È sempre attuale la questione dei noccioleti e del pericolo per l’ambiente e le persone che proviene dalla loro espansione nella Provincia di Viterbo. Aumenta costantemente la loro superficie anche nel comprensorio del Lago di Bolsena.
La questione
è stata messa a fuoco recentemente dall’ordinanza del sindaco di Nepi, Franco
Vita, contro la quale l’associazione dei produttori Assofrutti s.r.l. ha
presentato un ricorso al TAR Lazio. In parallelo, la Provincia di Viterbo, dopo
il tentativo senza esito del Tavolo Tecnico indetto dal Prefetto, sta lavorando sull’aggiornamento delle “Linee Guida
Provinciali sull’uso
sostenibile dei prodotti fitosanitari” con l’intenzione di aprire una
“discussione serena e condivisa sul tema”.
Una
discussione ampia e di grande importanza, un tema essenziale per la salute
degli ecosistemi e delle persone – sostenibilità ambientale contro interessi di
multinazionali, salvaguardia degli ecosistemi, agroecologia e agricoltura
contadina contro l’industrializzazione del paesaggio agricolo, protezione delle
risorse di acqua dolce e del suolo oppure il loro sfruttamento economico?
In ambedue i
casi, sia a proposito delle linee guida provinciali che nella discussione circa
l’ordinanza di Nepi, sono intervenuti i biodistretti del territorio e le
associazioni ambientaliste.
In quanto
segue, tentiamo di orientarci in questa materia complessa – nelle basi
giuridiche, nella problematica ambientale.
Normativa
La
Direttiva 2009/128/CE – il Decreto Legislativo 150/2012
La Direttiva
assieme al Decreto n. 150 definiscono le misure per un uso sostenibile dei
prodotti fitosanitari (PFS) al fine di ridurre i rischi e gli impatti sulla
salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità, e di promuovere
l’applicazione della difesa integrata e di approcci alternativi o metodi non
chimici. Provvedono alla programmazione, all’attuazione, al coordinamento e al
monitoraggio delle misure i ministeri delle politiche alimentari e forestali,
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e della salute, e le
Regioni e le Province autonome, avvalendosi del supporto di un Consiglio
tecnico-scientifico (Art. 4, 5).
I PFS [1]
sono preparati potenzialmente (e quasi sempre) pericolosi per la salute umana e
per l’ambiente. La Direttiva
2009/128/CE,
recepita con il Decreto Legislativo del 14 agosto
2012, n. 150 [2],
ha istituito un "quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo
sostenibile dei pesticidi" e ha stabilito le norme per il loro commercio,
uso e controllo [3]. La
citata Direttiva riconosce il “principio di precauzione”, pilastro su cui si
fonda la politica ambientale dell’UE [4].
Il Decreto
nel suo Art. 6 prevede la redazione di un Piano d’Azione Nazionale (PAN) per
l’uso sostenibile dei PFS che ha come obiettivi: la protezione degli
utilizzatori dei prodotti e della popolazione, la tutela dei consumatori, la
salvaguardia dell’ambiente acquatico e delle acque potabili e la conservazione
della biodiversità e degli ecosistemi [5].
Il primo PAN è stato adottato nel 2014 ed è
attualmente in fase di revisione. La pubblicazione del nuovo PAN è prevista
entro l’anno (2021).
Il Decreto
regolamenta la formazione di tutti gli utilizzatori professionali, i
distributori e consulenti sull’impiego dei PFS (Art. 7), le certificazioni all’abilitazione alla
vendita e all’attività di consulenza (Art. 8), il rilascio di certificati di
abilitazione all’acquisto e all’utilizzo di PFS (Art. 9), le prescrizioni per
la vendita dei PFS (Art. 10), le modalità di informazione e sensibilizzazione
della popolazione sui rischi dell’impiego di PFS (Art. 11), e le modalità dei
controlli delle attrezzature per l’applicazione dei PFS (Art. 12).
Non solo la
Direttiva 2009/128/CE inquadra l’uso dei PFS, ma anche varie altre direttive e
disposizioni comunitarie: alle tre direttive, la Direttiva Uccelli, la Direttiva Habitat e la Direttiva Quadro sulle Acque, si aggiungono vari
piani, regolamenti, strategie e documenti d’indirizzo tra cui il “Piano per la salvaguardia delle
risorse idriche europee” [6],
il Regolamento PPP, l’iniziativa dell’UE a favore degli
impollinatori , la strategia sulla biodiversità per il
2030 dell’UE, la strategia comunitaria farm to fork e il Piano d’azione “Azzerare
l’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo”.
Sono gli Articoli 14 (misure specifiche per la tutela dell’ambiente acquatico e
dell’acqua potabile) e 15 (riduzione dell’uso dei prodotti fitosanitari o dei
rischi in aree specifiche) del Decreto n.150 che tengono conto delle esigenze
delle tre Direttive, e più specificamente alcuni importanti documenti che
integrano il quadro normativo:
- il decreto 10 marzo 2015 (“Linee Guida di indirizzo per la
tutela dell’ambiente acquatico e dell’acqua potabile e per la riduzione
dell’uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi nei Siti Natura 2000 e
nelle aree naturali protette”) [7]
redatto dal Consiglio tecnico-scientifico,
- i Piani di Tutela delle Acque Regionali (PTAR) [8]
e
- i Piani di gestione dei distretti idrografici.
Nella
gerarchia discendente dalla normativa comunitaria e nazionale, le Regioni e le
Province autonome sono responsabili della programmazione, del processo di
valutazione e della scelta delle misure necessarie per attuare gli obiettivi
normativi. Nel processo, dovrebbero coinvolgere tutti gli “stakeholder”, cioè i
soggetti che hanno competenza in materia di disciplina dell’uso dei PFS, di
tutela dell’ambiente e della salute nonché, relativamente alle misure
pertinenti, gli Enti gestori dei Siti Natura 2000 e delle aree naturali
protette, come pure le Autorità di Bacino/Distretto Idrografico.
Le misure da
adottare sono le più varie, tra cui:
- prescrizioni specifiche per la limitazione, sostituzione
e/o eliminazione di certi PFS,
- aumento delle superfici agricole condotte con i metodi
dell’agricoltura biologica e dell’agricoltura integrata,
- indirizzi e divieti per il commercio e l’applicazione dei
prodotti, norme tecniche,
- misure di prevenzione, mitigazione e compensazione,
- iniziative di informazione e formazione.
Da notare
che la scelta delle misure dipende essenzialmente da monitoraggi di parametri
ambientali [9].
Tali misure
possono essere obbligatorie o raccomandate, e devono essere accompagnate da
adeguati stanziamenti di fondi [10].
La
Direttiva Quadro sulle Acque – il Decreto Legislativo 152/2006
Aree di
salvaguardia, aree di pertinenza, il PTAR
Nelle aree di salvaguardia
delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano di cui
all'art. 94 del D.Lgs 152/2006, la Regione individua prescrizioni specifiche
per la limitazione, sostituzione e/o eliminazione dei PFS che possono
contaminare le acque destinate al consumo umano [11].
