mercoledì 23 ottobre 2024

Aree idonee e non idonee per impianti FER

 

I numeri parlano chiaro: nell’Alta Tuscia, attorno al lago e tra il lago e il mare, sono centinaia di installazioni fotovoltaici e eolici in fase di esame e autorizzazione. Questi si aggiungerebbero a un grande numero di impianti esistenti, i quali permettono, già oggi, alla Provincia di Viterbo di produrre il 78% di energia da fonti rinnovabili dell’intera regione Lazio, e alla Regione di raggiungere gli obiettivi prefissi per il 2030. Gli apporti delle altre Province sono irrisori nel confronto: Latina (13,70%), Roma (6,58%), Frosinone (1,64%) e Rieti (0%)!



 I cittadini e i sindaci dicono basta, l’Alta Tuscia è satura - è prioritario proteggere il ricco patrimonio naturalistico e culturale della Provincia. La Regione, con il D.G.R. n. 171 del 2023 si è espressa nello stesso senso: “Risulta necessario garantire una loro dislocazione equilibrata sul territorio regionale al fine di minimizzare gli impatti sull’ambiente” poiché tale cumulo nella Provincia di Viterbo rappresenta “una elevata criticità per la sostenibilità ambientale di ulteriori eventuali iniziative”.

Contributi delle Province alla produzione di energia da fonti rinnovabili nella Regione Lazio

 Entro la fine dell’anno, la Regione deve definire le aree idonee e non idonee per la costruzione di impianti a fonti rinnovabili. Quasi un mese fa, il CAT ha trasmesso al presidente della Regione la proposta dei principali associazioni e comitati attivi nella tutela dell’ambiente, che riportiamo qui sotto:



LETTERA APERTA DALLE ASSOCIAZIONI ADERENTI AL

COORDINAMENTO AMBIENTALE TUSCIA (C.A.T.)

Alla cortese attenzione del

Sig. Presidente della Regione Lazio

Francesco Rocca S.p.m   

Canino, 25 settembre 2024


Gentile Presidente Rocca,

Ai primi di luglio scorso è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica del 21.06.2024 per stabilire principi, criteri e modalità per l’individuazione delle Aree idonee e non idonee agli impianti FER da parte delle regioni (previsto dall’articolo 20 comma 1 del Decreto Legislativo n. 199 del 08.11.2021).

Entro gennaio 2025 devono essere emanate le relative leggi regionali garantendo l'opportuno coinvolgimento degli Enti Locali. Forte è il nostro augurio che la Regione Lazio, usi i principi, criteri e modalità indicati dal Decreto interministeriale e li potenzi per ostacolare la speculazione in atto, favorendo uno sviluppo equilibrato e razionale delle Fonti di Energia Rinnovabile.

a)           Il Decreto del 21.06.2024 permette alle Regioni di estendere fino a 7 km le “fasce di rispetto”, in cui è vietato installare impianti FER, per proteggere il patrimonio culturale ai sensi delle Parti II e III del Codice dei Beni Culturali e del paesaggio.

La Regione Lazio dovrebbe sfruttare questa grande opportunità per proteggere i territori che sono colmi di ricchezze paesaggistiche e culturali, in linea con la D.G.R. n. 171/2023, che sottolinea l'importanza di una transizione energetica sostenibile che non danneggi attività economiche, ambiente e paesaggio.

b)           Come indicato nell’articolo 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Questo articolo suddivide i beni in quattro categorie:

  • lettera a): beni dichiarati di notevole interesse pubblico come ville, giardini e parchi;
  • lettera b): complessi di cose immobili che formano un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale;
  • lettera c): centri e nuclei storici;
  • lettera d): immobili o zone di rilevante interesse paesaggistico (come le zone panoramiche).

