSC) del Lago di Bolsena, è l’introduzione di specie aliene (i. e. non native, non autoctone) e invasive, sia vegetali che animali (INNS – invasive non-native species), che minacciano gli equilibri ecosistemici naturali e possono causare enormi danni economici.
Nella tabella sono elencate le “pressioni” individuate dallo
Studio Generale ZPS “Lago di Bolsena – Is. Bisentina e Martana” (cod.
IT6010055) e SIC “Lago di Bolsena” (cod. IT6010007) e “Isole Bisentina e
Martana” (cod. IT6010041) a cura di Lynx Natura e Ambiente s.l.r. e dalle rispettive Misure di Conservazione,
adottate dalla Giunta Regionale con Deliberazione del 14 aprile
2016:
Determinanti |
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Pressioni |
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disturbo antropico diretto |
settore |
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agricoltura |
inquinamento diffuso acque |
Prelievo di acque superficiali per agricoltura |
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Modifiche alle condizioni idrauliche |
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Gestione della vegetazione acquatica e
ripariale |
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domestico |
inquinamento diffuso e puntuale acque |
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Prelievo di acque superficiali per uso
domestico |
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industria (geotermia) |
inquinamento diffuso di aria, acqua e suolo |
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aree industriali |
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prelievo di acque
superficiali per uso industriale |
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commercio |
inquinamento diffuso e puntuale acque |
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aree commerciali |
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turismo |
inquinamento diffuso e puntuale acque |
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aree turistiche |
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urbanizzazione |
Gestione della vegetazione acquatica e
ripariale |
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aree urbanizzate |
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intrusione umana e
disturbo |
aree ripariali |
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Penetrazione/disturbo sotto la superficie del
fondale |
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sport nautici motorizzati |
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risorse biologiche |
pesca sportiva |
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disturbo antropico indiretto |
pesca e turismo |
altre specie e geni (specie
esotiche invasive (animali e vegetali)) |
Tali misure di conservazione dispongono che “è vietata
l’immissione nell’ambiente naturale di specie animali non autoctone.”
Questa delibera pone fine (almeno in teoria) alla pratica
rischiosa ma diffusa nel passato con la quale numerose specie sono state
introdotte nel Lago – volontariamente, accidentalmente, con semine azzeccate o
sbagliate - con il risultato che oggi le specie alloctone dominano la
popolazione ittica.
Nel Lago di Bolsena, nei tempi passati e soprattutto dalla
fine dell’800 in poi, sono state introdotte molte specie di pesci che si sono
“acclimatate” - il coregone, il latterino, la carpa, il persico reale, il
persico sole, il persico trota, il pesce gatto, la carpa erbivora (“Amur”), le
quali nell’insieme hanno trasformato l’ecosistema lacustre (vedi
a proposito qui, a pagina 14 ff). Il gambero rosso della Louisiana e la
nutria stanno rimpiazzando specie indigene e meno aggressive; è stato catturato
recentemente anche un esemplare di siluro che, se la specie si moltiplicasse,
potrebbe avere un importante impatto negativo sulle popolazioni ittiche. Nella
vegetazione attorno al Lago sono da considerare alloctone, invasive e
acclimatate, specie come la cannuccia domestica e la robinia.
Nel mondo conosciamo molti casi in cui ecosistemi lacustri sono stati sconvolti dall’introduzione sconsiderata di specie aliene. Tra di loro l’esempio più eclatante è forse il “Great Flathead Fish Fiasco” che portò alla sparizione del salmone rosso (kokanee), pesce pregiato e di grande importanza per l’economia locale, dal Lake Flathead nel nord degli Stati Uniti. Questo per colpa di un piccolo crostaceo (Mysis diluviana), introdotto dal 1969 negli affluenti del Lake Flathead con lo scopo di cibare e accrescere la popolazione dei kokanee. Nel 1984 il Mysis fece apparizione massiccia nel lago, e – sorpresa - nel 1986 i salmoni invece di moltiplicarsi erano spariti!
Con loro sparivano anche i turisti – i pescatori di kokanee
e i naturalisti amanti delle aquile testabianca che davano la caccia ai salmoni.
Un’accurata analisi dell’accaduto
rivela le complesse interazioni nella rete trofica che assieme alle specifiche
caratteristiche geofisiche del lago causarono il disastro.
