Acque agitate nella questione della privatizzazione di Talete: cedere a privati il 40 % delle sue quote, con lo scopo di risolvere i gravi problemi finanziari della SpA che gestisce il servizio idrico nel Viterbese?
Di tale operazione l’attuale
amministratore unico, Salvatore Genova, è deciso sostenitore. Il 28 aprile 2022
ha proposto un atto d’indirizzo dove definiva ”ormai residuale l’ipotesi di
poter ottenere finanziamenti” tanto da far emergere ”la necessità di consentire
l’ingresso di un socio privato nella società …” (vedi qui); atto che è stato approvato dalla conferenza dei sindaci dell’ATO Viterbo
(51 comuni della Tuscia) - anche il presidente dell'ATO 1 e della Provincia, Alessandro Romoli, sindaco di Bassano in Teverina, spinge alla privatizzazione. “Socio privato” sta qui molto probabilmente per
l’ACEA, multinazionale nel cui capitale sociale sono presenti Suez e
Caltagirone, e al 51% Roma Capitale.
Le attività di Talete riguardano direttamente il Lago di Bolsena non solo perché la depurazione delle acque reflue nel suo comprensorio è determinante per il suo stato di salute, ma anche perché le acque captate e distribuite da Talete provvengono in buona parte dalle falde che lo alimentano.
Il 10 giugno, due giorni prima delle elezioni comunali, l’assemblea dei soci di Talete ha votato modifiche statuarie che permettono l’ingresso di privati nella società finora interamente pubblica (vedi qui). Ciò con una maggioranza di soltanto il 33% delle quote sociali, mentre Viterbo e Montefiascone, detentrici di importanti quote, erano ancora commissariati e non si sono espressi.
Di seguito, Tarquinia, Viterbo,
Monte Romano, Soriano nel Cimino, Vasanello e Sutri hanno deciso di impugnare
questo voto (vedi qui).
Chi favorisce la parziale
privatizzazione (ma la quota del 40% prometterebbe nelle condizioni attuali il
controllo effettivo della società) si aspetta vantaggi importanti: “l’immediata
immissione di liquidità, l’avvio di sinergie e risparmi gestionali e
l’incremento di efficienza, efficacia ed economicità del servizio reso
all’utenza.”
L’esperienza nazionale e
internazionale insegna invece che la realtà non è tutta positiva - investitori
privati farebbero valere senz’altro i loro interessi per trarre profitto
dall’investimento e usare il patrimonio gestito a loro vantaggio - per un’analisi
scientifica comprensibile e succinta vedi qui.
Risulta evidente, che lo scopo
principale di investitori privati è di ricavare cospicui profitti dalla
gestione del ciclo dell’acqua potabile, tenendo poco conto dei costi sociali e
ambientali delle loro azioni. Le conseguenze negative più importanti sono:
- aumento drastico delle tariffe,
- degrado della risorsa acqua potabile e dell’ambiente,
- degrado delle infrastrutture di distribuzione e depurazione,
- degrado dei servizi,
- aumento della disoccupazione nel settore a causa dell’impiego di manodopera inesperta a basso costo,
- mancanza di trasparenza e partecipazione del pubblico.
Per non parlare del punto principale e fondamentale: si tratta qui di alienare un bene pubblico di vitale importanza per renderlo merce.
Abbiamo sotto gli occhi gli
esempi della gestione dall’ACEA dell’acqua di Roma con lo svuotamento del Lago
di Bracciano e le perdite di rete al circa 40%, con l’aumento smisurato delle
tariffe in Ciociara (sempre ACEA), dove gli investimenti promessi per rinnovare
le infrastrutture non arrivano. Molte sono le esperienze negative all’estero – le
più eclatanti di Londra
e Manila.
Dall’altro canto, numerosi sono però anche gli esempi incoraggianti, come ad Amburgo dove la cittadinanza si è opposta alla privatizzazione, permettendo la creazione di un’esemplare società di gestione pubblica. Oppure a Berlino dove nel 2013, il 98% della popolazione ha imposto la ripubblicazione della sua acqua. E non dimentichiamo Napoli, che nel 2014 ha ripubblicizzato la sua acqua.
Quali
sono le ragioni che consiglierebbero una privatizzazione di Talete?
Da
un lato, i problemi finanziari della società, che un socio privato potrebbe
risolvere con una “immediata immissione di liquidità”. Infatti, privati possono
ricorrere facilmente a crediti dalle banche (comunque a costi elevati),
possibilità più difficile per la mano pubblica. I sostenitori della privatizzazione
dipingono una situazione drammatica con il rischio del fallimento di Talete.
Mentre l’ultimo bilancio di Talete è piuttosto incoraggiante, preoccupa la
elevata morosità. Non sembra precluso però, secondo il parere di un esperto
della Regione espresso nell’assemblea pubblica delle associazioni del lago
svoltasi a fine agosto, l’alternativa di un finanziamento pubblico dall’ARERA.
Certo è che un servizio idrico corretto ha il suo giusto costo che deve essere
anche pagato: un aumento delle tariffe sarà inevitabile per chiunque lo gestisce.
Dall’altro
lato, un argomento in favore della privatizzazione sarebbero “risparmi
gestionali e l’incremento di efficienza, efficacia ed economicità del servizio
reso all’utenza”. Però, non convincono i modi in cui di solito i privati
attuano i “risparmi gestionali” – degrado di servizi e infrastrutture, elevati
costi sociali e ambientali, riduzione del personale. Per quanto riguarda “efficienza
ed efficacia”, Talete ha dimostrato, nel modo in cui ha portato avanti il
ripristino del sistema fognario del Lago di Bolsena e del depuratore sul Marta,
sostenuta da una decisa volontà della Regione, che oggi è senz’altro un’impresa
capace e efficace.
Infine,
come soluzione principale per i problemi della Talete, c’è la strada indicata dal
referendum del 2011,
dove i cittadini italiani hanno deciso che l’acqua deve rimanere pubblica. L’ha
presa la città di Napoli deliberando la trasformazione della spa pubblica
gestrice del servizio idrico (Talete nel nostro caso) in "un’azienda speciale" (un ente pubblico economico senza scopo di lucro),
sotto il controllo dei comuni e della Corte dei conti. I vantaggi sono evidenti:
l’acqua rimane pubblica e la gestione del servizio è ben sorvegliata, e libera
dall’obbligo di fare profitto; inoltre, l’azienda speciale per legge non può
fallire.
A proposito: la Regione Lazio ha dato seguito al referendum con la Legge Regionale del 4 aprile 2014, N° 5 - vale la pena leggerla per capire quanto è disattesa quotidianamente!
Riteniamo,
che non si dovrebbe forzare un passaggio critico sotto tanti aspetti come la
privatizzazione dell’acqua pubblica senza una corretta informazione dei
cittadini, senza trasparenza, senza coinvolgimento della popolazione e senza
neanche tener conto del fatto che l’acqua che si vuole privatizzare è il cuore
di una zona protetta della rete Natura 2000, il lago di Bolsena.
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