Prescrizioni di entità diversa si definiscono per la zona di tutela assoluta costituita dall'area immediatamente
circostante le captazioni, la zona di rispetto costituita
dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da
sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e
quantitativamente la risorsa idrica captata, e la più vasta zona di
protezione dov’è da assicurare la protezione del patrimonio idrico
nelle aree di ricarica della falda, delle emergenze naturali e artificiali
della falda e nelle zone di riserva.
Ai sensi
dell’Art. 36 (Misure di tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici) del
PTAR, sono obbligatorie misure per la tutela delle aree
di pertinenza dei corpi idrici superficiali interni, finalizzate a
incrementare la capacità autodepurativa dei corpi idrici superficiali,
garantire le funzioni di filtro per i solidi sospesi e per gli inquinanti di
origine diffusa, stabilizzare le sponde e favorire la conservazione della
biodiversità, nonché le connessioni ecologiche tra ecosistemi acquatici e
ripariali [12].
Direttive
Habitat e Uccelli – il Decreto Legislativo 152/2006
Tutela dei
Siti Natura 2000 e delle aree naturali protette. Misure specifiche [13]
I Ministeri
dell'ambiente, delle politiche agricole e della salute, nel novembre 2014 hanno
predisposto ed emanato le linee guida, per la scelta delle misure specifiche da
inserire nei piani di gestione e nelle misure di conservazione dei Siti natura
2000 e delle aree naturali protette, tenendo conto delle caratteristiche di
pericolo e di rischio delle sostanze attive e dei PFS, nonché delle attività
agricole ivi presenti, in funzione almeno dei seguenti target da salvaguardare:
- habitat e specie di interesse comunitario legate agli
ecosistemi acquatici;
- habitat e specie di interesse comunitario legate agli
ecosistemi terrestri;
- habitat in cui vi è la necessità di tutelare le api e gli
altri impollinatori, come ad esempio gli imenotteri selvatici e i lepidotteri.
Le misure di
riduzione dell'uso dei PFS e/o dei rischi sono definite, sulla base delle linee
guida di cui sopra, entro 2 anni dall'entrata in vigore del Piano, dalla
regione competente, in accordo con l'Ente gestore, laddove esistente, in base
alle specifiche caratteristiche del sito da tutelare.
L’ ISPRA, con il rapporto Valutazione
del rischio potenziale dei prodotti fitosanitari nelle Aree Natura 2000 ha fornito i dati relativi al
pericolo potenziale dei prodotti fitosanitari nelle Aree Natura 2000, sulla
base della stima della sensibilità di habitat e specie animali e vegetali
tutelate dalle Direttive europee e sulla base di un modello concettuale che
tiene conto anche del destino ambientale delle singole sostanze attive.
Ciò ha consentito di analizzare le possibili risposte in funzione di pratiche agronomiche sostenibili, che consentano la riduzione dell’utilizzo di fitofarmaci nelle aree Natura 2000, in accordo con il Piano d’Azione Nazionale per la riduzione dei prodotti fitosanitari (PAN) per l’attuazione della Direttiva 2009/128/CE.
Disposizioni
particolari
L’opportuna
valutazione d’Incidenza:
È importante sottolineare, che la
Direttiva Habitat, Art. 6, paragrafo 3, prescrive:
«Qualsiasi piano o
progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che
possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente
ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione
dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione
del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul
sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il
loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che
esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo
parere dell’opinione pubblica.»
Tale prescrizione e il suo significato sono elucidati nel
documento della Commissione Europea: Gestione dei
siti Natura 2000. Guida all'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva
92/43/CEE (2019/C 33/01). In relazione all’uso sostenibile di PFS, ciò
significa per esempio che l’introduzione di colture che possono avere incidenze
significative sul sito – perché abbisognano di importanti trattamenti
fitosanitari, oppure di prelievi di acqua significativi, oppure perché incidono
sul habitat a causa del loro carattere monocolturale ecc. – che siano collocate
all’interno o all’esterno del sito stesso, deve essere sottoposta alla
valutazione dell’incidenza.
La legge regionale n.
7 (2018):
Un
altro strumento normativo rilevante è costituito dalla legge regionale del 22
ottobre 2018, n°7 “Disposizioni per la semplificazione e lo sviluppo
regionale”, nella quale sono state introdotte alcune integrazioni e modifiche
alla L.R. 06/10/1997, n°29 “Norme in materia di aree naturali protette regionali” (legge 29/97 integrazioni e modifiche, vedi articolo 5). In
particolare la legge introduce sanzioni per violazioni di norme all’interno dei
siti Natura 2000 (Zone di Protezione Speciale - ZPS, Siti di Interesse
Comunitario – SIC, ormai trasformati in Zone Speciali di Conservazione – ZSC),
in particolare:
- violazioni alle Misure di Conservazione;
- violazioni alle prescrizioni formulate dalla Regione Lazio in sede di
parere di incidenza in riferimento a specifici piani e/o progetti;
- contrasto con gli obiettivi specifici di tutela e di conservazione del
sito, così come definito dalle Misure di Conservazione.
La legge regionale n. 11 (2019):
Questa legge disciplina e
promuove i biodistretti, “al fine di diffondere la cultura del biologico
e i principi dell’agro-ecologia”.
I biodistretti si
distinguono dall’elevata qualità ambientale del territorio che consenta di
perseguire la tutela delle qualità intrinseche dei prodotti biologici, la
conservazione della biodiversità e la tutela del patrimonio naturalistico e
paesaggistico.
I comuni rappresentati nel
soggetto gestore del biodistretto pianificano tra l’altro interventi per
sviluppare l’agricoltura biologica, progetti per l’uso razionale ed
ecosostenibile delle materie prime ed interventi per regolamentare e ridurre l’uso
dei fitofarmaci e dei fertilizzanti di sintesi.
Anche dal punto di vista
normativo, il territorio – dei comuni, delle province, delle regioni,
dell’Italia e dell’Europa – non è uniforme: contiene aree dove la risorsa
fondamentale acqua è specificamente e in vario modo tutelata, contiene zone
dove le specie e la risorsa fondamentale biodiversità godono di speciale
interesse e protezione, consiste di aree naturali protette con norme stringenti
che le proteggono, è disseminato di comuni compresi nei biodistretti che hanno
deciso di prestare maggiore attenzione alla tutela della natura e della salute
della popolazione, e contiene anche zone dove l’ambiente è fortemente
compromesso e in bisogno di ripristino e cura.
L’attuazione
La normativa
circa l’uso sostenibile dei PFS rappresenta una parte della risposta della
Comunità Europea all’enorme compito davanti all’umanità: di affrontare il “Global Change” – il Grande Cambiamento Globale del sistema Terra – in un
modo che permetta la sopravvivenza della specie umana. Tale risposta deve
tenere conto, da una parte, delle evidenze scientifiche che si accumulano da
molti anni, circa il degrado della salute degli ecosistemi terrestri e dei
servizi da loro forniti all’umanità e della conseguente urgenza di cambiare
radicalmente i meccanismi fondamentali di tutti i settori della nostra vita, in
questo caso dell’impostazione dell’agricoltura comunitaria: pone quindi chiari
indirizzi e precisi target (sempre più stringenti) per il cambiamento
(riduzione/eliminazione dei PFS, aumento delle superfici in regime biologico e
integrato, miglioramento dello stato degli ecosistemi …).
Dall’altra
parte, tiene conto dell’inerzia degli attori – nella politica, nelle società,
nell’economia … - concedendo tempo al cambiamento e ricorrendo nel
frattempo a misure di mitigazione e compensazione.