Secondo l’articolo 20, comma 8, lettera c-quater del Decreto Legislativo n. 199/2021, che disciplina le energie rinnovabili, tutte le aree elencate nell’articolo 136 del Codice dei beni culturali devono essere protette, non solo le prime due categorie. Questo significa che, oltre a ville, parchi e complessi di valore storico (lettera a e b), dovrebbero essere tutelati anche i centri storici e le zone panoramiche.

Per questo motivo, la Regione Lazio dovrebbe intervenire per assicurare una protezione completa, includendo nelle “fasce di rispetto” anche i centri storici e le zone panoramiche (citate nelle lettere c e d dell’articolo 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Altrimenti, alcune aree di grande valore storico e paesaggistico non riceverebbero lo stesso livello di protezione rispetto ad altre aree già tutelate.

c)           Il Decreto Ministeriale del 10.09.2010 prescrive nella pianificazione degli impianti FER le distanze per la salvaguardia della salute pubblica e del paesaggio (Allegato 4), che sono da osservare rigorosamente come criteri minimi.

Inoltre, seguendo l’Allegato 3, comma f, del suddetto Decreto, sono da definire come aree non idonee:

  • le Aree Naturali Protette ai diversi livelli (nazionale, regionale, locale) istituite ai sensi della Legge 394/91 ed inserite nell'Elenco Ufficiale delle Aree Naturali Protette;
  • le Zone Umide di importanza internazionale designate ai sensi della Convenzione di Ramsar;
  • le aree della Rete Natura 2000 (ZSC e ZPS) inclusi gli ampliamenti previsti entro il 2030;
  • le Important Bird Areas (IBA) individuate dalla LIPU e da BirdLife International.

    Sono anche da intendere come aree non idonee per le rilevanti funzioni ecologiche che rivestono, determinanti per la conservazione della biodiversità:

    • le fasce di rispetto delle aree naturali protette di  7  km per le Zone di Protezione Speciale e di 5 km per le Zone Speciali di Conservazione, ai sensi delle Direttive Comunitarie Habitat ed Uccelli;
    • le aree di connessione e di continuità ecologico-funzionale tra i vari sistemi naturali e seminaturali.

    d)           Il Decreto Ministeriale del 21.06.2024 non ha specificato quanta parte del territorio può essere occupata dagli impianti di energia rinnovabile (FER) nelle cosiddette "aree idonee".

    Senza una regola chiara sulla percentuale massima di suolo occupabile le aree idonee potrebbero essere sfruttate in maniera eccessiva o utilizzate in modo sproporzionato.

    Il decreto ha inoltre introdotto il concetto di "aree ordinarie", cioè altre zone che possono essere usate per impianti FER ma che non vengono incluse nel conteggio della porzione massima di suolo da destinare alle energie rinnovabili. Questo significa che, senza fissare un limite preciso, si rischia di espandere di fatto le "aree idonee", aumentando la superficie occupata dagli impianti FER.

    e)          Già nel 2022, con la D.G.R. n. 390, la Regione aveva definito le aree non idonee per gli impianti FER e individuato le incompatibilità paesaggistiche, evidenziando come lo sviluppo delle rinnovabili possa avere effetti negativi sul paesaggio locale, sul turismo e sull’agricoltura.

    La D.G.R. n. 171/2023 ha inoltre rilevato una distribuzione disomogenea degli impianti sul territorio regionale, con un impatto eccessivo sulla provincia di Viterbo (78,08%) rispetto ad altre province come Latina (13,70%), Roma (6,58%), Frosinone (1,64%) e Rieti (0%) e quindi  “risulta necessario garantire una loro dislocazione equilibrata sul territorio regionale al fine  di minimizzare gli impatti sull’ambiente” dovuti al loro cumulo, nella Provincia di Viterbo questo rappresenta una elevata criticità per la sostenibilità ambientale di ulteriori eventuali iniziative, in relazione all’equilibrio tra le vocazioni territoriali e gli obiettivi energetici”.