La Quagga non è la prima cozza di acque dolci che invade i
laghi del mondo. È stata preceduta da un altro membro della famiglia e del
genere Dreissena (1), la
cozza Zebra (Dreissena polymorpha), nativa come la Quagga della zona del Mar
Nero e Mare Caspio, che all’inizio del secolo scorso cominciò a diffondersi,
risalendo i fiumi Dnepr e Bug per arrivare al Mar Baltico e in tutto l’emisfero
nord del mondo. In Italia è presente nei laghi alpini, e anche in Toscana, in
Umbria nel Lago Trasimeno e in Sicilia. Anche se la Zebra ha alterato gli
ecosistemi e creato danni, è meno pericolosa della Quagga perché si adatta bene
solo a certi ambienti, e si moltiplica meno rapidamente.
La cozza Quagga è temibile soprattutto perché si adatta facilmente a ambienti diversi e ha una capacità di riproduzione enorme: una femmina produce fino a un milione di uova all’anno. Dalle uova fecondate si sviluppano in grande numero minuscole larve chiamate “veliger” (i.e. chi porta vele) che, trascinate dalle correnti, si diffondono e si fissano su vari substrati fondali, sia duri che morbidi. Le Quagga sopravvivono in acque di varia composizione chimica, a varie temperature, in acque basse e anche in grandi profondità, e a lungo anche fuori acqua. La cozza adulta, inoltre, ha pochi antagonisti naturali.
Come il Mysis, la Quagga è un’“ingegnera ecosistemica”, un
neozoon capace di alterare gli ecosistemi. Un adulto filtra circa un litro di
acqua al giorno, ne estrae i microorganismo – zoo- e fitoplancton, batteri,
virus e anche i propri veliger - e li digerisce. Espelle nelle (pseudo)feci le
parti indigeribili e con le acque fosfati disciolti. Con ciò trasferisce sul
loro habitat nei fondali dei laghi, grandi quantità di nutrienti, con effetti
che sconvolgono le reti trofiche:
- sottraendo dalle acque pelagiche il nutrimento per
zooplancton e pesci pregiati,
- favorendo certe specie che vivono e si nutrono sui
fondali,
- accumulando sul fondolago le sostanze indigeste tra cui
cianobatteri,
- aumentando il consumo dell’ossigeno in profondità.
L’insieme delle conseguenze dell’invasione delle cozze
Quagga in un lago come il nostro è difficile a prevedere (vedi qui
per un recente riassunto), e non possiamo escludere un “fiasco” come
successe nel Lake Flathead. È molto probabile che il pescato di specie
planctivore (e in particolare quelle che si nutrono di zooplancton) come il
coregone diminuisca come osservato in vari laghi del mondo – da una parte
perché questi pesci trovano meno cibo, dall’altra perché la popolazione
di specie antagoniste come pesci littorali e/o bentonici aumentano. In
generale, l’effetto ecosistemico più inquietante è il trasferimento a una sola
specie, alle cozze Quagga appunto, del controllo sui cicli dei nutrienti e in
particolare sul ciclo del fosforo.
Non mancano altre conseguenze negative:
- le cozze provocano problemi e danni di “biofouling” a
barche e strutture portuali; intasano inoltre tubature e pompe per il prelievo
di acqua dal lago,
- le
spiagge diventano sgradevoli e difficili da percorrere a causa dei margini
taglienti dei gusci che vi si ammassano.
È
imperativo prendere misure per impedire che le Quagga invadano anche i laghi
del centro d’Italia. I primi passi sarebbero l’informazione del pubblico e un
monitoraggio preventivo, tramite osservazioni e prelievi di campioni con
analisi del DNA ambientale (eDNA).
Va rapidamente, prima dell’inizio della stagione, definito un regolamento da mettere in atto rigorosamente seguendo l’esempio del cantone Ticino (vedi qui per la scheda tecnica per le imbarcazioni), che prevede il controllo degli spostamenti di barche e attrezzature per la pesca (carp-fishing!) e la loro pulizia meticolosa. In questo contesto è indispensabile affrontare il problema delle numerose postazioni e rimesse di barche abusive e incontrollate nel comprensorio del Lago di Bolsena.
(1) Nel 1838 van Beneden attribuisce
questo nome alla specie in onore del farmacista belga Henri Dreissens di
Maaseik, che l’ha scoperto (Description des coquilles fossiles recueillies en
Crimée par M. de Verneuil et obsevations générales à leur sujet. Mémoires de la
Société géologique de France, vol. III, p. 37-69, 1838).
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