L’individuazione
delle misure necessarie e la loro attuazione corretta però presentano
attualmente grandi problemi, più grandi di quanto previsto: molti degli attori
principali difendono con tutti i mezzi il loro “diritto” abituale di sfruttare
e distruggere gli ecosistemi [14].
L’illustrazione
di questo fatto è davanti a noi, in tutti i settori della vita. Se parliamo
della realizzazione del cambiamento nell’uso dei PFS nella Provincia di
Viterbo, questo è effettivamente bloccato da molti anni.
La
programmazione del cambiamento presuppone
- una conoscenza sufficiente tramite monitoraggi dello stato
attuale dei parametri ambientali che determinano lo stato degli ecosistemi e la
loro evoluzione,
- la conoscenza dell’impatto dei PFS sullo stato degli
ecosistemi e sulla salute degli esseri viventi,
- l'individuazione delle misure necessarie per attuare il
cambiamento e la loro programmazione,
- l’attuazione di queste misure,
- il controllo dell’efficacia delle misure.
Ad oggi,
nella Provincia di Viterbo e nel comprensorio del Lago di Bolsena, questo
percorso è disseminato di ostacoli.
Da una parte
perché i monitoraggi sono carenti e molti parametri ambientali essenziali non
sono disponibili, il che rende difficile (anche dal punto di vista normativo)
programmare e giustificare le misure urgenti e necessarie. Per esempio non è
disponibile un bilancio idrico aggiornato dell’acquifero del Lago di Bolsena, indispensabile
per programmare il suo uso sostenibile. Un altro esempio: l’erbicida ad ampio
spettro glifosato, che insieme al suo metabolita Ampa presenta il maggior
numero di superamenti (rapporto Ispra 2015/2016) nelle acque superficiali e
sotterranee italiane [15],
nel Lazio è monitorato nelle acque sotterranee solo in 12 punti (sui 3129
nazionali); nessuno di questi punti monitora l’acquifero del Lago.
Ancora a
proposito dei monitoraggi: il PTAR adottato nel 2018 si basa su dati ambientali
almeno in grande parte non aggiornati e superati. Per esempio, nel PTAR si
assume che lo stato del Lago di Bolsena sia “buono”, e che di conseguenza non
siano necessarie misure per fare fronte alle criticità, mentre secondo l’ARPA,
l’ente preposto ai monitoraggi, lo stato era “sufficiente” a partire dal 2015 [16].
Conseguenza: per le istituzioni, non ci sono criticità e non c’è bisogno di
intervenire e finanziare misure di salvaguardia.
Esistono
buone conoscenze sull’impatto dei PFS sull’ambiente e sulla salute, che sono
alla base dell’attuale normativa. Le misure necessarie sono in parte definite,
mancano però ricerche relative a misure alternative all’uso di PFS di sintesi.
Programmazione
e attuazione degli interventi necessari invece, risultano completamente
insufficienti. In particolare, le norme tecniche e le misure dell’agricoltura
integrata obbligatoria [17]
sono diffusamente disattese – l’obbligo alla segnalazione, il controllo dei
macchinari, le modalità di impiego e di stoccaggio ecc. - questo a causa
dell’assenza di un sistema di controllo valido. Ricordiamo inoltre che in
fondo, già il sistema “integrato” escluderebbe il diserbo chimico poiché sono
disponibili metodi adeguati alternativi [18].
Nel
comprensorio del Lago (e non solo), sono state completamente disattese le
misure obbligatorie per la tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici
superficiali e tutte le misure di mitigazione legate alla creazione di fasce
tampone e simili. Inoltre, nessuna delle misure per la protezione delle aree di
salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano
è stata attuata.
Gli obblighi
alla valutazione d’incidenza (VINCA) di piani e progetti che possono avere
un’incidenza su uno dei siti protetti nel comprensorio sono rimasti
completamente disattesi – in particolare, in nessun caso è stata presentata (e
neanche richiesta) la VINCA per l’impianto di noccioleti [19].
Disatteso
anche il monitoraggio dell’efficienza delle misure.
Complessivamente
in Italia, la situazione non è migliore. Per quanto riguarda la tutela dei siti
Natura 2000, l’ISPRA conclude nel suo rapporto 330/2020 “La sperimentazione
dell’efficacia delle Misure del Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile
dei prodotti fitosanitari (PAN) per la tutela della biodiversità” (pagina
40): “Quindi, alla luce del quadro complessivo descritto si evince che, a dicembre
2018, per la maggior parte dei Siti Natura 2000 nelle diverse Regioni/PPAA non
erano state definite delle misure che limitano l’uso dei prodotti fitosanitari
in modo adeguato e conforme con quanto previsto dal PAN e dalle relative Linee
guida, né misure di formazione/sensibilizzazione, né reali incentivi per
l’adozione di metodi di gestione che prevedano un utilizzo ridotto o nullo dei
prodotti fitosanitari, al fine della conservazione della biodiversità nelle
aree naturali protette e nei Siti Natura 2000.”
Specificamente
e per quanto riguarda l’impiego di PFS nei noccioleti del Lazio, l’ISPRA
conclude (p. 212): In conclusione nessuno dei prodotti maggiormente
utilizzati nei noccioleti convenzionali è compatibile con quanto previsto dalla
Misura 13, per i pericoli sopra descritti relativi agli habitat acquatici, alla
flora e alla fauna e pertanto non dovrebbero essere utilizzati nelle aree
protette [20].
Per quanto
riguarda la tutela degli impollinatori, sono disattese le misure proposte dall’ISPRA , e l’Italia non aderisce al
programma comunitario di monitoraggio degli impollinatori (Pollinators
Initiative).
Siamo
davanti, nella Provincia di Viterbo, nella Regione Lazio e in Italia, a un
quadro di inadempienza e inosservanza delle normative generalizzato. Un quadro
del quale tutte le istituzioni, fino al livello più alto, e tutte le
associazioni di categoria non possono non essere a conoscenza.
Le azioni
locali - linee guida provinciali, ordinanze sindacali
Linee guida
provinciali
La Provincia
di Viterbo ha emanato, a febbraio 2015, le “Linee Guida Provinciali per l’uso
sostenibile dei prodotti fitosanitari in agricoltura e per l’adozione di
regolamenti comunali o intercomunali”.
Due fattori
importanti hanno motivato la loro redazione:
Il primo -
la necessità di informare e di divulgare l’importante riforma in atto del
quadro normativo comunitario e nazionale prevista dalla Direttiva CE
2009/128/CE, dal D. Lgs., n. 150/2012, e attuata dall’adozione del PAN nel
2014.
Il secondo
motivo è stato “il grande allarme che recentemente si è venuto a creare nel
territorio provinciale, determinato dall’intensificarsi dei trattamenti sui
castagneti da frutto nel comprensorio dei Monti Cimini …”, e la volontà di
inquadrare “le ordinanze sindacali che alcuni Comuni hanno già adottato per
affrontare l’emergenza venutasi a creare sia in seguito alle proteste e al
malcontento espresso da parte della cittadinanza, sia per scongiurare inconvenienti
e danni alla salute pubblica e all’ambiente.”