    La Tuscia ha ormai raggiunto una saturazione di impianti, rendendo necessario limitare al massimo la percentuale di suolo occupabile nelle aree idonee. In questo modo, oltre a tutelare il patrimonio culturale, si potranno preservare le tradizioni agroalimentari di alta qualità e sostenere le numerose attività economiche locali, comprese quelle dei quattro Biodistretti presenti sul territorio.

    Secondo i dati Gaudì pubblicati da Terna, ed elaborati dall'associazione Italia Solare, la provincia di Viterbo risulta al primo posto in Italia per kilowatt installati per abitante. È pertanto auspicabile promuovere una distribuzione più equa ed efficiente delle energie rinnovabili, privilegiando l'uso di aree già compromesse da attività antropiche, come superfici industriali e artigianali dismesse, aree soggette a bonifica, cave, discariche e siti contaminati.

    Il Coordinamento Ambientale Tuscia manifesta la propria piena disponibilità a un confronto istituzionale presso la Regione sui temi che incidono significativamente sulle attività economiche, agricole e turistiche del territorio, con l'obiettivo di salvaguardare il “capitale naturale” ereditato da una gestione responsabile e lungimirante tramandata dalle generazioni precedenti.

    Ringraziando anticipatamente per l’attenzione che vorrà riservare alla presente, le porgiamo i nostri più cordiali saluti.

    Le associazioni firmatarie

    Comitato Spontaneo Canino

    Verde Tuscia

    Comitato Ambiente e Salute Tuscia

    Ass. Culturale Caffè Menerva

    AssoTuscania

    Associazione Lago di Bolsena odv

    Associazione Bolsena Lago d'Europa


    Paesaggio energetico (Collage di Italia Nostra e Liis Roden a partira da un quadro di Caspar David Friedrich

    Lettera aperta a Legambiente

     

    Perché Legambiente dovrebbe riflettere sul suo nome

    (Lettera aperta del CAT a Legambiente)

     

    Porta un nome impegnativo Legambiente – una lega, un sodalizio per l’ambiente, per la protezione della Natura. Ne abbiamo bisogno in tempi come questi in cui l’ambiente si trova sotto gravi minacce e assistiamo a un suo degrado globale, che si manifesta nella diminuzione e nel degrado delle risorse naturali, nel crollo degli ecosistemi e nella perdita di biodiversità, e che mette in pericolo la sopravvivenza dell’uomo sulla Terra.

    L’impatto insostenibile delle azioni umani è la causa delle minacce all’ambiente e ai servizi ecosistemici indispensabili per l’umanità. La scienza le distingue in tre categorie: il cambiamento climatico, l’inquinamento e la produzione di rifiuti, e la perdita della natura (“loss of nature”) con distruzione e frammentazione degli habitat.

    È un’evidenza scientifica quindi che, per fare fronte al cambiamento climatico, decarbonizzare (ed è questo l’obiettivo principale dell’introduzione delle Fonti di Energia Rinnovabile “FER” e delle rispettive direttive europee di cui la RED 3 è l’ultima) è importante quanto preservare l’ambiente e tutelare la biodiversità (oggetto delle Direttive Habitat e Uccelli, della Strategia per la Biodiversità e della Restoration Law di recente adozione): perché sono azioni sinergiche che rafforzano l’efficacia l’una dell’altra. Occorre coniugare gli obiettivi ambiziosi dello sviluppo delle FER con gli obiettivi altrettanto ambiziosi della tutela della natura e della biodiversità, ambedue e a pari diritto prioritari.

    Non è questa la posizione degli esponenti di Legambiente quando commentano l’opposizione locale agli impianti industriali FER nell’Alta Tuscia. Come esempio basterà riportare le parole del segretario nazionale Angelo Gentili a proposito del parco eolico di Pitigliano: “L’unico vero pericolo che abbiamo davanti è la crisi climatica…”.  A suo dire il NO locale all’eolico sarebbe principalmente legato a motivazioni di natura ideologica piuttosto che al reale impatto che l’impianto potrebbe avere sul territorio. Egli ritiene “un processo culturale necessario” il sostegno alla realizzazione di impianti eolici e agrivoltaici, dove la difesa di ambiente e paesaggio (il quale Gentili riduce a “skyline e panorami”) è un aspetto del tutto secondario.