Anche se la
Provincia non ha competenze normative in materia, la sua volontà di portare
rapidamente sul territorio la riforma circa l’uso sostenibile dei PFS sarebbe
stata importante e positiva, se solo l’avesse fatto in modo corretto e
completo, e se avesse sollecitamente attuato tutte le misure indispensabili:
come abbiamo visto qui sopra, non è stato così.
In
particolare, la Provincia ha omesso di includere nelle sue Linee Guida gli
indirizzi delle “Linee Guida di indirizzo per la tutela dell’ambiente
acquatico e dell’acqua potabile e per la riduzione dell’uso di prodotti
fitosanitari e dei relativi rischi nei Siti Natura 2000 e nelle aree naturali
protette” (menzionate qui sopra) definite a novembre 2014, le quali integrano
di PAN del 2014. L’omissione della tutela degli ecosistemi acquatici,
dell’acqua potabili e delle aree protette è inammissibile e priva le Linee
Guida Provinciali di ogni valore.
Nella
primavera 2021, la Provincia ha iniziato una discussione circa l’aggiornamento
delle sue linee guida, motivata dall’intento di inquadrare le ordinanze
comunali dirette contro la diffusione dei noccioleti nella Provincia. La discussione, annunciata come
dialogo sereno e condiviso con i vari portatori di interesse, è iniziata, a dire il vero, molto
male, sotto il segno della prepotenza della lobby del nocciolo: nell’invito all’audizione sono stati esclusi
associazioni, biodistretti e esperti senza legame di interesse con questa
lobby, la redazione dell’aggiornamento invece è stata affidata ad agronomi
allineati.
All’ultimo
momento solo è stato possibile includere nell’audizione (qui il riassunto degli interventi) alcuni rappresentanti dei biodistretti
e delle associazioni ambientaliste.
Il Comitato
Promotore del biodistretto del Lago di Bolsena e due delle associazioni
ambientaliste del Lago di Bolsena hanno sottomesso le loro osservazioni e hanno
chiesto audizioni per discuterne (qui i link alle osservazioni del CP, osservazioni di ALB, osservazioni di BLEU). Dopo le audizioni hanno trasmesso
le loro proposte di integrazione delle linee guida alla Provincia assieme a due
richieste di carattere generale – di affidare la redazione delle linee guida
non soltanto a dei tecnici agronomi, ma anche a esperti in materia di ecologia
e di salute umana [21],
e di rimandare la redazione a una data posteriore all’adozione del nuovo PAN.
Infatti, è
degna di nota l’urgenza con la quale la Provincia spinge all’adozione delle
nuove Linee Guida Provinciali in un momento in cui è imminente l’adozione del
nuovo PAN e delle nuove Linee Guida di indirizzo che dovranno integrarlo.
Definire le Linee Guida Provinciali in questo momento non ha senso, oppure ha
senso solo se si intende evitare, ancora una volta, di tutelare i nostri
ecosistemi acquatici e le aree protette. E ha senso anche se si vuole evitare di prendere atto della scomoda realtà che - dopo l'imminente riconoscimento del biodistretto del Lago di Bolsena - la maggioranza dei comuni della Provincia ha deciso di dare priorità alla salvaguardia dell'ambiente e della salute delle persone.
Le ordinanze
comunali
Le prime
ordinanze comunali contro l’uso indiscriminato di PFS nella Provincia di
Viterbo risalgono a dieci anni fa ed erano rivolti contro “la pioggia di veleni
nei castagneti dei Cimini”. Seguirono le ordinanze dei sindaci per arginare l’abuso di PFS e la
diffusione dei noccioleti – dapprima nei comuni dei monti Cimini
(rappresentativa l’ordinanza di Corchiano), poi attorno al Lago di Bolsena (vedi anche qui). L’ultima ordinanza di questo
genere è l’ordinanza di Nepi. E stata oggetto di un ricorso al TAR Lazio dalla parte di Assofrutti con la
richiesta di sospendere l’esecutività dell’ordinanza. Il TAR non ha ancora
emesso un giudizio di merito, ma ha il 21 luglio respinto la richiesta cautelare. Fatto singolare: in favore di
Assofrutti si è schierato, ufficialmente con una memoria di costituzione, il Ministero della Transizione
Ecologica, acriticamente e senza tenere minimamente conto del contesto di
inosservanza della normativa ambientale illustrato qui sopra.
Vogliamo qui
in breve, senza entrare nei dettagli giuridici della questione, elencare i
principali punti, oggetto di contestazione, dell’ordinanza di Nepi. L’ordinanza
vieta:
1. L’utilizzo e/o lo spandimento all’interno del territorio
comunale di diserbanti/fitosanitari/pesticidi e/o concimi e fertilizzanti chimici
nel raggio di 200 metri rispetto al punto di captazione o di derivazione di
acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano,
2. L’utilizzo su tutto il territorio comunale dei prodotti
fitosanitari contenenti la sostanza attiva “GLIFOSATE”, in tutte le sue forme e
dosaggi;
3. L’utilizzo su tutto il territorio comunale dei prodotti
neonicotinoidi contenenti i seguenti principi attivi in tutte le sue forme e
dosaggi anche in miscele quali “IMIDACLOPRID, CLOTHIANIDIN, TIAMETHOXAM,
ACETAMIPRID, THIACLOPRID”, in quanto causa accertata della moria di api e
impollinatori vari, come anche di piccoli uccelli, farfalle, invertebrati e di
molteplici altre forme viventi facenti parte attiva della biodiversità;
4. L’utilizzo dei prodotti fitosanitari nelle aree interne
dei centri urbani e delle Forre e delle zone “ACQUA ETRURIA” e “TERME DEI
GRACCHI” ad eccezione dei trattamenti per agricoltura biologica.
Il primo
punto riprende alla lettera una delle disposizioni della Direttiva Quadro
Acque.
Il secondo
punto, il divieto totale del glifosato, trova la sua giustificazione nell’importanza
della tutela delle acque e degli ecosistemi terrestri. Il glifosato uccide
indiscriminatamente (“serial killer”) migliaia di specie vegetali e di batteri
nel suolo e nelle acque. Per quanto riguarda gli ecosistemi acquatici, già nel
1998 Leone [22]
rilevava, riguardo al Lago di Vico, che “… è assolutamente incompatibile l’uso
del glyphosate”, a causa della sua altissima solubilità nell’acqua e la sua
persistenza nel suolo. Notiamo anche che già Leone lega senza mezze parole il
degrado dello stato del Lago di Vico alle pratiche agricole nel suo
comprensorio [23].
Secondo la nota informativa dell’ISPRA (Effetti del Glifosate sulla qualità ambientale e gli organismi viventi), a proposito del glifosato e del suo metabolita AMPA: “Trattandosi di sostanza pericolosa per l’ambiente acquatico, è necessario evitarne per quanto possibile l’uso in ambiti (compresi margini stradali o ferroviari) interessati da corridoi ecologici (ad es. aree ripariali, bordi dei coltivi e fossi, ecc.) o da corpi idrici e in presenza di habitat agricoli caratterizzati da colture non intensive (agricoltura biologica, biodinamica ed aree agricole ad alto valore naturalistico). Ne va invece assolutamente proibito l’uso all’interno di aree naturali protette (Rete Natura 2000, Parchi e Riserve nazionali e regionali, Zone Ramsar, ecc.), dove dovrebbe essere sempre scoraggiato l’uso degli erbicidi per il controllo della vegetazione, in quanto hanno effetti diretti sulla biodiversità e sulla qualità dell’ambiente“ [24]. Comunque, l'obiettivo dovrebbe essere di eliminare gli erbicidi dappertutto.
A proposito
del terzo punto, il divieto dei principali prodotti neonicotinoidi si
riferisce alla protezione degli insetti impollinatori e in particolare delle
api come specificato nel Regolamento PPP (Plant Protection Products Regulation [25]),
Art. 3.8.3, cioè che l’uso di un certo prodotto è da approvare solo se …:
“- comporta un’esposizione trascurabile per le api, o
- non ha alcun effetto inaccettabile acuto o cronico per la
sopravvivenza e lo sviluppo della colonia, tenendo conto degli effetti sulle
larve di api e sul comportamento delle api”.
In effetti, il
regolamento limita solo l’uso di questi prodotti all’aperto, e non in
spazi chiusi (p. es. serre). L’UE ha già ritirato l’approvazione di 4 di questi
prodotti [26], e ha deciso
che il quinto prodotto, l’acetamiprid, “dovrebbe essere considerato candidato
alla sostituzione” [27].
Il quarto
punto ancora si riferisce alle disposizioni della Direttiva Quadro sulle Acque
e della Direttiva 2009/128/CE.
Tutto
sommato, è difficile comprendere la feroce contestazione da parte di Assofrutti
e soprattutto del Ministero della Transizione Ecologica di questi punti
completamente in linea con lo spirito della normativa ambientale comunitaria (e
di una vera transizione ecologica), con le raccomandazioni degli esperti
ministeriali che hanno redatto le linee guida d’indirizzo del 2014 e con i
pareri dell’ISPRA.
[1] Direttiva 2009/128/CE, Art 3: Cosa
sono i prodotti fitosanitari
"Si definiscono prodotti fitosanitari i preparati
contenenti una o più sostanze attive, destinate a proteggere i vegetali o i
prodotti vegetali da tutti gli organismi nocivi o a prevenirne gli effetti; influire sui processi vitali dei vegetali,
senza peraltro fungere da fertilizzanti;
conservare i prodotti vegetali, sempre ché se tali sostanze o prodotti
non siano disciplinati da disposizioni speciali in materia di conservanti;
eliminare o controllare l’accrescimento delle piante indesiderate o infestanti."
[2] “Attuazione delle direttiva
2009/128/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini
dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi”
[3] È importante ricordare, che non è
corretto il punto di vista che il fatto che un certo prodotto fitosanitario ha
ricevuto l’autorizzazione relativa all’immissione sul mercato e che quindi
soddisfa le norme relative all'autorizzazione della vendita, dell'utilizzo e
del controllo nell'UE, significa che il prodotto con ciò ha dimostrato, “con
evidenze e studi scientifici, di non possedere effetti nocivi sulla salute
umana, compresi i gruppi più vulnerabili, né effetti inaccettabili
sull'ambiente.” Significa soltanto che potenzialmente potrebbe non possedere
tali effetti nocivi, se tutte le disposizioni precauzionali fossero
soddisfatte. Inoltre, l’autorizzazione all’immissione (oppure la decisione di
non ritirare l’autorizzazione) è in realtà il risultato di un compromesso
politico-economico tra gli interessi dell’agroindustria e le evidenze
scientifiche (su livello europeo della concertazione tra i pareri della
Commissione Europea e del Parlamento). Emblematico il caso del glifosato al
quale non viene ritirata l’autorizzazione malgrado le chiare evidenze
scientifiche sulla sua pericolosità per l’ambiente.
[4]
Che
viene dettagliato nell’articolo del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea (TFUE). Specifica l’Art. 2 del d.lgs. n. 150/2012: “Le disposizioni del
presente decreto si applicano tenendo conto del principio di precauzione,
quando è necessario un intervento di limitazione o di divieto di utilizzo di
prodotti fitosanitari in circostanze o aree specifiche, a fronte di un
potenziale pericolo per la salute umana, animale e per l’ambiente.”
[5] In linea con i contenuti della
direttiva 2009/128/CE e del d.lgs. n. 150/2012, il Piano si propone di
raggiungere i seguenti obiettivi generali, al fine di ridurre i rischi
associati all’impiego dei prodotti fitosanitari:
a. ridurre i rischi e gli impatti dei prodotti
fitosanitari sulla salute umana, sull'ambiente e sulla biodiversità;
b. promuovere l'applicazione dei principi della difesa
integrata e di approcci o tecniche alternativi all’uso dei prodotti
fitosanitari;
c. promuovere e incentivare la produzione integrata,
certificata ai sensi della legge n. 4 del 3 febbraio 2011, e l’agricoltura
biologica;
d. proteggere gli utilizzatori dei prodotti
fitosanitari e la popolazione interessata;
e. tutelare i consumatori;
f. salvaguardare l'ambiente acquatico e le acque
potabili;
g. conservare la biodiversità e tutelare gli
ecosistemi.
I principali obiettivi quantitativi del Piano,
da raggiungere entro la sua data di scadenza, (quinto anno dall’entrata in
vigore), sono:
1) aumento del 30% della superficie agricola condotta
con il metodo della produzione integrata, certificata ai sensi della legge n. 4
del 3 febbraio 2011, con riferimento all’anno 2017;
2) aumento del 60% della superficie agricola condotta
con il metodo dell’agricoltura biologica, con riferimento all’anno 2017;
3) aumento dell’80% della superficie agricola condotta
con il metodo dell’agricoltura biologica nelle aree naturali protette e nei
Siti Natura 2000, con riferimento all’anno 2017;
4) riduzione del 20% delle quantità di sostanze attive
di prodotti fitosanitari candidate alla sostituzione immesse in commercio, con
riferimento alla media del triennio 2016 - 2018;
5) riduzione del 10% delle quantità di sostanze attive
di prodotti fitosanitari prioritarie e pericolose prioritarie immesse in
commercio, di cui alla tabella 1/A del d.lgs. 13 ottobre 2015, n 172, con
riferimento alla media del triennio 2016 - 2018;
6) percentuale non superiore all’1% dei campioni di
alimenti di origine vegetale con presenza di residui di sostanze attive di
prodotti fitosanitari non conformi ai requisiti del regolamento (CE) n.
396/2005;
7) percentuale pari al 25% degli utilizzatori
professionali dei prodotti fitosanitari che operano nei siti della Rete Natura
2000 e nelle aree naturali protette, ai quali è erogata una formazione
specifica sui temi riguardanti le peculiarità di tali aree e la necessità di
tutela della biodiversità.
8) percentuale inferiore allo 0,5% di campioni che
presentano sostanze attive prioritarie e pericolose prioritarie in
concentrazioni superiori allo 0,1 microgrammi/l nelle acque superficiali, fatto
salvo il rispetto degli obblighi previsti dalla normativa sulla tutela della
qualità delle acque.
9) percentuale inferiore allo 0,5% di campioni che
presentano sostanze attive candidate alla sostituzione in concentrazioni
superiori allo 0,1 microgrammi/l nelle acque superficiali.
[6] COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL
PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL
COMITATO DELLE REGIONI . Piano
per la salvaguardia delle risorse idriche europee, 14/11/2012.