    A tal proposito torna utile ricordare l’intervento di Silvana Sciarra, presidente della Corte costituzionale, durante le celebrazioni del 75esimo anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione. In tale occasione la Presidente evidenziava che il paesaggio nel suo aspetto visivo assomma contenuti ambientali e culturali e dunque è di per sé un valore costituzionale. Paesaggio che va inteso non come un concetto astratto di “bellezze naturali”, ma come bene comune complesso e unitario, che l’articolo 9 della Costituzione tutela insieme al patrimonio storico e artistico della Nazione “anche nell'interesse delle future generazioni”.

    Al contrario, Legambiente propone, per superare le “lungaggini dei processi autorizzativi nazionali e regionali, dei contenziosi sollevati da Comuni, Regioni e cittadini (sindromi Nimby e Nimto) che bloccano la realizzazione di grandi impianti FER”, misure di semplificazione e accelerazione che per lo più mirano all’eliminazione e all’indebolimento delle salvaguardie ambientali e paesaggistiche. Questo, probabilmente, nel senso di “un percorso di consapevolezza e acculturamento sul fronte delle energie rinnovabili” da parte delle comunità, che sono considerate ignoranti e prive delle necessarie competenze.

    Liquidare le obiezioni fondate di cittadini, Comuni e Regione come sindromi di negazione della realtà, riflette una posizione di Legambiente superficiale e troppo spesso caratterizzata da un senso di superiorità. Superiorità oggettivamente infondata e sicuramente controproducente al “bisogno di una maggiore partecipazione e protagonismo dei territori”, come constata lo stesso rapporto “Scacco Matto” di Legambiente, dove pure si riconosce che vanno “rafforzati processi di dialogo, ascolto, confronto con l’obiettivo di trovare soluzioni. Anche il mio miglior progetto, se calato dall’alto, rischia, infatti, di non vedere la luce.”

    Ma è proprio qui uno dei motivi principali delle “lungaggini” deplorate: progetti industriali distruttivi vengono calati dall’alto senza dialogo, ascolto, confronto, nel disprezzo della natura e delle persone. Non meno importante è un altro motivo di opposizione, cioè la qualità insufficiente e inaccettabile dei progetti, di cui uno dei peggiori è proprio quello dell’impianto di Pitigliano, singolarmente carente sul piano tecnico-scientifico e del rispetto delle normative.

    Legambiente difende acriticamente non solo questo progetto e simili, ma chiude anche gli occhi davanti alle alternative evidenti alla distruzione di ambiente e paesaggio. Le quali non consistono, come fa credere, nella rinuncia alle energie rinnovabili, ma al loro impiego razionale e intelligente, permettendo di coniugare gli obiettivi dello sviluppo delle FER con quelli della tutela della natura e della biodiversità.

    Queste alternative sono: installare il fotovoltaico su tetti e in aree impermeabilizzate e degradate, fondare comunità energetiche, permettere con misura impianti dell’agrivoltaico sostenibile dove il danno agli ecosistemi viene compensato da aree dedicate al recupero della biodiversità, e innanzitutto realizzare grandi impianti eolici in mare aperto (offshore), dove si possono, grazie alla lunghissima linea di costa della penisola, collocare tutti gli impianti necessari per soddisfare il fabbisogno energetico nazionale.

    Nessun bisogno di riempire fino all’ultimo gli spazi naturali della Tuscia: la soluzione per coniugare la tutela di ambiente e paesaggio con lo sviluppo delle FER esiste. Adottare, sostenere, esigere questa soluzione sarebbe un impegno degno di una vera Lega per l’Ambiente.