[7] in particolare le Misure 10.
Limitazione/Sostituzione/Eliminazione dei prodotti fitosanitari per il
raggiungimento del “Buono” stato ecologico e chimico delle acque superficiali e
13. Sostituzione/limitazione/ eliminazione dei prodotti fitosanitari per
la tutela delle specie e habitat ai fini del raggiungimento degli obiettivi di
conservazione ai sensi delle direttive habitat 92/43/CEE e uccelli 2009/147/CE
e per la tutela delle specie endemiche o ad habitat 92/43/CEE e uccelli
2009/147/CE e per la tutela delle specie endemiche o ad elevato rischio di
estinzione, degli apoidei e degli altri impollinatori elevato rischio di
estinzione, degli apoidei e degli altri impollinatori e relative misure
accompagnamento.
[8] Il
PTAR del Lazio in vigore è stato adottato nel 2018. Purtroppo è carente per
il fatto che si basa su dati ambientali non aggiornati a dovere. Un esempio: lo
stato del Lago di Bolsena è considerato “buono” mentre dal 2015 era solo
“sufficiente”. Con ciò il PTAR non prevede misure per il suo ripristino (vedi
qui, pag. 26).
[9]
Linee
Guida PAN pag. 4: “Nella scelta delle misure si dovrebbe seguire un
criterio di gradualità del livello di intervento, commisurato alle criticità
riscontrate, rispetto al rischio per la salute umana e per l’ambiente.
L’adozione di misure di
limitazione, sostituzione o eliminazione dovrebbe essere presa in
considerazione qualora le criticità evidenziate dalle analisi territoriali e
ambientali o dalla valutazione del rischio per i target sensibili (salute
umana, corpi idrici, specie e habitat tutelati, ecc.) siano tali da non
consentirne la risoluzione mediante l’adozione di misure di mitigazione di
diversa natura. Qualora le informazioni a disposizione non siano sufficienti,
preliminarmente all’adozione di tali misure, è da considerarsi opportuno il
ricorso ad analisi e valutazioni più approfondite, quali gli studi di
vulnerabilità delle acque sotterranee o l’attivazione di specifici monitoraggi,
tesi a valutare gli impatti o i rischi di impatto su determinati target.
Per specifici ambiti territoriali, e nel caso in cui
le esigenze di tutela siano particolarmente elevate, può essere presa in
considerazione la possibilità di applicare misure di limitazione, sostituzione
o eliminazione di prodotti fitosanitari, anche qualora non si disponga dei
risultati del monitoraggio ambientale, sulla base di oggettive e comprovate
informazioni relative all’uso dei prodotti fitosanitari, o dei controlli di
potabilità eseguiti ai sensi della normativa vigente.”
[10] Linee
Guida PAN pag. 5: “In tutti i casi in cui la tipologia di intervento è
prevista nell’ambito dei Piani di Gestione/Misure di conservazione dei Siti
Natura 2000 o dei Piani di Gestione dei Distretti idrografici, o perché
connessa alle misure obbligatorie in quanto legata all’implementazione delle
direttive 92/43/CEE, 147/2009/CE, 2000/60/CE, o perché prevista come misura
supplementare ma coatta, (lo decide l’Autorità competente sulla base
dell’analisi economica e delle criticità del territorio e delle esigenze di
tutela della biodiversità e delle risorse idriche), lo strumento finanziario è
l’articolo 30, dove si prevede l’erogazione, rispettivamente, delle cosiddette
Indennità Natura 2000 o delle Indennità di Bacino, a compensazione di costi o
mancati redditi connessi all’attuazione delle suddette direttive. Tali impegni,
infatti, in quanto previsti come Misure di conservazione/Piani di Gestione dei
Siti Natura 2000 o dei Piani di Gestione dei Distretti idrografici, si
configureranno come obbligatori (requirements), pur dovendo essere, più elevati
della cosiddetta baseline che, nel caso delle Indennità Natura 2000, è
costituita, fra l’altro, dalle Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali
(BCAA), mentre nel caso delle Indennità di bacino è costituita, fra l’altro,
dagli Atti e dalle BCAA della Condizionalità.”
[11]
(Il testo che segue fa parte
della richiesta di integrazione dell’aggiornamento delle Linee Guida Provinciali
trasmessa alla Provincia dal CP del biodistretto Lago di Bolsena e da due
associazioni ambientaliste del Lago di Bolsena)
I requisiti minimi richiesti dall’art.
94 sono:
La zona di tutela assoluta è
costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni e
deve:
·
avere
un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione
·
essere
adeguatamente protetta
·
essere adibita
esclusivamente a opere di captazione e infrastrutture di servizio.
La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio
circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni
d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica
captata; può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto
allargata, in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla
situazione locale di vulnerabilità e rischio per la risorsa.
In particolare, nella zona di rispetto sono vietati tra altro:
·
la dispersione di
fanghi e acque reflue, anche se depurati;
·
l’accumulo di
concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
·
lo spandimento di
concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali
sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di
utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture
compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle
risorse idriche;
·
…
·
l’apertura di
pozzi, ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano;
·
…
·
lo stoccaggio di
sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
·
…
·
il pascolo e la
stabulazione di bestiame.
Per gli insediamenti o le attività preesistenti, ad
eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro
allontanamento e, in ogni caso, deve essere garantita la loro messa in
sicurezza.
Nelle zone di rispetto sono disciplinate queste
strutture e attività:
·
fognature;
·
edilizia
residenziale e opere di urbanizzazione;
·
opere viarie,
ferroviarie e infrastrutture di servizio;
·
pratiche agronomiche
e contenuti dei piani di utilizzazione.
In caso d’inerzia da parte delle regioni circa
l’individuazione della zona di rispetto, la medesima conserva un'estensione di 200
metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.
Le zone di protezione devono essere
delimitate dalle regioni e delle province autonome per assicurare la protezione
del patrimonio idrico. Possono essere adottate misure relative alla
destinazione del territorio interessato, alle limitazioni e prescrizioni per gli
insediamenti civili, produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da
inserirsi negli strumenti urbanistici territoriali.
Ai fini della protezione delle acque sotterranee, le
regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all'interno delle
zone di protezione, le aree:
·
di ricarica della
falda;
·
emergenze
naturali e artificiali della falda;
·
zone di riserva.
La zona di protezione dell’acquifero
del Lago di Bolsena corrisponde all’estensione dell’insieme dei suoi bacini
imbrifero e idrogeologico che definiscono l’area di ricarica delle falde.
Occorre tenere conto anche della particolare vulnerabilità di questo acquifero,
che è falda freatica insediata nel sottosuolo di aree in grande parte ad uso
agricolo, e quindi particolarmente esposta alle sostanze nocive e tossiche
disciolte nelle acque di percolazione.
All’interno della zona suddetta sono
da vietare prodotti fitosanitari persistenti nell’acqua e nocivi e/o tossici
per ambienti acquatici elencate nella tabella 1.
[12]
(Il testo che segue fa parte
della richiesta di integrazione dell’aggiornamento delle Linee Guida Provinciali
trasmessa alla Provincia dal CP del biodistretto Lago di Bolsena e da due
associazioni ambientaliste del Lago di Bolsena)
Ai sensi dell’Art. 36 (Misure di tutela delle aree di
pertinenza dei corpi idrici) del PTAR, sono obbligatorie misure per la tutela
delle aree di pertinenza dei corpi idrici superficiali interni, finalizzate a
incrementare la capacità autodepurativa dei corpi idrici superficiali,
garantire le funzioni di filtro per i solidi sospesi e per gli inquinanti di
origine diffusa, stabilizzare le sponde e favorire la conservazione della
biodiversità, nonché le connessioni ecologiche tra ecosistemi acquatici e
ripariali.
Art. 36, comma 3 prevede: L'area di pertinenza, fatte
salve misure più cautelative contenute in altri atti di pianificazione
regionale, comunale e di bacino, ai sensi dell'articolo 115 del d.lgs.
152/2006, è costituita da una fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi,
torrenti, laghi, stagni, lagune e altre acque demaniali. All'interno di detta
area viene istituita una fascia tampone lungo tutti i corsi d’acqua o corpi
idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origina
diffusa, per la stabilizzazione delle sponde e di conservazione della
biodiversità. La fascia tampone assicura il mantenimento o il ripristino della
vegetazione spontanea e interessa ambedue le sponde a partire dal ciglio di
sponda o dal piede esterno dell’argine. In particolare, la fascia tampone è
presente lungo tutti i corsi d’acqua o corpi idrici che attraversano terreni
adibiti ad uso agricolo, coltivati con larghezza congrua ad assicurare le
funzioni di filtro delle attività agricole.
[13]
(Il testo che segue fa parte
della richiesta di integrazione dell’aggiornamento delle Linee Guida Provinciali
trasmessa alla Provincia dal CP del biodistretto Lago di Bolsena e da due
associazioni ambientaliste del Lago di Bolsena)
I
Ministeri dell'ambiente, delle politiche agricole e della salute, nel novembre
2014 hanno predisposto ed emanato le linee guida, per la scelta delle misure
specifiche da inserire nei piani di gestione e nelle misure di conservazione
dei Siti natura 2000 e delle aree naturali protette, tenendo conto delle caratteristiche
di pericolo e di rischio delle sostanze attive e dei prodotti fitosanitari,
nonché delle attività agricole ivi presenti, in funzione almeno dei seguenti
target da salvaguardare:
·
habitat e specie di interesse comunitario legate agli ecosistemi
acquatici;
·
habitat e specie di interesse comunitario legate agli ecosistemi
terrestri;
·
habitat in cui vi è la necessità di tutelare le api e gli altri
impollinatori, come ad esempio gli imenotteri selvatici e i lepidotteri.
Le misure
di riduzione dell'uso dei prodotti fitosanitari e/o dei rischi sono definite,
sulla base delle linee guida di cui sopra, entro 2 anni dall'entrata in vigore
del Piano, dalla regione competente, in accordo con l'Ente gestore, laddove
esistente, in base alle specifiche caratteristiche del sito da tutelare.
Ciascuna misura, ivi comprese eventuali misure di riduzione e/o divieto di
prodotti fitosanitari, deve essere integrata nel Piano di gestione del sito (o
altro piano equivalente) o con le misure di conservazione, sulla base delle
specifiche esigenze in funzione delle specie e/o degli habitat da tutelare e
degli esiti delle attività di monitoraggio ambientale. A tale riguardo
costituiscono riferimenti importanti la DGR 612/2011 “Rete Europea Natura 2000: misure di conservazione da applicarsi nelle
Zone di protezione Speciale (ZPS) e nelle Zone Speciali di Conservazione (ZSC).
Sostituzione integrale della Deliberazione della Giunta Regionale 16 maggio
2008, n. 363, come modificata dalla Deliberazione della Giunta regionale 7 dicembre
2008, n.928” e la DGR 162/2016 “Adozione
delle Misure di Conservazione finalizzate alla designazione delle Zone Speciali
di Conservazione (ZSC), ai sensi della Direttiva 92/43/CEE (Habitat) e del DPR
357/97 e s.m.i. – codice IT60100 (Viterbo)”.
Con riferimento
alle specie endemiche o ad elevato rischio di estinzione, le regioni e le
province autonome e gli enti gestori delle aree naturali protette possono
definire ulteriori misure per la riduzione e/o il divieto d'uso di prodotti
fitosanitari, sulla base delle linee guida di cui sopra.
Le misure
di cui sopra si integrano con gli strumenti ed i dispositivi della PAC, come
previsto al comma 3 dell'art. 2 del decreto legislativo n. 150/2012.
L’ISPRA
nel 2015 con la pubblicazione del Rapporto tecnico denominato “Valutazione del rischio potenziale dei
prodotti fitosanitari nelle Aree Natura 2000. Rapporti, 216/2015”. ha messo a
disposizione della Regione e degli enti gestori delle aree naturali protette,
le prime informazioni più rilevanti sulla tossicità, l'ecotossicità, il destino
ambientale e gli aspetti fitosanitari relativi ai prodotti fitosanitari in
commercio in riferimento agli habitat ed alle specie animali e vegetali
tutelate dalle Direttive comunitarie “Habitat” ed “Uccelli”.
Gli enti
interessati garantiscono la formazione delle competenze tecniche necessarie per
operare le scelte relative alle prescrizioni e limitazioni da adottare in modo
mirato, tenendo conto dei target da salvaguardare e delle specifiche
caratteristiche di pericolosità dei prodotti fitosanitari.
Facendo
riferimento al Rapporto tecnico sopra indicato, si evince che, i siti Natura
2000 interclusi nel perimetro del proposto Biodistretto del Lago di Bolsena,
ospitano habitat e specie animali e vegetali risultate “mediamente” ed “altamente
sensibili” ai prodotti fitosanitari utilizzati nelle attività agricole, secondo
quanto indicato nell’ultima colonna della tabella di seguito riportata (ISPRA,
2015).
SITI NATURA 2000 INCLUSI (PARZIALMENTE O TOTALMENTE) NELL’AREA
DEL BIODISTRETTO |
||||
Nome del sito |
Codice |
Comuni |
Estensione in ha |
Potenziale pericolo derivante dall’uso
dei prodotti fitosanitari. Indice Pe.Nat |
ZSC Lago di
Bolsena |
IT6010007 |
Capodimonte,
Marta, Gradoli, Grotte di Castro, S. Lorenzo Nuovo, Bolsena, Montefiascone |
11.475,3 |
Medio |
ZSC Isole
Bisentina e Martana |
IT6010041 |
Capodimonte,
Marta |
26,1 |
Medio |
ZSC Fiume
Marta - alto corso |
IT6010020 |
Tuscania,
Monte Romano, Capodimonte, Marta. Estensione |
704,0 |
Medio |
ZSC-ZPS Monti
Vulsini |
IT6010008 |
Bolsena, Montefiascone,
Bagnoregio |
2.389,3 |
Alto |
ZSC-ZPS
Caldera di Latera |
IT6010011 |
Valentano,
Latera |
1.218,0 |
Alto |
Tabella
1. Siti Natura 2000 inclusi (totalmente o parzialmente) nell’area del Biodistretto (bacino
idrogeologico e idrografico) e nell’area vasta del Biodistretto (Comuni
aderenti). Nell’ultima colonna è
riportato il giudizio relativo alla valutazione del potenziale pericolo di
esposizione a prodotti
fitosanitari delle specie tutelate nelle aree Natura 2000, secondo l’ indice
Pe.Nat. 2000, ( PEsticidi NATura 2000), in grado di correlare le aree interessate al potenziale pericolo derivante dall’uso
dei prodotti fitosanitari. Fonte: ISPRA, 2015. |
Nei siti Natura 2000 sopra indicati
sono presenti le seguenti specie animali appartenenti alla Direttiva Habitat e
Direttiva Uccelli, risultate molto sensibili ai fitofarmaci (Ispra, 2015):
Tritone
crestato (Triturus carnifex),
Salamandrina
dagli occhiali (Salamandrina terdigitata)
Barbo
tiberino (Barbus tyberinus),
Tarabusino (Ixobrichus minutus)
Garzetta (Egretta garzetta)
Nitticora (Nycticorax
nycticorax)
Moretta tabaccata (Aythya
nyroca)
Falco pellegrino (Falco
peregrinus)
Averla piccola (Lanius collurio)
Nei siti Natura 2000 sopra
indicati sono presenti i seguenti habitat vegetali appartenenti alla Direttiva
Habitat, risultati molto sensibili ai fitofarmaci (Ispra, 2015):
“3150 “Laghi eutrofici naturali
con vegetazione del Magnapotamion e del Hydrocharition”,
“92A0 Foreste a galleria di
Salix alba e Populus alba”,
“3280 Fiumi mediterranei a flusso permanente
con il Paspalo-Agrostidion e con filari ripari di Salix e Populus alba”
Facendo riferimento ai dati
sopraindicati, che delineano l’elevata sensibilità ambientale ai fitofarmaci
degli habitat e delle specie di interesse unionale presenti nei siti Natura
2000 inclusi nel territorio del Biodistretto del Lago di Bolsena, al suo
interno vigono le seguenti misure di conservazione
Misure di conservazione regolamentari
-
Divieto
di utilizzo di prodotti fitosanitari che presentano la frase di rischio N
(pericolo per l’ambiente), e le frasi di pericolo per l’ambiente SPe3 e SPe4
-
Obbligo
di mantenimento di fasce tampone di almeno 10 m da corpi idrici (lago, corsi
d’acqua naturali, canali di irrigazione)
Misure di incentivazione
-
Realizzazione
di fasce tampone con specie autoctone o con la vegetazione naturale di almeno 5
metri
-
Inerbimento
permanente delle colture perenni (frutteti, vigneti, oliveti)
-
Attuazione
della lavorazione del suolo secondo le linee di livello su suoli agricoli da 1
a 13% di pendenza
-
Accordi
agroambientali per il sostegno alla conversione delle aziende convenzionali ad
aziende biologiche, formazione, marketing territoriale per promozione dei
prodotti
Misure di sensibilizzazione e
informazione
-
Formazione degli agricoltori sugli effetti dei
prodotti fitosanitari sulle specie e gli habitat tutelati nei Siti Natura 2000,
sui servizi ecosistemici da essi forniti in particolare su quello
dell’impollinazione e del ciclo dell’acqua
-
Sensibilizzazione delle comunità locali e dei
visitatori all’acquisto dei prodotti locali
-
Sensibilizzazione delle strutture recettive e dei
punti vendita alimentari e della grande distribuzione sulla vendita delle
produzioni locali
[14] Poiché ai benefici che ci forniscono
gli ecosistemi non sono assegnati valori monetari e non sono oggetto di scambi
sui mercati, alla loro tutela e al loro sviluppo non viene data la dovuta
attenzione dai dominanti sistemi economici e politici del mondo – “Nature has
no Lobby”.
[15] Nelle acque superficiali il glifosato
risulta superiore agli standard di qualità previsti dalla norma nel 24,5% dei
siti monitorati e del suo metabolita Ampa nel 47,8%, e nelle acque sotterranee
la sua presenza supera gli standard qualitativi nel 8,3% dei punti di
monitoraggio.
[16] Con un trend negativo confermato
recentemente (vedi
qui).
[17] Dettagliate nell’Allegato III del
d.lgs. n. 150/2012.
[18] Decreto n. 150, Allegato III, comma 4:
Ai metodi chimici devono essere preferiti metodi biologici sostenibili, mezzi
fisici e altri metodi non chimici se consentono un adeguato controllo degli
organismi nocivi
[19] Obbligatoria pertanto secondo
comunicazioni ufficiali dell’ufficio regionale preposto.
[20] Misura 10: Limitazione/Sostituzione/Eliminazione di prodotti fitosanitari per il raggiungimento del "Buono" stato ecologico e chimico delle acque superficiali.
Misura 13.
Sostituzione/limitazione/eliminazione dei prodotti fitosanitari per la tutela
delle specie e habitat ai fini del raggiungimento degli obiettivi di
conservazione ai sensi delle direttive habitat 92/43/CEE e uccelli 2009/147/CE
e per la tutela delle specie endemiche o ad habitat 92/43/CEE e uccelli
2009/147/CE e per la tutela delle specie endemiche o ad elevato rischio di
estinzione, degli apoidei e degli altri impollinatori elevato rischio di
estinzione, degli apoidei e degli altri impollinatori e relative misure
accompagnamento.
[21] Seguendo l’esempio della composizione
del consiglio tecnico-scientifico sull’uso sostenibile dei prodotti
fitosanitari (Art. 5 del Decreto n. 150).
[22] A. Leone: Assetto territoriale del bacino
del Lago di Vico e tutela del corpo idrico. Assessorato Ambiente della
Provincia di Viterbo, UNITUS (1998).
[23] Vedi qui: L’evoluzione
dello stato trofico del Lago di Vico.
[24] La scheda dell’ISPRA:
Glifosate
(organofosforici, HB) |
Persistente in acqua (ARPAT,
2017). Il metabolita AMPA può permanere più di 100 giorni nei sedimenti
acquatici (TD50=132 giorni). |
Tossico per gli anfibi anuri (ISPRA
2015, tab. 46). Altamente tossico per diatomee e cianobatteri (Åkerblom,
2004). Tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata
(Classification Reg. 1272/2008). |
È tra le sostanze maggiormente
rinvenute nelle acque superficiali italiane (ISPRA, 2016, 2018a). Il
metabolita AMPA è tra le sostanze più diffuse nelle acque italiane (dove
misurato) ed è quello con il maggior numero di superamento degli standard di
qualità ambientale (ISPRA, 2016, 2018a). In Italia nel 2014 il 52.2 % dei punti
di monitoraggio (Lombardia e Toscana) aveva valori al di sopra degli SQA
(ISPRA, 2016). È stato rinvenuto in tutti i principali corpi idrici |
[25] Regolamento
(EC) No 1107/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 Ottobre 2009
(testo consolidato e ammendato del 21 marzo 2021)
[26] Per quanto riguarda le sostanze
clothianidin, thiamethoxam e imidacloprid, la loro approvazione è scaduta
rispettivamente il 31 gennaio 2019, il 30 aprile 2019 e il 1° dicembre 2020.
L’approvazione del thiacloprid è stata ritirata il 3 febbraio 2020.
[27] REGOLAMENTO
DI ESECUZIONE (UE) 2018/ 1129 (dopo una prima approvazione
con necessità di approfondimento).
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